Cons. Stato Sez. V, Sent., 24-06-2011, n. 3814 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La P. I. Z. D. P. F. e vendita oggetti mortuari C. & C. s.r.l., premesso che fino all’anno 1961 aveva esercitato liberamente con i propri carri il trasporto funebre in ogni ambito, compreso quello cittadino, su delega del Comune di Trieste (titolare del diritto di privativa sul trasporto), deduce che da detta data il Comune di Trieste decideva di gestire direttamente il trasporto delle salme in ambito urbano.

Tale situazione si protraeva fino alla adozione della deliberazione consiliare n. 30 dell’8.5.2000, con la quale il Comune di Trieste ha affidato ad A. s.p.a., poi A. -. A. s.p.a., società mista partecipata dal Comune stesso, tutti i servizi funebri e cimiteriali per un periodo di trent’anni.

Con ricorso proposto al T.A.R. Friuli Venezia Giulia, la citata società P. I. Z. ha impugnato detta deliberazione del Consiglio comunale di Trieste, nonché la deliberazione dello stesso Consiglio comunale 23 dicembre 1996, n. 110 (con cui era stato revocato l’affidamento dei servizi pubblici locali all’azienda municipalizzata ACEGA, ed era stata costituita la società A. s.p.a., allo scopo di affidarle i servizi di acquedotto, elettricità e gas, nonché gli altri servizi rientranti nell’oggetto sociale, tra cui i servizi pubblici cimiteriali) e l’art. 3 dello Statuto della società suddetta, in cui era prevista la gestione dei servizi funebri e cimiteriali.

Detto T.A.R., con sentenza 23 aprile 2001, n. 170, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di interesse, assumendo che la società ricorrente non svolgeva servizi cimiteriali, per cui non aveva interesse a dolersi al riguardo, e affermando, quanto al trasporto ed alle onoranze funebri, che, poiché prima della costituzione della A. s.p.a. il Comune gestiva tale servizio in economia in regime di monopolio, l’eventuale annullamento giurisdizionale degli atti impugnati avrebbe comportato il ripristino del precedente regime di privativa, senza nessun vantaggio per la ricorrente.

Il Consiglio di Stato, con decisione della sesta Sezione, 27 dicembre 2006, n. 7950 ha accolto in parte l’appello proposto dalla società P. I. Z. contro detta sentenza, annullando la citata deliberazione del Consiglio comunale di Trieste n. 30 del 2000, nella parte in cui aveva previsto l’affidamento diretto alla società A.C.E.GA.S. s.p.a. del servizio di onoranze funebri e nella parte in cui aveva previsto il regime di monopolio quanto al servizio di trasporto funebre affidato ad essa società (ferma restando la deliberazione in parola nella parte in cui affidava i servizi cimiteriali e nella parte in cui affidava ad A.C.E.GA.S. s.p.a. il servizio di trasporto funebre, depurato dalla clausola di privativa). Quanto allo svolgimento dei servizi cimiteriali, la decisione, premesso che l’appellante società non aveva contestato al riguardo la sentenza di prime cure, ha riconosciuto che essa, su questo punto, era passata in giudicato.

La società P. I. Z. ha allora proposto ricorso al T.A.R. Friuli Venezia Giulia chiedendo la condanna del Comune di Trieste e della società A. s.p.a., al risarcimento dei danni derivanti dalla dichiarata illegittimità della deliberazione del Consiglio comunale di Trieste n. 30 dell’8.5.2000, annullata dal Consiglio di Stato con la sopra citata decisione, e comunque derivanti dall’illegittimo affidamento del servizio pubblico di trasporto funebre alla predetta società A. s.p.a.. Ha inoltre chiesto l’accertamento del compimento di atti di concorrenza sleale da parte del Comune di Trieste e della società A. s.p.a., l’inibizione della continuazione e la eliminazione degli effetti, ai sensi dell’articolo 2599 del codice civile, e la condanna degli stessi al risarcimento del danno, con ordine di pubblicazione della sentenza a spese dei medesimi, in uno o più quotidiani, tra cui "Il Piccolo" di Trieste, ai sensi degli artt. 2600 cc. e 120 c.p.c..

Detto T.A.R., con la sentenza in epigrafe indicata, previa estromissione della società A. s.p.a., in parte ha dichiarato inammissibile e in parte ha respinto il ricorso.

Ha infatti ritenuto che difettasse l’elemento soggettivo – la colpa – richiesto per la configurabilità di un danno risarcibile, sia perché la sentenza n. 170 del 2001 aveva sancito la legittimità del comportamento del Comune di Trieste in relazione ai servizi "de quibus" (sicché il Comune stesso non poteva assumere delle determinazioni difformi dalla sentenza) sia perché successivamente, intervenuta la decisione del Consiglio di Stato, sesta Sezione, n. 7950 del 2006, il Comune si era conformato alle statuizioni del Giudice d’appello con la deliberazione consiliare n. 98 del 6 novembre 2006, con la determinazione dirigenziale n. 3914/06 del 4 dicembre 2006 e con la determinazione dirigenziale n. 177/06 del 7 dicembre 2006. Pertanto, nessun addebito poteva essere mosso al Comune per il periodo che va dall’aprile 2001 al dicembre 2006 circa il servizio del trasporto funebre e quello delle onoranze funebri; tanto più che il Consiglio di Stato aveva stabilito la legittimità dell’affidamento ad A.C.E.GA.S. del servizio di trasporto funebre, sia pure depurato dalla clausola di privativa.

Quanto all’unica questione risarcitoria residuata, cioè quella dei danni derivanti dall’esercizio della attività di onoranze funebri successivamente all’intervenuta pronuncia del Giudice d’appello, ha ritenuto il Giudice di primo grado che si versava nella ipotesi della inesecuzione della decisione d’appello, per la quale l’ordinamento prevede il particolare rimedio del giudizio di ottemperanza. Ha quindi stabilito che non poteva essere accolta la istanza risarcitoria non preceduta dall’instaurazione, da parte dei soggetti legittimati, di detto giudizio o, quanto meno, da una diffida al Comune finalizzata al riaffidamento del servizio nei modi indicati dal Consiglio di Stato. Quand’anche, però, la istanza risarcitoria fosse ammissibile ha ritenuto il T.A.R. che, comunque, l’istante non aveva dimostrato l’effettivo danno subito e la sua entità, e che pertanto la domanda risarcitoria doveva essere disattesa.

Con il ricorso in appello in epigrafe indicato la P. I. Z. D. P. F. e vendita oggetti mortuari C. & C. s.r.l. ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. da ultimo indicata, deducendo i seguenti motivi:

1.- Sul risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimo affidamento, in regime di privativa, del servizio pubblico del trasporto funebre nel Comune di Trieste per gli anni 20002006.

