Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-01-2011) 21-06-2011, n. 24777 Sanzioni sostitutive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 25 maggio 2009 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pisa, in funzione di giudice dell’esecuzione, investito dalla segnalazione del Magistrato di sorveglianza di Pisa, che aveva rilevato l’erronea indicazione della misura sostitutiva della libertà controllata applicata a C. V. con la sentenza emessa, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., il 5 marzo 2008, irrevocabile il 28 aprile 2008, ha disposto la correzione di detta sentenza nel senso di sostituire l’espressione "sostituisce la pena detentiva come sopra infiitta con quella della libertà controllata per un periodo di pari durata" con l’espressione "sostituisce la pena detentiva come sopra inflitta con quella della libertà controllata per un periodo di mesi ventidue".

Il Giudice argomentava la decisione ritenendo, contrariamente alle eccezioni della difesa, che:

– alla correzione poteva provvedere anche d’ufficio il giudice che aveva emesso il provvedimento, avuto riguardo alla previsione generale di cui all’art. 130 cod. proc. pen. e al rinvio effettuato alla procedura prevista dall’art. 127 cod. proc. pen.;

– l’individuazione della pena sostitutiva applicabile aveva esaurito il potere discrezionale del giudice al momento della decisione, dovendo la durata della stessa essere adeguata ai criteri di conversione prestabiliti alla L. n. 689 del 1981, art. 57 in maniera automatica;

– la quantificazione della pena sostitutiva, avvenuta nella specie secondo criteri diversi, giustificava la correzione, non venendo in considerazione nè una modifica del contenuto sostanziale della decisione nè un intervento in funzione interpretativa o correttiva del dispositivo.

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, C.V., che ne chiede l’annullamento sulla base di due motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 666 c.p.p., comma 3, sul rilievo che il procedimento di esecuzione è iniziato su istanza del Magistrato di sorveglianza, e non su richiesta del Pubblico Ministero, dell’interessato o del difensore.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 130 cod. proc. pen. per inammissibilità, improcedibilità e/o carenza dei presupposti di legge della procedura e violazione del principio generale di intangibilità del giudicato, sul rilievo che il procedimento di correzione non è esperibile per modificare un aspetto essenziale della decisione e che tale è da ritenere l’aumento della durata della sanzione sostitutiva della libertà controllata, indicata in undici mesi dalla sentenza del 5 marzo 2008, irrevocabile il 28 aprile 2008. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso, attesa razionabilità d’ufficio della procedura di correzione dell’errore materiale e avuto riguardo alla esperibilità della stessa quando la modifica dell’atto consegue alla mera applicazione di un effetto determinato ex lege.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Quanto al primo motivo si osserva che il provvedimento impugnato è stato emesso dal Giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., all’esito della procedura adottata a norma dell’art. 127 cod. proc. pen., cui espressamente rinvia il secondo comma dello stesso art. 130.

La competenza del giudice a conoscere circa l’emendabilità dell’errore contenuto nel provvedimento da lui stesso emesso, in procedura azionabile d’ufficio (Sez. 6, n. 3845 del 16/12/1996, dep. 28/04/1997, Mancini M., Rv. 208107), trova il suo univoco fondamento normativo nella previsione della procedura volta a tale specifica funzione (Sez. 3, n. 49400 del 18/11/2009, dep. 22/12/2009, P.G. in proc. Bitri, Rv. 245713).

La deduzione del ricorrente della necessaria iniziativa del pubblico ministero, dell’interessato o del difensore (del necessario impulso di parte) ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 1, nel procedimento promosso dal Giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 3, si pone in evidente contrasto con la funzione e la struttura della specifica procedura, normativamente prevista e concretamente adottata.

3. Anche il secondo motivo è destituito di fondamento.

A norma dell’art. 57, comma 3, legge 24 novembre 1981, n. 689, al fine della determinazione della durata della pena sostitutiva della libertà controllata "un giorno di pena detentiva equivale … a due giorni di libertà controllata".

Tale criterio di ragguaglio, predeterminato per legge, non prevede l’esercizio di alcun potere discrezionale da parte del giudice, cui è demandata, invece, una valutazione discrezionale nella fase della sostituzione della pena detentiva, della scelta della pena sostitutiva più idonea al reinserimento sociale del condannato, della prognosi del presumibile adempimento delle prescrizioni e della verifica delle condizioni soggettive per la sostituzione (Sez. 1, n. 6521 del 12/12/1995, dep. 19/01/1996, Mandatiti, Rv. 203358).

L’automaticità del ragguaglio è resa evidente anche dal disposto dell’art. 61 della stessa Legge che prevede la necessaria indicazione, nel dispositivo della sentenza di condanna, della specie e della durata della pena detentiva sostituita, tra l’altro, con la libertà controllata, e non della durata della pena sostitutiva.

3.1. Alla stregua di tali rilievi la durata della pena sostitutiva, avvenuta nella specie secondo criteri diversi da quelli imposti in modo predeterminato, è da ritenere determinata da errore materiale rettificabile con l’azionata procedura di correzione, non implicando l’applicazione del corretto criterio di ragguaglio della durata della pena sostitutiva, l’esercizio di alcun potere valutativo, interpretativo o correttivo del giudice dell’esecuzione incidente sul contenuto intangibile della decisione assunta e in vasi vo della sfera di competenza del giudice della cognizione e della impugnazione.

4. Il ricorso va pertanto rigettato.

Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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