Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-02-2011) 21-06-2011, n. 24857

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Torino confermava la sentenza del 25 settembre 2006, che aveva dichiarato A.G. colpevole del reato di cui agli artt. 582 e 585 cpv. c.p. per avere cagionato a C.V., sua convivente, colpendola con calci pugni nonchè con un cacciavite, lesioni personali consistite in "escoriazioni a livello del lobo articolare sx, tumefazione, piramide nasale, ferita l.c. alla coscia sx e tumefazione mono sx", giudicate guaribili in gg, 8 s.c.. Con l’aggravante d’aver agito con uso di cacciavite; e, per l’effetto, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.

Avverso la pronuncia anzidetta il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione parte ricorrente deduce mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. e), sul rilievo che le risultanze di causa non erano idonee a sostenere la penale responsabilità dell’ A. in ordine alle lesioni denunciate dalla persona offesa, con la quale aveva avuto un animato diverbio, senza però alcuna intenzione di ferirla. Contesta, inoltre, l’aggravante dell’uso di arma impropria, considerato che il cacciavite era legittimamente usato dallo stesso imputato per effettuare riparazioni nel bagno di casa.

2. – La censura è inammissibile sotto un duplice profilo, in ragione di manifesta infondatezza e di prospettazione di improponibili profili di merito.

Non è affatto vero, in primo luogo, che il provvedimento impugnato sia privo di idonea motivazione, avendo, anzi, adeguatamente e compiutamente spiegato i motivi del ribadito giudizio di colpevolezza dell’imputato in esito a diligente rivisitazione del compendio probatorio in atti. Del tutto logica, poi, è la ricostruzione della dinamica dei fatti, che ha ragionevolmente escluso qualsivoglia possibilità di ipotizzare una mera casualità delle lesioni riportate dalla persona offesa.

Giuridicamente ineccepibile risulta, inoltre, la riconosciuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 585 c.p., stante l’incontrovertibile natura di arma impropria del cacciavite per la possibilità che di esso si faccia uso per offendere la persona, indipendentemente dal fatto che, come nel caso di specie, di tale attrezzo di lavoro l’agente possa anche aver fatto uso secondo la sua naturale destinazione (cfr. Cass. sez. 5, 24.1.2008, n. 32966, rv.

241168; id. sez. 5, 5.10.2000, n. 11872, rv 218572, secondo cui sono da ritenere armi, sia pure improprie, della L. n. 110 del 1975, ex art. 4 gli strumenti, ancorchè non da punta o da taglio, che, in particolari circostanze di tempo e di luogo, possono essere usati per l’offesa alla persona).

3. – Alla declaratoria d’inammissibilità conseguono le statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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