Il T.A.R. non ha ravvisato la sussistenza del requisito della colpa sostanzialmente in quanto il Comune si era adeguato alla sentenza del T.A.R. di reiezione del ricorso della attuale appellante e poi alla sentenza del Consiglio di Stato che aveva accolto l’appello, aderendo ad una visione oggettiva della nozione di colpa e facendone comunque cattiva applicazione, avendo focalizzato la propria attenzione su aspetti errati, illogici e contraddittori.

Il Comune ha comunque violato l’art. 41 della Costituzione, l’art. 90 del TCE e l’art. 22, comma 2, della legge n. 142/1990 dal momento di entrata in vigore di questa legge fino all’anno 2006.

Non è stato tenuto conto della circostanza che la decisione del Consiglio di Stato n. 7950/2006 ha dato atto che non sussistevano incertezze sulla normativa da applicare e sulla giurisprudenza formatasi in materia, né del fatto che non esclude la colpa la circostanza che il Giudice di primo grado abbia dato ragione all’Amministrazione con sentenza poi riformata in appello.

Erroneamente il T.A.R. ha affermato che la propria precedente sentenza n. 170/2001 aveva sancito la legittimità del comportamento del Comune in relazione ai servizi "de quibus", atteso che detta sentenza non aveva esaminato la vicenda sotto il profilo della legittimità del comportamento tenuto dal Comune, essendosi limitata ad affermare la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.

A seguito della liberazione del Comune di Trieste n. 30 del 2000 e fino alla adozione della deliberazione del 27.11.2006 la appellante è stata quindi costretta a valersi dei carri funebri e dei servizi di A. -. A. s.p.a. sia per il trasporto al cimitero dei feretri e sia per il recupero delle salme, subendo un danno quantificabile in relazione al numero di trasporti effettuati, sottratte le spese sostenute dal quest’ultima per i trasporti, per un importo di Euro 809.082,93, cui vanno sommati i diritti di privativa per entrata ed uscita dei trasporti nel e dal Comune, indebitamente pagati a detta s.p.a..

A detta somma devono aggiungersi il lucro cessante e i danni subiti a seguito della illegittima imposizione di un diritto fisso di privativa per gli sconfinamenti dal Comune.

2.- Sul risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimo svolgimento, come fosse servizio pubblico, dell’attività imprenditoriale di onoranze funebri da parte di A. -. A. s.pa. in regime di affidamento diretto, senza gara, da parte del Comune di Trieste e dall’illegittimo svolgimento, in contemporanea, dei servizi cimiteriali, del trasporto funebre e dell’attività di onoranze funebri.

Secondo l’appellante nessun vantaggio avrebbe potuto ottenere dall’instaurazione di un giudizio di ottemperanza alla decisione del Consiglio di Stato, ritenuto invece necessario dal T.A.R. per poter avanzare le richieste in esame, essendo i danni subiti riferiti al periodo dall’anno 2000 all’anno 2006, antecedente alla data in cui essa decisione è stata pronunciata.

Immotivata ed infondata sarebbe la affermazione del T.A.R. che la appellante non avesse a suo tempo dimostrato in maniera sufficiente il danno subito e la sua entità, che, a seguito di disamina delle fonti sono risultati aver concretizzato sviamento di clientela.

3.- Sul rilevato difetto di giurisdizione in ordine alla richiesta risarcitoria attinente comportamenti di concorrenza sleale e sulla estromissione dal giudizio di A. -. A. s.p.a..

Erroneamente il T.A.R. ha dichiarato inammissibili per difetto di giurisdizione tutte le pretese risarcitorie nei confronti di detta società, fondate su asseriti comportamenti improntati a concorrenza sleale (compreso lo sviamento di clientela) e ha disposto la estromissione dal giudizio di essa società, in quanto priva di legittimazione passiva in relazione alle pretese risarcitorie.

Le pretese risarcitorie al riguardo sono infatti basate sia sull’illegittimo affidamento del servizio di trasporto e dell’attività di onoranze funebri alla citata s.p.a., che sulle modalità con le quali la società ha operato sul mercato e rientra la cognizione della loro debenza nella giurisdizione esclusiva del G.A., essendo impossibile operare una distinzione tra i danni derivanti dall’illegittimo esercizio del servizio pubblico e da concorrenza sleale.

Ai sensi dell’art. 2600 c.c. è dovuto quindi il risarcimento del danno, con pubblicazione della sentenza ai sensi del comma 2 di detto articolo.

4.- Sul danno da perdita di chance derivante dalla mancata predisposizione di gara per l’affidamento del servizio pubblico di trasporto funebre.

Il T.A.R., negata la sussistenza di colpa grave in capo al Comune di Trieste, ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta risarcitoria attinente la mancata predisposizione di una gara per l’affidamento del servizio pubblico del trasporto funebre, con preclusione per la appellante della possibilità di partecipazione alla gara per la gestione del servizio, che ha comportato perdita di "chance".

5.- Sul danno all’immagine.

E’ stata riproposta la richiesta risarcitoria già avanzata in primo grado per il danno all’immagine subito dall’appellante a causa dell’illegittimo affidamento del servizio de quo all’A.C.E.G.A.S. – APS s.p.a., a seguito della pubblicazione di articoli giornalistici e dell’utilizzo di mezzi di trasporto obsoleti.

Con memoria depositata l’1.7.2010 la società appellante ha sostanzialmente ribadito tesi e richieste.

Con atto depositato il 9.7.2010 si è costituito in giudizio il Comune di Trieste, che ha chiesto la reiezione dell’appello.

Con memoria depositata il 12.7.2010 si è costituita in giudizio la A. -. A. s.p.a., che ha chiesto la declaratoria di improponibilità o di inammissibilità dell’appello e comunque la sua la reiezione.

Con memoria depositata il 12.7.2010 il costituito Comune ha dedotto la impossibilità di accoglimento della domanda di risarcimento danni, in particolare per non essere stata impugnata la deliberazione del Comune n. 98 del 2006 e per essere stata l’attività del Comune esente da colpa.

Con memoria depositata il 19.11.2010 la costituita A. -. A. s.p.a. ha dedotto che l’unica contestazione eventualmente proponibile nei suoi confronti sarebbe quella relativa alla concorrenza sleale, sulla quale sussiste difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, mentre con riguardo alle altre richieste formulate dalla appellante sussiste difetto di legittimazione passiva. Nel merito ha contestato comunque la fondatezza dell’appello ed ha concluso per la sua reiezione con conferma della sentenza di primo grado.

