Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-01-2011) 21-06-2011, n. 24778 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

volgimento del processo

1. Con ordinanza del 20 luglio 2010 il Tribunale di sorveglianza di Bologna, provvedendo sulle istanze proposte da C.G., condannato con sentenza del 23 aprile 2004 della Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria alla pena di anni trenta di reclusione, – ha ratificato il decreto emesso, ai sensi dell’art. 684 cod. proc. pen., dal Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia in data 8 luglio 2010, con il quale era stato disposto il differimento provvisorio dell’esecuzione della pena fino alla decisione di competenza del Tribunale;

– ha rigettato l’istanza di rinvio dell’esecuzione della pena;

– ha ammesso l’istante alla detenzione domiciliare per la durata di un mese, allo stesso ordinando di non allontanarsi dall’unità operativa di cardiologia clinica riabilitativa dell’azienda ospedaliera Bianchi-Malacrino-Morelli, sita in (OMISSIS), senza l’autorizzazione del competente Magistrato di sorveglianza, con l’osservanza delle prescrizioni cui veniva sottoposto.

Il Tribunale argomentava la decisione rilevando che, sulla base delle risultanze della consulenza di ufficio del prof. Ca.

A., le condizioni di salute del richiedente apparivano, allo stato, incompatibili con il regime detentivo intramurario "quantomeno in senso relativo ai sensi dell’art. 147 cod. pen.", avendo il consulente segnalato un elevato rischio di mortalità, sia per morte improvvisa e inattesa su base aritmica, sia per aggravamento delle condizioni di scompenso cardiaco già presenti. Tali rilievi facevano apparire condivisibile la valutazione del Magistrato di sorveglianza in merito alla rilevanza della severa diagnosi, nonostante l’atteggiamento "fortemente ostruzionistico e strumentale" dell’istante.

Secondo il Tribunale, tuttavia, ricorreva l’ipotesi di cui all’art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. Pen., tenuto conto della personalità del condannato, desumibile dalla natura del reato commesso, dalla informativa della P.S. di (OMISSIS) e dalla nota della Direzione Nazionale Antimafia del (OMISSIS), e della entità della pena residua.

La circostanza che il condannato aveva già preso contatti con l’azienda ospedaliera di (OMISSIS) e che non vi era attestazione medica dell’assenza di pericolo per lo stesso a effettuare nuovamente un lungo viaggio, unitamente al rilievo dell’assenza di indagini U.E.P.E. sulla idoneità del domicilio indicato e della sussistenza di allarmanti informazioni di P.S., giustificavano l’ammissione del predetto alla detenzione domiciliare in struttura pubblica, con possibilità di eventuali visite in struttura privata accreditata, per la durata di un mese al fine di verificare l’effettiva intenzione del condannato di curarsi e di sottoporsi agli interventi indicati dal perito.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, C., il quale ne chiede l’annullamento sulla base di unico motivo con il quale denuncia violazione di legge per inosservanza o erronea applicazione dell’art. 147 c.p., comma 1, n. 2 e carenza della motivazione.

Secondo il ricorrente, in particolare, il Tribunale non ha valutato l’esito della perizia, che ha concluso per la necessità di differire la pena per grave infermità e per la necessità di un periodo di tre mesi di convalescenza e riabilitazione dopo gli interventi chirurgici, nè ha tenuto conto della relazione della Direzione sanitaria della Casa di reclusione di (OMISSIS), che ha parlato di grave rischio per la vita, delle ragioni della disposta provvisoria sospensione dell’esecuzione della pena e della comunicazione dell’Unità operativa di cardiologia dell’Ospedale di (OMISSIS) in merito alla necessità del ricovero presso un centro altamente specializzato.

Nè, ad avviso del ricorrente, il Tribunale, nel valutare l’esistenza o meno dei requisiti per la concessione del chiesto differimento, doveva valutare la sua personalità, essendo, invece, fondamentale la valutazione critica della gravità delle condizioni di salute denunciate dal perito e l’indicazione delle ragioni per le quali le stesse non erano ritenute sufficienti in rapporto al chiesto beneficio.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Questa Corte ha più volte affermato che la possibilità di ammettere il condannato alla detenzione domiciliare, "quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli artt. 146 e 147 c.p.", è prevista dall’art. 47-ter, comma 1-ter, dell’ordinamento penitenziario, dopo la modifica introdotta dalla L. 27 maggio 1998, n. 165, art. 4, comma 1, lett. a), come alternativa alla pura e semplice sospensione della esecuzione della pena (tra le altre, Sez. 1, n. 656 del 28/01/2000, dep. dep. 06/03/2000, Ranieri, Rv. 215494; Sez. 1, n. 25691 del 20/05/2004, dep. 08/06/2004, Trjkovic, Rv. 228144; Sez. 1, n. 45758 del 14/11/2007, dep. 06/12/2007, De Witt, Rv. 238140; Sez. 1, n. 28555 del 18/06/2008, dep. 10/07/2008, Graziano, Rv. 240602; Sez. 1, n. 26806 del 27/05/2008, dep. 03/07/2008, Nunnari, Rv. 240867; Sez. 1, n. 27313 del 24/06/2008, dep. 04/07/2008, Commisso, Rv. 240877;

Sez. 1, n. 22373 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, Aquino, Rv.

