Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-02-2011) 21-06-2011, n. 24780 Sentenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 6 maggio 2010 il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da M.A. avverso il provvedimento del 5 marzo 2010, con il quale il Magistrato di sorveglianza di Roma aveva accolto l’istanza di liberazione anticipata avanzata per il periodo 26 maggio 2009/26 novembre 2009 e l’aveva rigettata con riferimento al periodo di presofferto 14 maggio 1997/21 luglio 1999.

Il Tribunale motivava la decisione rilevando che:

– il periodo di presofferto era stato correttamente calcolato con decorrenza dal 14 maggio 1997 e non dal 3 aprile 1997, come dedotto, avuto riguardo alle risultanze della posizione giuridica relativa al reclamante e del provvedimento di cumulo della Procura Generale della Corte d’appello di Napoli del 17 marzo 2009;

– il forte legame che, ancora nel (OMISSIS), univa il reclamante con G.A. era evidenziato dalla circostanza che nel corso dell’udienza del 30 novembre 1998, nell’ambito del procedimento a carico di G.A. e altri quattordici imputati, il M., appartenente al clan del G. e con questo arrestato, si era addossata la responsabilità del medesimo;

– tale condotta evidenziava che, nonostante l’apparente condotta regolare, il condannato aveva aderito solo formalmente all’opera di rieducazione senza sostanziale ravvedimento.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione M. A., che ne chiede l’annullamento sulla base di due motivi.

2.1. Con il primo il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione all’art. 54 Ord. Pen. e vizio di motivazione, deducendo, in particolare, di avere tenuto in carcere una condotta sempre regolare, senza episodi dimostrativi di un suo comportamento mafioso, e di non avere riportato condanne dopo il periodo di carcerazione dal 14 maggio 1997 al 21 luglio 1999, essendosi invece reinserito nella società con il trasferimento in (OMISSIS), dove è vissuto e ha lavorato. Nè la circostanza dedotta dal Tribunale, accogliendo acriticamente una nota negativa espressa dal Giudice di merito con la sentenza di condanna in ordine al suo comportamento processuale, non ulteriormente oggetto di approfondimento e chiarimento, ha fondato a suo carico alcuna contestazione suppletiva.

Il Tribunale, ad avviso del ricorrente, non poteva neppure tenere conto della "valutazione personologica" del Giudice di merito per ritenere non sussistente la sua adesione all’opera di rieducazione, prescindendo dalle relazioni degli organi preposti alla sua osservazione intramuraria e da un esame complessivo della sua condotta di vita anche successiva alla scarcerazione con riferimento ai singoli semestri.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce l’erronea valutazione da parte del Tribunale delle risultanze del provvedimento di cumulo aggiornato del 18 dicembre 2009, allegato al ricorso e già agli atti, sul rilievo che dallo stesso risulta che il periodo di custodia cautelare subito dal 3 aprile 2007 al 13 maggio 2007 è imputato al titolo in espiazione e deve essere, quindi, oggetto di valutazione.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. Quanto al primo motivo si osserva che la concessione del beneficio della liberazione anticipata ai condannati a pena detentiva per qualsiasi delitto è subordinata alla sussistenza dei requisiti indicati nell’art. 54 Ord. Pen., occorrendo avere riguardo alla condotta carceraria e ai risultati del trattamento individuale.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, in linea di principio, la corretta condotta carceraria non è elemento di per sè sufficiente e valutabile, in assoluto, quale sicuro indice di partecipazione all’opera di rieducazione. Si deve, infatti, riconoscere valore preferenziale ai risultati dell’obbligatorio trattamento individuale che, comportando un’approfondita osservazione della personalità, è in grado di meglio portare alla luce situazioni e stati interiori, dimostrativi di un miglioramento etico – qualitativo del soggetto per l’effettiva incidenza delle attività rieducative svolte dalla struttura carceraria.