Con memoria depositata il 30.11.2010 il Comune di Trieste ha replicato alle avverse deduzioni ed argomentazioni, contestando la ammissibilità di una C.T.U. e di una valutazione equitativa, eccependo la prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c. sul credito e relativi interessi e rivalutazione ed insistendo per la reiezione.

Con memoria depositata il 30.11.2010 la parte appellante ha replicato alle avverse difese, eccependo la tardività delle memorie depositate il 12 luglio 2010 dalle controparti ed ha ribadito tesi e richieste.

Alla pubblica udienza del 21.12.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello in esame la società in epigrafe indicata ha chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. FriuliVeneziaGiulia – Trieste, Sezione I, n. 00098/2009, con la quale, previa estromissione della società A. s.p.a., in parte è stato dichiarato inammissibile e in parte è stato respinto il ricorso proposto per la condanna del Comune di Trieste e della società A. s.p.a., al risarcimento dei danni derivanti sia dalla dichiarata illegittimità della deliberazione del Consiglio comunale di Trieste n. 30 dell’8.5.2000, annullata dal Consiglio di Stato con sentenza della sesta Sezione, 27 dicembre 2006, n. 7950, che dall’illegittimo affidamento del servizio pubblico di trasporto funebre alla predetta società A. s.p.a.; nonché per l’accertamento del compimento di atti di concorrenza sleale da parte del Comune di Trieste e di detta società, per l’inibizione della continuazione e la eliminazione degli effetti di essi atti, ai sensi dell’articolo 2599 del codice civile, con condanna al risarcimento del danno e con pubblicazione della sentenza a spese dei medesimi, in uno o più quotidiani, ai sensi degli artt. 2600 cc. e 120 c.p.c.. Inoltre con l’atto di appello è stata chiesta la condanna delle parti intimate al risarcimento del danno, oltre ad interessi e rivalutazione sulle somme dovute, nei sensi sopra indicati.

2.- Innanzi tutto la Sezione deve verificare la fondatezza dell’appello nella parte in cui è stata contestata la gravata sentenza con riguardo sia al dichiarato il difetto di giurisdizione del G.A. in ordine alla richiesta risarcitoria attinente comportamenti di concorrenza sleale e sia alla estromissione dal giudizio di A. -. A. s.p.a..

Erroneamente il T.A.R. avrebbe dichiarato inammissibili per difetto di giurisdizione tutte le pretese risarcitorie nei confronti della società suddetta, fondate su asseriti comportamenti improntati a concorrenza sleale (compreso lo sviamento di clientela) nell’assunto che si tratterebbe di doglianze, non connesse a provvedimenti amministrativi, attinenti alla sfera privatistica delle due società (la ricorrente e la A. -. A. s.p.a.) ed impingenti su situazioni riconducibili allo schema del diritto soggettivo, con la conseguenza che non andavano proposte avanti il Giudice amministrativo ma avanti il Giudice ordinario; pure erronea sarebbe la disposta estromissione dal giudizio di essa s.p.a., ritenuta priva di legittimazione passiva in relazione alle pretese risarcitorie, che avrebbero, invece, fondamento nell’asserito illegittimo comportamento tenuto dal Comune di Trieste con riguardo all’affidamento del servizio dei trasporti funebri e delle onoranze funebri.

Le pretese risarcitorie al riguardo non sarebbero invero basate esclusivamente sull’illegittimo affidamento del servizio di trasporto e dell’attività di onoranze funebri a detta s.p.a., ma anche sulle modalità con le quali essa ha operato sul mercato, conseguendo vantaggi competitivi in conseguenza della posizione dominante di cui godeva, sicché il danno non è derivato in sé dallo svolgimento della attività imprenditoriale di onoranze funebri, ma dal contemporaneo svolgimento in illegittima esclusiva del servizio di trasporto e dalla mancata separazione contabile dell’ambito delle onoranze da quello dei servizi pubblici di trasporto e cimiteriali; il che avrebbe consentito miglior posizionamento nel mercato, presenza in strutture ospedaliere, gestione in esclusiva delle salette e distribuzione di "brochure". I danni in conclusione deriverebbero prevalentemente dallo svolgimento, illegittimo e in violazione di legge, di servizi pubblici, e rientrerebbe la cognizione della loro debenza nella giurisdizione esclusiva del G.A., essendo impossibile operare una distinzione tra i danni derivanti dall’illegittimo esercizio di detti servizi e da concorrenza sleale. Sarebbe dovuto quindi il risarcimento del danno perché l’illegittimo svolgimento in contemporanea dei servizi cimiteriali, di trasporto e di attività di onoranze funebri, ha comportato concorrenza sleale, con conseguente ordine di pubblicazione della sentenza ai sensi del comma 2 dell’art. 2600 c.c..

2.1.- Osserva in proposito il Collegio che la giurisdizione del Giudice si determina in base alla domanda e, ai fini del suo riparto tra giudice ordinario e amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il c.d. "petitum" sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al Giudice, ma anche e soprattutto in funzione della "causa petendi", ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal Giudice stesso con riguardo ai fatti indicati a sostegno della pretesa avanzata nel giudizio.

La controversia rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo se, nell’ambito del "petitum" sostanziale del ricorso, sia richiesto per la risoluzione della controversia un sindacato sui poteri esercitati dalla P.A. nell’ambito del rapporto di cui si verte, precluso al Giudice ordinario.

La materia dei pubblici servizi rientra nella giurisdizione esclusiva del G.A. quando la Pubblica Amministrazione agisca esercitando il suo potere autoritativo, ma, attesa la facoltà ad essa riconosciuta dalla legge di adottare strumenti negoziali in sostituzione di detto potere, non anche quando le pretese creditorie del privato ineriscano unicamente a diritti patrimoniali di derivazione strettamente convenzionale, essendo insufficiente il generico coinvolgimento, nella controversia, di un pubblico interesse per giustificare la giurisdizione del giudice amministrativo.

Ne consegue che deve riconoscersi la giurisdizione del G.O. allorché si controverta, come nella fattispecie, in materia di dedotta concorrenza sleale tra privati ed una società mista partecipata dal Comune di Trieste, cui erano stati affidati tutti i servizi funebri e cimiteriali per un periodo di trent’anni, servizi di natura libero imprenditoriale comportanti attività di carattere materiale e non già provvedimentale, né autoritativa.