244132).

Mirando tale possibilità a soddisfare l’esigenza che, in determinati casi, valutabili secondo il prudente apprezzamento del giudice, l’esecuzione della pena prosegua, invece di essere sospesa, nelle forme della detenzione domiciliare, si è osservato che la valutazione da farsi da parte del tribunale di sorveglianza deve essere duplice. In particolare, la prima valutazione deve attenere alla verifica della sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per disporre il differimento, e la seconda alla verifica della ricorrenza di ragioni particolari per disporre l’applicazione della detenzione domiciliare, in alternativa alla sospensione dell’esecuzione.

Tra le ragioni particolari, la cui individuazione in assenza di parametri normativi di riferimento è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, devono essere ricomprese tutte quelle che abbiano una certa pregnanza, al fine della scelta dell’istituto da applicare, sul piano delle caratteristiche del reo e delle sue condizioni personali e familiari (tra cui età, condizioni di salute, esistenza o meno di garanzie di affidabilità, pericolosità sociale, compatibilità degli interventi terapeutici con il regime carcerario, ecc.), o sul piano della gravità e durata della pena da scontare.

3. Di tali condivisibili principi è stata fatta, nel caso di specie, esatta interpretazione e corretta applicazione.

Il Tribunale ha, infatti, ritenuto che le condizioni di salute del C., evidenziate nella loro gravità dal perito di ufficio, erano incompatibili con il regime detentivo intramurario quantomeno ai sensi dell’art. 147 cod. pen., argomentando anche in merito alla non ostatività alla severa diagnosi, già rilevata dal Magistrato di sorveglianza, dell’atteggiamento del condannato "fortemente ostruzionistico e strumentale". 3.1. Il Tribunale ha, tuttavia, ritenuto con argomentazioni logiche e congrue rispetto ai dati fattuali disponibili, tra loro logicamente correlati e fondati sugli esiti degli accertamenti svolti, che ricorressero le ragioni per ricondurre il caso all’ipotesi di cui all’art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. Pen. e disporre, per l’effetto, la detenzione domiciliare, in luogo del rinvio della esecuzione della pena, osservando che le patologie da cui era affetto il C. potevano essere adeguatamente curate in costanza di regime detentivo domiciliare presso l’unità operativa di cardiologia clinica riabilitativa dell’azienda ospedaliera di (OMISSIS), con la quale il predetto aveva già preso contatti, in difetto di attestazione medica dell’assenza di pericolo per lo stesso di affrontare un lungo viaggio per l’alternativa detenzione domiciliare in struttura sanitaria milanese e di accertamenti della idoneità del domicilio indicato.

Si è dato, nello stesso tempo, adeguato conto della presenza di indicatori di particolare pericolosità sociale emergenti sia dalla personalità del condannato (elemento di spicco della ‘ndrangheta, resosi latitante), avendo riguardo alla natura dei reati commessi (tentato omicidio, associazione per delinquere di stampo mafioso, e altro) e agli esiti della informativa della P.S. di (OMISSIS) e della nota della Direzione Nazionale Antimafia del (OMISSIS) (segnalante la prosecuzione dell’attività criminosa della cosca di riferimento), sia dalla entità della pena residua.

Alla luce di detti rilievi il Tribunale, con motivazione puntuale, argomentata ed esauriente, ha ravvisato la necessità di predisporre cautele particolarmente rigorose per contenere la pericolosità sociale del condannato, e di verificare, attraverso la delimitazione temporale in un mese della durata della misura alternativa, l’effettiva intenzione del medesimo, avuto riguardo al suo atteggiamento, di curarsi e sottoporsi agli interventi necessari.

4. Le doglianze difensive, che si fondano sulla ritenuta necessità della valutazione da parte del Tribunale limitata alla gravità delle condizioni di salute del ricorrente denunciate dal perito, senza estendersi alla sua personalità, e sulla necessitata concessione del differimento della pena per la grave infermità, non tengono conto dei principi suddetti e della ratio che li sottende.

Esse, inoltre, lamentando l’omessa verifica da parte del Tribunale della compatibilità della severità del quadro clinico con la detenzione domiciliare a termine, dell’idoneità della struttura ospedaliera alla gravità della situazione e della sufficienza del prefissato periodo di un mese per l’intervento chirurgico e la successiva riabilitazione, si risolvono, pur rappresentate come vizi della motivazione, in censure di merito, miranti a opporre una rilettura in diversa prospettiva logica dei dati fattuali e degli elementi probatori coerentemente esaminati e valutati dal giudice di merito, estranee alla previsione dell’art. 606 c.p.p., comma 1 e, pertanto, inammissibili ai sensi del comma 3 dello stesso articolo.

5. Conseguono la declaratoria dell’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma che si determina nella misura ritenuta congrua di Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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