Qualora, però, il trattamento individuale sia mancato e non risulti il rifiuto del detenuto di sottoporvisi o di sottrarsi, comunque, ad altre iniziative di recupero, è del tutto logico utilizzare, si è osservato ancora da parte di questa Corte, altri elementi di giudizio, tra i quali primaria rilevanza va attribuita al comportamento all’interno dell’istituto penitenziario, nel quale ordinariamente si riflettono le tendenze positive o negative del recluso, che può e deve, pertanto, costituire una prima base di valutazione, eventualmente integrata da elementi ulteriori, se disponibili (tra le altre, Sez. 1, n. 2567 del 28/05/1993, dep. 19/07/1993, Scozzare, Rv. 195663; Sez. 1, n. 73 del 11/01/1994, dep. 22/02/1994, P.M. in proc. Caruso, Rv. 196559; Sez. 1, n. 3109 del 22/05/1995, dep. 01/07/1995, P.G. in proc. Krumball, Rv. 201956).

La valutazione della regolarità della condotta carceraria del detenuto non deve, tuttavia, procedere tenendo conto solo del comportamento rispettoso di quanto imposto dal regolamento carcerario, atteso che un comportamento dovuto del detenuto non è idoneo di per sè a dimostrare la partecipazione all’opera di rieducazione (Sez. 1, n. 73 del 11/01/1994, dep. 22/02/1994, P.M. in proc. Caruso, Rv. 196559; Sez. 1, n. 3003 del 17/05/1995, dep. 22/06/1995, Pane, Rv. 201731), occorrendo, invece la prova di una fattiva e convinta adesione del medesimo alla detta opera (Sez. 1, n. 29352 del 21/06/2001, dep. 19/07/2001, Carbonaro G., Rv. 219478; da ultimo, Sez. 1, n. 2699 del 10/12/2010, dep. 26/01/2011, Bonalume, non massimata) Nè l’infrazione al regolamento carcerario può essere valutata, al fine di formulare prognosi infausta sulla capacità del condannato di prestare certa e sincera adesione alle finalità del trattamento rieducativo, solo se l’infrazione sia stata contestata ritualmente e sia sfociata in una sanzione disciplinare (Sez. 1, n. 6615 del 15/12/1995, dep. 20/02/1996, Sorrentino, Rv. 204343; Sez. 1, n. 16986 del 28/11/2002, Fedele, Rv. 224792.; Sez. 1, n. 13013 del 16/12/2008, dep. 25/03/2009, Bellocco, Rv. 243541), o sia intervenuto accertamento definitivo in sede penale del fatto commesso integrante illecito penale (Sez. 1, n. 6989 del 09/12/1999, dep. 29/12/1999, Saponaro, Rv. 215125), in quanto le infrazioni commesse non rilevano per le loro conseguenze sanzionatorie, ma esclusivamente "come dato fattuale, indicativo della mancata adesione del condannato alle finalità del trattamento rieducativo". 3. Nel caso in esame, il Tribunale, mentre ha accolto l’istanza di liberazione anticipata per il periodo 26 maggio 2009/26 novembre 2009, ha ritenuto di non poter accogliere l’istanza, con riferimento al periodo di presofferto dal 14 maggio 1997 al 21 luglio 1999, per avere valutato come rivelatore della mancanza di sicuro ravvedimento e dell’adesione solo formale all’opera di rieducazione il comportamento processuale tenuto dal ricorrente all’udienza del 30 novembre 1998 quando questi, intervenendo a difesa di altro coimputato, G.A., si era addossato la responsabilità dello stesso, dimostrando il forte legame tra loro sussistente.

In tal modo, il Tribunale non si è adeguato ai suddetti principi, ritenuti condivisibili dai Collegio, omettendo di approfondire, come avrebbe dovuto, il dato fattuale evidenziato, e, in particolare, il rapporto del ricorrente con il predetto coimputato, il contenuto delle dichiarazioni rese, la loro valutazione processuale e la loro incidenza sul giudizio di ravvedimento del condannato, per effetto della sua partecipazione o meno alle finalità del trattamento rieducativo e della sua condotta durante il periodo di carcerazione, pur ritenuta Normalmente regolare". 4. E’ fondato anche il secondo motivo, poichè non risulta che il Tribunale abbia fatto riferimento al provvedimento di cumulo aggiornato del 17 dicembre 2009 agli atti, successivo a quello del 17 marzo 2009 richiamato nell’ordinanza impugnata, e al computo con lo stesso operato del periodo di custodia cautelare sofferto dal 3 aprile 1997 al 13 maggio 1997, come dedotto dal ricorrente.

5. Il provvedimento impugnato va di conseguenza annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma, che procederà a nuovo esame tenendo presenti i rilievi sopra formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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