Il giudizio sul risarcimento danni per concorrenza sleale posta in essere da A. -. A. s.p.a. non comporta, invero, accertamenti in ordine a poteri autoritativi dell’autorità amministrativa o della concessionaria esclusiva del servizio suddetto, attenendo a comportamenti lesivi nello svolgimento di un’attività esclusivamente privata, con la conseguenza che ogni questione sulla sussistenza delle situazioni giuridiche soggettive vantate dal preteso danneggiato, appartiene al Giudice ordinario.

Non sono quindi condivisibili le argomentazione formulate al riguardo da parte appellante e va confermata la appellata sentenza "in parte qua".

2.2.- Non suscettibili di favorevole apprezzamento sono pure le ulteriori censure contenute nell’atto di appello circa la disposta estromissione dal giudizio di A. -. A. s.p.a., che sarebbe stata erroneamente ritenuta priva di legittimazione passiva in relazione alle pretese risarcitorie cui prima si è fatto cenno. Ritiene infatti la Sezione, posto che sicuramente deve, per quanto sopra affermato, ritenersi priva di legittimazione passiva detta società con riguardo ai dedotti comportamenti di concorrenza sleale in sede di giurisdizione amministrativa, di dover concordare con il Giudice di prime cure che anche le ulteriori pretese risarcitorie dell’appellante (per essere stato consentito la svolgimento in contemporanea dei servizi cimiteriali, di trasporto e di attività di onoranze funebri) trovano, in sostanza, fondamento esclusivamente nell’asserito illegittimo comportamento del Comune di Trieste circa l’affidamento di essi servizi, con esclusiva legittimazione passiva al riguardo del Comune stesso e corretta estromissione dal giudizio di detta società.

3.- Va poi esaminata la eccezione, non esaminata dal Giudice di prime cure stante la ritenuta infondatezza del ricorso, con la quale il Comune resistente ha dedotto la impossibilità di accoglimento della domanda di risarcimento danni per non avere la ricorrente tempestivamente impugnato la deliberazione del Consiglio Comunale di Trieste n. 98 del 6 novembre 2006 (con la quale è stato stabilito che il servizio di trasporto salme sarebbe stato svolto in regime di libera concorrenza dalla data del 6.11.2006 e che subordinava l’esercizio del servizio ad apposita autorizzazione comunale), che sarebbe stata preclusiva dello svolgimento del servizio e quindi della pretesa risarcitoria relativa ad epoca antecedente il 7.12.2006 (data in cui, con determinazione dirigenziale n. 177/06 la società P. I. Z. s.r.l. a seguito della decisione del Consiglio di Stato, veniva autorizzata "all’esercizio di attività di trasporto funebre nel territorio comunale").

La Sezione ritiene di non poter condividere la eccezione in esame attesa la vigenza della regola di irretroattività dell’ azione amministrativa, che, in quanto espressione dell’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, oltreché del principio di legalità (segnatamente in presenza di provvedimenti limitativi della sfera giuridica del privato), vieta di incidere unilateralmente e con effetto ex ante sulle situazioni soggettive, anche con riguardo ai provvedimenti che rivestano valenza regolamentare in quanto diretti a trovare applicazione ripetuta nel tempo ad un numero indeterminato di fattispecie.

4.- Deve, ancora in via preliminare, essere esaminata la eccezione della parte appellante di tardività delle memorie depositate dalle controparti il 12 luglio 2010, il giorno prima della data di trattazione di una pregressa udienza di merito, in violazione dell’art. 23, comma 4, della legge n. 1034/1971.

Osserva al riguardo la Sezione che, ai sensi della norma suddetta, le parti potevano produrre memorie fino a dieci giorni liberi anteriori al giorno fissato per l’udienza.

Detto termine non è qualificato espressamente come perentorio, né stabilito a pena di decadenza, ed è affidato all’interprete il compito di definire le conseguenze derivanti dalla sua inosservanza.

Va anche rilevato che il termine in questione è posto a presidio della piena salvaguardia del contraddittorio, oltre che dell’ordinato svolgimento del giudizio, quale espressione del principio dell’equo processo, il che comporta la necessità che non solo le parti, ma anche il Giudice, sia messo in condizione di conoscere degli atti processuali con congruo anticipo rispetto al passaggio in decisione della causa.

Ne consegue che il tardivo deposito delle memorie dopo il termine sopra indicato è da ritenere ammissibile nell’ipotesi in cui l’udienza di trattazione sia stata rinviata, dovendosi ritenere tempestivo rispetto alla nuova udienza, atteso che sia le parti, che il Giudice, sono così poste in condizione di conoscerne il contenuto con sufficiente anticipo.

Nel particolare caso che occupa la udienza del 13 luglio 2010, di trattazione del merito della causa, è stata rinviata su richiesta delle parti e comunque non è stato adeguatamente dimostrato che la richiesta di rinvio avesse solo il fine di consentire il superamento della tardività del deposito "de quo", sicché la eccezione in esame va respinte.

5.- Nel merito, con il primo motivo di appello, riferito alla richiesta di risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimo affidamento, in regime di privativa, del servizio pubblico del trasporto funebre nel Comune di Trieste per gli anni 20002006, è stato dedotto che il T.A.R., che non ha ravvisato la sussistenza del requisito della colpa sostanzialmente in quanto il Comune si era adeguato alla sentenza di reiezione del ricorso della attuale appellante e poi alla sentenza del Consiglio di Stato che aveva accolto l’appello, ha aderito ad una visione oggettiva della nozione di colpa e ne ha fatto comunque cattiva applicazione (senza considerare che il privato può invocare la illegittimità del provvedimento come indice presuntivo della colpa, o anche allegare circostanze ulteriori idonee a dimostrare la sussistenza di un errore non scusabile), peraltro omettendo qualsivoglia valutazione obiettiva sui criteri che il Tribunale stesso ha enunciato come rilevanti, focalizzando la propria attenzione su aspetti errati, illogici e contraddittori.

Il Comune ha comunque violato l’art. 41 della Costituzione, l’art. 90 del TCE e l’art. 22, comma 2, della legge n. 142/1990 dal momento di entrata in vigore di questa legge fino all’anno 2006.

Del resto la decisione del Consiglio di Stato n. 7950/2006 ha dato atto che non sussistevano incertezze sulla normativa da applicare e sulla giurisprudenza formatasi in materia ed ha affermato che pure l’art. 90 del trattato CE e il parere dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato del 14.7.1998 invitavano chiaramente le Amministrazioni comunali ad adeguarsi al sopravvenuto quadro normativo.

Pure erroneamente il T.A.R. avrebbe asserito che la propria precedente sentenza n. 170/2001 aveva sancito la legittimità del comportamento del Comune in relazione ai servizi "de quibus," atteso che detta sentenza non aveva esaminato la vicenda sotto il profilo della legittimità del comportamento tenuto dal Comune, essendosi limitata ad affermare la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.

Neppure sarebbe idonea ad escludere la colpa dell’Amministrazione la circostanza che il Giudice di primo grado non ha annullato i provvedimenti impugnati dall’attuale appellante, essendo stata la sentenza poi riformata in appello.

Non sarebbe condivisibile la tesi del T.A.R. che la sentenza del Consiglio di Stato abbia sancito la correttezza dell’operato del Comune, fatta eccezione per la clausola di privativa, considerato ch questa costituiva il nucleo centrale delle censure di parte ricorrente.

Nemmeno sarebbe esatta l’affermazione del Tribunale che il Comune di Trieste si era conformato alle statuizioni del Consiglio di Stato con provvedimenti del 6 novembre 2006 e del 7 dicembre 2006, atteso che la decisione di detto Giudice è datata 27.12.2006; la circostanza sembra provare che il Comune già fosse a conoscenza della illegittimità dei propri provvedimenti di affidamento in esclusiva ad A. -. A. s.p.a.dei servizi di trasporto funebre per gli anni dal 2000 al 2006.

A seguito della liberazione del Comune di Trieste n. 30 del 2000 e fino alla adozione della deliberazione del 27.11.2006 la appellante è stata quindi costretta a valersi dei carri funebri e dei servizi di detta s.p.a. sia per il trasporto al cimitero dei feretri e sia per il recupero delle salme, subendo un danno quantificabile in relazione al numero di trasporti effettuati, come risultante dalle fatture pagate a detta s.p.a., dal quale importo vanno sottratte le spese sostenute da quest’ultima per i trasporti (non avendo l’appellante altre spese, perché proprietaria di un adeguato numero di carri, e dovendo comunque partecipare alle esequie con un adeguato numero di dipendenti), per un importo di Euro 809.082,93, cui vanno sommati i diritti di privativa per entrata ed uscita dei trasporti nel e dal Comune, indebitamente pagati ad A. -. A. s.p.a..

A detta somma deve aggiungersi il lucro cessante, computabile come perdita dell’utile imprenditoriale sulla attività di trasporto, che l’appellante avrebbe potuto svolgere se non fosse stato vigente il regime di monopolio, quantificabile nel 20% di detta somma, considerato che essa aveva investito grossi capitali per l’acquisto dei carri funebri e delle attrezzature per il trasporto, non utilizzati per detto periodo.

A dette somme vanno aggiunti i danni subiti a seguito della illegittima imposizione di un diritto fisso di privativa per gli sconfinamenti dal Comune ex art. 19, comma 3, del d. P.R. n. 285/1990, abrogato a seguito della riforma introdotta con l’art. 22 della legge n. 142/1990, che ha consentito alla A. -. A. s.p.a. di percepire per il periodo dal 2000 al 2006 la complessiva somma di Euro 128.812,42, con distorsione della concorrenza.

Le esatte somme dovute sono, secondo l’appellante, quantificabili o tramite C.T.U. o mediante valutazione equitativa.

5.1.- Al riguardo ha asserito il T.A.R., che difettava pacificamente l’elemento soggettivo – la colpa – richiesto per la configurabilità di un danno risarcibile, posto che la sentenza di questo Tribunale 23 aprile 2001, n. 170 aveva sostanzialmente sancito la legittimità del comportamento del Comune di Trieste in relazione ai servizi de quibus, sicché il Comune stesso non poteva assumere delle determinazioni difformi dalla sentenza, dovendo unicamente rispettare il decisum.

Intervenuta la citata decisione del Consiglio di Stato, sesta Sezione, n. 7950/2006, il Comune, come si è visto, quanto al servizio trasporto funebre, si è conformato alle statuizioni del Giudice d’appello con la deliberazione consiliare n. 98 del 6 novembre 2006, con la determinazione dirigenziale n. 3914/06 del 4 dicembre 2006 e con la determinazione dirigenziale n. 177/06 del 7 dicembre 2006.

5.2.- Osserva la Sezione che la domanda di risarcimento dei danni è regolata dal principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., in base al quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, per cui grava sul danneggiato l’onere di provare, ai sensi del citato articolo, tutti gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno per fatto illecito.

Giova innanzitutto premettere che, secondo un consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, ai fini dell’ammissibilità della domanda di risarcimento del danno, non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessario che sia configurabile la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa, dovendo verificarsi se l’adozione e l’esecuzione dell’atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona fede alle quali l’esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi (C.d.S., sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038; 8 settembre 2008, n. 4241; 6 marzo 2007, n. 1049).

Sulla scorta della giurisprudenza comunitaria è stato precisato che in sede di accertamento della responsabilità della Pubblica amministrazione per danno a privati il Giudice può affermare la responsabilità quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l’imperizia dell’organo nell’assunzione del provvedimento viziato e negarla, invece, quando l’indagine conduce al riconoscimento dell’errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (C.d.S., sez. IV, 10 agosto 2004, n. 5500; C.d.S., sez. V, 12 giugno 2009, n. 3750; 6 marzo 2007, n. 1049).

È stato anche rilevato (C.d.S., sez. V, 20 luglio 2009, n. 4527) che in sede di giudizio per il risarcimento del danno derivante da provvedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, restando a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile per contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma, per la complessità del fatto ovvero per l’influenza di altri soggetti.

Con particolare riferimento poi all’accertamento del nesso di causalità la giurisprudenza ha affermato che esso, seppure può essere riconosciuto sulla base di un serio e ragionevole criterio di probabilità, non può tuttavia fondarsi sulla base di una mera astratta possibilità (Cass. Civ., sez. III, 30 ottobre 2009, n. 23059).

5.3.- Tanto premesso, osserva la Sezione che, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., non esclude la colpa della P.A. la circostanza che il Giudice di primo grado abbia a suo tempo dato ragione all’Amministrazione con decisione ribaltata in appello, in quanto anche il T.A.R. può incorrere in errore e comunque non appare ragionevole dare rilevanza ad un fatto successivo a quello che ha generato l’illecito (Consiglio Stato, sez. VI, 09 marzo 2007, n. 1114).

Nel caso che occupa il Consiglio di Stato, con la citata decisione della sesta Sezione, n. 7950/2006, ha accolto in parte l’appello contro la sentenza n. 170/2001 del T.A.R. Friuli Venezia Giulia (che aveva dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse, senza affrontare il merito) e, per l’effetto, ha annullato la deliberazione del Consiglio comunale di Trieste 8.5.2000, n. 30 nella parte in cui aveva previsto l’affidamento diretto alla società A. s.p.a. del servizio di onoranze funebri e nella parte in cui aveva previsto il regime di monopolio quanto al servizio di trasporto funebre affidato ad essa società; ferma restando la deliberazione in parola nella parte in cui affidava i servizi cimiteriali e nella parte in cui affidava alla società stessa il servizio di trasporto funebre, depurato dalla clausola di privativa.

Quanto all’avvenuto affidamento diretto ha ritenuto che le onoranze funebri hanno un carattere spiccatamente commerciale, per cui il relativo esercizio va lasciato al mercato, e che, al limite, le onoranze funebri potrebbero essere ascritte ai servizi pubblici di rilevanza economica. Per questi, l’affidamento deve avvenire sul mercato, secondo i principi costituzionali e comunitari, di cui costituisce codificazione l’art. 113, del t.u. n. 267/2000, sicché, o l’affidamento avviene a società "in house", o a privati scelti con gara, o a società miste il cui socio privato sia scelto con gara. Tali regole, per la loro portata di principi desumibili dalla giurisprudenza comunitaria, dovevano ritenersi applicabili anche prima della loro formale codificazione, e dunque anche all’epoca di adozione della delibera del Consiglio comunale di Trieste n. 30/2000. Nel caso specifico, invece, le onoranze funebri erano state assunte dal Comune come un servizio di propria competenza, e sono state ritenute illegittimamente affidate in via diretta, senza gara, ad una società mista.

L’appello è stato anche ritenuto fondato laddove contestava il regime di monopolio, per il servizio di trasporto funebre, da ritenersi non più vigente, a far data dall’entrata in vigore della legge n. 142/1990, perché esso regime è ammesso in casi tassativi e non con riguardo al servizio di trasporto funebre, che può essere esercitato in regime di libera concorrenza, previa regolamentazione del servizio di trasporto funebre esercito dai privati. E’ stato quindi asserito che il Comune può anche riservare a sé lo svolgimento del servizio in via residuale, per situazioni di emergenza in cui non intervengono i privati, o per i soggetti non abbienti, in alternativa alla possibilità di imporre ai privati un servizio di turnazione per tali situazioni.

E’ stata in conclusione dichiarata illegittima, e annullata, la impugnata delibera n. 30/2000, anche nella parte in cui prevede il regime di monopolio per l’affidamento del servizio di trasporto funebre ad A.C.E.GA.S. s.p.a..

5.4.- Alla luce delle considerazioni espresse dal Consiglio di Stato con la predetta decisione le violazioni poste in essere dal Comune de quo risultano gravi e commesse in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l’imperizia dell’organo nell’assunzione del provvedimento viziato, sicché va riconosciuta la sussistenza della responsabilità per colpa di esso Comune dei danni sopportati dall’appellante

Né può ritenersi che l’Amministrazione abbia adeguatamente dimostrato che si è trattato di un errore scusabile per contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma o per la complessità del fatto, perché la sentenza n. 170/2001 del T.A.R. di cui trattasi, riformata in appello, si era soffermata sull’interesse ad agire della parte ricorrente invece che sul merito del ricorso.

Neppure può condividersi quanto dedotto in proposito dal Comune di Trieste, che l’attività al riguardo posta in essere era esente da colpa, oltre che per essere stata conforme alla normativa ed ai principi giurisprudenziali all’epoca vigenti, perché non era stata impugnata la deliberazione del Comune n. 98 del 2006 che subordinava l’esercizio del servizio ad apposita autorizzazione comunale, con impossibilità di avanzare pretese per il periodo precedente perché la sentenza del Consiglio di Stato ha ammesso che il regime di libera concorrenza era operante nell’ambito della regolamentazione che il Comune era tenuto a fare, con possibilità di riservare a sé parte del servizio (regolamentazione intervenuta con detta deliberazione solo nell’anno 2006); la tesi è stata, infatti, già in precedenza ritenuta non condivisibile dal Collegio per l’irretroattività dei provvedimenti amministrativi regolamentari.

Quanto alla domanda di risarcimento danni per il pagamento degli importi ad A. -. A. s.p.a., per i diritti di privativa e per lucro cessante, essa sarebbe, secondo il Comune resistente, infondata sia perché gli importi corrisposti dalla ricorrente le sono stati rimborsati dai clienti finali, e comprendono anche l’utile che assorbe il lucro cessante, sia perché il diritto di privativa (che è previsto dall’art. 19 comma 3, del d. P.R. n. 285/1990 ed è finalizzato al rimborso al Comune dei costi per il rilascio di autorizzazioni) non è stato abrogato con l’art. 22 della legge n. 142/1990, successiva a detto d.P.R. (ed è stato comunque rimborsato dai clienti finali), sia perché non è stata fornita prova dell’investimento di ingenti capitali per l’acquisto di carri funebri e delle attrezzature di trasporto.

La Sezione non condivide la prima delle deduzioni del Comune cui sopra è stato fatto cenno, perché, se la appellante avesse potuto servirsi dei propri mezzi di trasporto avrebbe potuto incassare dagli utenti del servizio tutti gli importi dovuti per il servizio, senza dover corrispondere alla A.APS s.p.a. i corrispettivi per i trasporti effettuati, che, secondo quanto asserito a pagina 22 del ricorso in appello, ammontano ad Euro 818.182, 93 nel periodo 20002006, come da n. 4.603 fatture rilasciate al riguardo (numero non contestato da controparte).

Al riguardo ritiene il Collegio che debba essere tuttavia accertato se per il periodo in questione l’appellante avesse alle proprie dipendenze autisti in grado di svolgere detti servizi di trasporto, perché, in caso negativo, dovrebbero essere sottratti a detto importo le spese che essa avrebbe dovuto affrontare per la retribuzione e la assicurazione degli stessi; inoltre deve essere accertato di quanti carri funebri e attrezzature di trasporto avesse la disponibilità la appellante.

Quanto alla decurtazione da detta somma di Euro 818.182,93 delle spese di usura dei mezzi di A. s.p.a., che l’appellante quantifica in Euro 9.100, il Collegio non può condividere essa quantificazione, perché nel calcolarla in base al tariffario ACI, è stato fatto riferimento ad un numero di servizi "6/7000" che è incerto e che necessita, quindi, di esatta quantificazione.

Pure necessario al fine del computo del risarcimento dei danni in questione è il calcolo delle spese per carburante, bollo ed assicurazione affrontate da A.APS s.p.a. per i servizi medesimi.

A tal fine ritiene la Sezione di dover condividere la richiesta di consulenza tecnica di ufficio formulata dall’appellante (e supportata da validi principi di prova), considerato che essa ha la funzione di fornire all’attività valutativa del Giudice l’apporto di cognizioni tecniche non possedute, senza esonerare la parte dalla prova dei fatti dalla stessa dedotti e posti a base delle proprie richieste, potendo solo quantificare il pregiudizio subito (Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 12 maggio 2010, n. 640).

Quanto ai diritti di privativa per entrata ed uscita dei trasporti funebri osserva la Sezione che l’art. 19, comma 3, del d.P.R. n. 10 settembre 1990 n. 285 prevede che "Ove sia richiesto il trasporto di cadaveri da comune ad altro comune o all’estero con mezzi di terzi e sempreché esso venga effettuato con gli automezzi cui all’art. 20, i comuni di partenza e di arrivo del trasporto possono imporre il pagamento di un diritto fisso la cui entità non può superare quella stabilita per i trasporti di ultima categoria svolgentisi nel territorio comunale".

La disposizione non può ritenersi abrogata dal tenore dell’art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sia perché la legge è stata emanata in data anteriore al d. P.R. citato e considerato che al riguardo la sentenza del Consiglio di Stato n. 7950/2006 si è limitata ad affermare che "…Invero, la possibilità del regime di monopolio per il servizio di trasporto funebre era previsto dal r.d. 15 ottobre 1025 n. 2578, il cui art. 1, n. 8, consentiva ai Comuni sia di assumere tale servizio, sia di optare per il regime di privativa.

Ma l’art. 22, co. 2, l. n. 142/1990, dispone che i servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti dalla legge.

Occorre pertanto una norma P. espressa, a giustificare un regime di monopolio pubblico nell’esercizio di un servizio pubblico locale.

L’art. 64, l. n. 142/1990 ha abrogato tutte le disposizioni anteriori, incompatibili con la l. n. 142 medesima.

E non può nutrirsi alcun dubbio circa l’insanabile contrasto che, già nel 1990, impediva di conciliare il portato precettivo dell’art. 1, r.d. n. 2578/1925 con quello innovativamente recato dall’art. 22 l. n. 142/1990…"

Detti diritti, versati al Comune di Trieste e non ad A. s.p.a. (cui non ha arrecato maggiore disponibilità finanziaria, con pregiudizio per la concorrenza) dovevano quindi essere comunque corrisposti al Comune e dei relativi importi non è dovuto il risarcimento.

Nulla infine ritiene il Collegio che sia dovuto per lucro cessante, essendo gli importi versati ad A. s.p.a. per detti trasporti già rimborsati alla appellante dagli utenti del servizio, ed è da ritenere che la restituzione a titolo di risarcimento danni degli stessi da parte del Comune compensativa di esso lucro cessante.

6.- Non può, secondo la Sezione, essere accolta la richiesta di risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimo svolgimento, come fosse servizio pubblico, dell’attività imprenditoriale di onoranze funebri da parte di A. -. A. s.p.a. (in regime di affidamento diretto, senza gara, da parte del Comune di Trieste) e dall’illegittimo svolgimento, in contemporanea, dei servizi cimiteriali, del trasporto funebre e dell’attività di onoranze funebri.

Al riguardo il T.A.R. ha asserito che il risarcimento per i danni subiti a seguito dell’illegittimo affidamento "in house" dell’attività di onoranze funebri non poteva essere preteso perché, non avendo il Comune di Trieste revocato l’affidamento stesso, la parte ricorrente avrebbe dovuto ricorrere al giudizio di ottemperanza alla decisione del Consiglio di Stato o quanto meno presentare una diffida al Comune perché procedesse al riaffidamento del servizio nei modi indicati da detto Organo giurisdizionale. Comunque ha ritenuto il Giudice di prime cure che la parte ricorrente non aveva dimostrato l’effettivo danno subito e la sua entità, avendolo fatto solo per i danni derivanti dal monopolio nel settore dei trasporti pubblici.

Secondo l’appellante nessun vantaggio sarebbe potuto derivare ad essa dall’instaurazione di un giudizio di ottemperanza alla decisione del Consiglio di Stato, essendo i danni subiti riferiti al periodo dall’anno 2000 all’anno 2006, antecedente all’epoca in cui essa decisione è stata pronunciata e dopo la quale è stato rimosso l’affidamento diretto della attività di onoranze (tuttora esercitabile, ma in via autonoma e indipendente dall’affidamento comunale) e quello in regime di monopolio della attività di trasporti funebri. Sarebbe inoltre immotivata la affermazione che la appellante non avesse a suo tempo dimostrato in maniera sufficiente il danno subito e la sua entità, perché, a seguito di disamina delle fonti (illegittimo esercizio dell’attività di trasporto funebre, cumulo delle attività di onoranze con quelle di gestione dei servizi cimiteriali e di trasporto senza separazione in sede di bilancio e atti di concorrenza sleale) sarebbe risultato che si era verificato sviamento di clientela, dimostrato dalla diminuzione del numero dei funerali organizzati (da 800 nell’anno 2002 a 531 nell’anno 2006), peraltro quantificabile solo partendo dal (non conosciuto) computo complessivo del numero dei funerali organizzati anno per anno e del numero di esequie organizzate da A..

In presenza di danno non agevolmente quantificabile in base ai dati posseduti dalla ricorrente il Giudice sarebbe quindi tenuto ad effettuare una valutazione equitativa dello stesso o a nominare un consulente tecnico di ufficio.

6.1.- Al riguardo la difesa del resistente Comune ha dedotto che la richiesta sarebbe infondata, sia perché con la deliberazione n. 30/2000, annullata dal Consiglio di Stato, la gestione è stata affidata a detta società, ma in regime di concorrenza, sia perché le pretese si pongono in contrasto con le licenze rilasciate alla società suddetta, non impugnate, sia perché non è stata data dimostrazione del danno subito e sia perché non è sussistita concorrenza sleale, su cui, peraltro, sarebbe competente il Giudice ordinario.

6.2.- La Sezione al riguardo (premesso che non era necessaria la instaurazione di un giudizio di ottemperanza alla decisione del Consiglio di Stato, perché i danni di cui è chiesto il risarcimento riguardavano il periodo dall’anno 2000 all’anno 2006, antecedente all’epoca in cui essa decisione è stata pronunciata) ritiene non sufficientemente provato dalla parte appellante il dedotto sviamento di clientela, essendo insufficiente la sua dimostrazione solo in base alla diminuzione del numero dei funerali organizzati (da 800 nell’anno 2002 a 531 nell’anno 2006), perché l’affermazione, sia pure sorretta da una regola di esperienza, non è giustificata dalla prova rigorosa sullo sviamento che in tali casi deve essere fornita (Consiglio Stato, sez. V, 07 gennaio 2009, n. 20).

Non è infatti sicuro indice della sussistenza di detto sviamento la dedotta riduzione sopra indicata, potendo essa essere dovuta ad una molteplicità di fattori, come, ad esempio prezzi e servizi più concorrenziali offerti dalle altre società operanti nel settore, o, per così dire, da "fluttuazioni del mercato", senza che possa sicuramente addebitarsi all’illegittimo svolgimento, dell’attività imprenditoriale di onoranze funebri da parte di A. -. A. s.p.a. in regime di affidamento diretto, senza gara, e all’illegittimo svolgimento, in contemporanea, dei servizi di cui trattasi.

La censura in esame è quindi da valutare non positivamente apprezzabile.

7.- La Sezione ritiene incondivisibile anche la richiesta di risarcimento del danno da perdita di "chance" derivante dalla mancata predisposizione di una gara per l’affidamento del servizio pubblico di trasporto funebre.

Secondo l’appellante il T.A.R. (avendo negato la sussistenza di colpa grave in capo al Comune di Trieste) ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta risarcitoria attinente la mancata predisposizione di una gara per l’affidamento del servizio pubblico, sia pure a rilevanza commerciale (come riconosciuto dal Consiglio di Stato), del trasporto funebre, da affidare ai sensi dell’art. 113 del T.U. Enti Locali, nonostante che il servizio fosse stato invece affidato ad A. -. A. s.p.a. illegittimamente. La appellante ha così visto preclusa la possibilità di partecipare alla gara per la gestione del servizio, con perdita di "chance" che è stata riproposta e sarebbe quantificabile, per presunzione, dividendo l’utile di I. per il numero dei partecipanti alla gara (tre).

7.1.- Ha osservato al riguardo il Comune che la questione sull’affidamento del servizio avvenuto senza gara non sarebbe sollevabile in questa sede, per omessa presentazione di tempestiva specifica censura nel precedente ricorso circa l’affidamento del servizio senza gara, e che comunque la pretesa sarebbe infondata sia per essere avvenuto l’affidamento del servizio secondo le regole all’epoca vigenti e sia per non essere tenuto il Comune ad indire una gara per l’affidamento del servizio, cui peraltro non è dimostrabile che l’appellante potesse partecipare, ottenendo poi l’aggiudicazione.

7.2.- Osserva al riguardo la Sezione che, al fine di ottenere il risarcimento per perdita di chance, è necessario che il danneggiato dimostri, anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la ragionevole probabilità della, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione (la "chance" appunto), di aggiudicarsi la gara, alla cui dimostrazione è subordinata la verificazione del danno, fornendo al prova della realizzazione in concreto almeno di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta (Cons. Stato, sez. V, 19 marzo 2009, n. 1622).

Detti elementi sono rimasti privi di idonea prova nella fattispecie, non avendo dimostrato parte appellante che il Comune, stabilita la illegittimità dell’avvenuto affidamento del servizio ad A. s.p.a., dovesse a suo tempo necessariamente indire una gara per l’affidamento del servizio di cui trattasi, essendo possibile, ai sensi dell’art. 113, lettere a) e b), del d. lgs. n. 267/2000, gestire il servizio pubblico anche in economia e in concessione a terzi, solo in presenza di ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale (la cui esistenza parte appellante non ha dimostrato in giudizio).

La censura in esame non è quindi positivamente valutabile.

8.- Con riferimento al danno all’immagine è stata riproposta in appello la richiesta risarcitoria già avanzata in primo grado per il danno all’immagine subito dall’appellante a seguito dell’illegittimo affidamento del servizio de quo all’A.C.E.G.A.S., atteso che sul quotidiano locale erano apparsi articoli giornalistici rappresentanti gli ambienti poco decorosi di cui la appellante era costretta a servirsi per allestire le sale di commiato e che appariva poco professionale che essa si servisse di mezzi di trasporto obsoleti, danno da accertare a mezzo C.T.U..

8.1.- Ha dedotto al riguardo il Comune che nessuna delle affermazioni dell’appellante è stata provata.

8.2.- Osserva la Sezione che il danno all’immagine professionale dell’impresa è risarcibile solo se vi sia la prova specifica che l’esclusione ha recato un nocumento all’immagine, con dequotazione della considerazione sociale del danneggiato.

Nel caso che occupa non è stato sufficientemente provato, con generico riferimento alla pubblicazione di detti articoli giornalistici e all’uso di mezzi obsoleti, che si fosse concretamente verificato danno all’immagine della appellante, non dovendosi trascurare l’effetto satisfattivo naturalmente collegato all’esito favorevole della controversia, onde la richiesta risarcitoria, sotto questo specifico profilo, va disattesa.

9.- L’appello deve essere conclusivamente in parte respinto, come da motivazione, e deve essere confermata al riguardo la prima decisione. Con riferimento al primo motivo di appello la Sezione, valutata sussistente la dedotta responsabilità del Comune di Trieste per i danni derivati alla appellante dall’affidamento, in regime di privativa, del servizio pubblico del trasporto funebre nel Comune stesso per gli anni 20002006, ritiene opportuno disporre, con separata ordinanza ai sensi degli artt. 19 e 67 del c.p.a., la nomina di un Consulente Tecnico d’Ufficio al fine di accertare, in contraddittorio delle parti, sulla base della complessiva documentazione acquisita e dallo stesso acquisibile, quanto a detto titolo dovuto.

10.- L’udienza per l’ulteriore seguito della causa sarà fissata su istanza di parte dopo la conclusione della disposta consulenza tecnica d’ufficio.

11.- Rinvia al definitivo quanto a spese ed onorari.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, non definitivamente decidendo, respinge in parte l’appello in esame, come da motivazione; dispone con separata ordinanza, ai sensi degli artt. 19 e 67 del c.p.a., la nomina di un Consulente Tecnico d’Ufficio per accertare, in contraddittorio delle parti, sulla base della complessiva documentazione acquisita e dallo stesso acquisibile, quanto dovuto a titolo di risarcimento dei danni derivati alla appellante dall’affidamento, in regime di privativa, del servizio pubblico del trasporto funebre nel Comune di Trieste per gli anni 20002006.

L’udienza per l’ulteriore seguito della causa sarà fissata su istanza di parte dopo la conclusione della disposta C.T.U..

Rinvia al definitivo quanto alle spese ed onorari.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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