T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 24-06-2011, n. 5634Motivazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il ricorrente, attualmente consigliere della Corte d’Appello di Bari, ha maturato il diritto ad essere valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione a partire dal 19 marzo 2003, data di compimento del periodo di valutazione decorrente dal 19 marzo 1996.

Dopo avere ricevuto il parere favorevole alla nomina a magistrato di Cassazione, espresso in data 2 aprile 2003 dal Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello di Lecce, con verbale n. 848 del 27 maggio 2003, la IV Commissione del C.S.M. deliberò di "sospendere la trattazione della pratica, in attesa della definizione dei procedimenti disciplinari a carico del predetto magistrato".

La sospensione era da collegarsi alla circostanza per cui, nella seconda parte del periodo di valutazione, a carico del dr. G., erano stati instaurati due procedimenti disciplinari e, precisamente:

– il primo disciplinare (c.d. "vicenda e – mail’) ha riguardato l’invio, in data 23.10.2001, nell’ambito della sua partecipazione ad una corrispondenza telematica in mailing list riservata, di una e – mail ironica sul Presidente del Consiglio on. Berlusconi, fatto il quale il dr. G. è stato giudicato insieme al collega Roberto Aniello, come lui incolpato per l’invio di una e – mail analoga alla stessa mailing list riservata, e, come lui, assolto con sentenza del 2 dicembre 2005, divenuta definitiva.

Parte ricorrente sottolinea che detta vicenda, non ha lasciato alcun segno sulla carriera del dr. Aniello, che, con delibera del 12 giugno 2002, in pratica nr. 6691, iscritta all’Odg nr 1542, il CSM ha riconosciuto idoneo a essere ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione, stabilendo espressamente che il fatto da cui è scaturita l’incolpazione, "non attiene al profilo professionale del dr. Aniello";

– il secondo disciplinare (c.d. "vicenda C.d.C.") è stato instaurato a seguito dell’accusa mossa da due colleghe componenti il Tribunale del Riesame, secondo la quale il dr. G., nella qualità di Presidente del Collego, e di estensore del provvedimento, avrebbe sovvertito la decisione assunta all’esito della camera di consiglio del 28 giugno 2002, disponendo la scarcerazione di una indagata, in luogo della conferma dell’ordinanza di custodia in carcere, decisa dal Collegio.

Inoltre, avrebbe deliberato su tre posizioni processuali, senza la previa effettuazione della CdC.

Per tali vicende, con sentenza confermata dalla Corte di Cassazione in data 22.4 – 23.9.2009, il ricorrente è stato condannato ai sensi dell’art. 479 c.p., alla pena di anni uno e mesi due di reclusione, con doppi benefici di legge.

In sede disciplinare, il relativo procedimento è ancora pendente, atteso che, avverso la condanna alla perdita di due anni di anzianità, deliberata con sentenza dell’8 gennaio 2010 della sezione disciplinare del C.S.M., il dr. G. ha proposto ricorso per cassazione in data 6.5.2010.

Parte ricorrente fa peraltro notare che, nel parere reso dal Consiglio Giudiziario di Lecce in data 2 aprile 2003, viene sottolineata la "serenità di condotta con la quale il dr. G. attende l’esito delle sue recenti dolorose vicende professionali", nonché, inoltre "la sua integrità morale, mai messa in discussione (…)", concludendosi in senso favorevole, come già evidenziato, alla sua nomina a magistrato di cassazione.

E’ però accaduto che il CSM, nell’ultima seduta di Plenum utile prima dell’insediamento dell’organo nella sua nuova e attuale compagine, senza più attendere l’esito definitivo del secondo disciplinare, ha deliberato sulla valutazione di professionalità, dichiarando il dr. G. non idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione e del contestuale conferimento di un ufficio corrispondente a tali funzioni, ai sensi della legge 20 dicembre 1973, n. 831. Di conseguenza, non gli ha riconosciuto, a ogni effetto giuridico ed economico, il positivo conseguimento della quinta valutazione di professionalità a partire dal 19.3.2002, ma solo la quarta valutazione a decorrere dal 19.3.1999.

Il dr. G. sottolinea però che a fondamento della contestata decisione, il Consiglio ha posto entrambi i fatti di cui si è detto, in quanto espressione di condotte capaci di incidere "gravemente" su entrambi i profili dell’equilibrio e dell’imparzialità, assunti dal C.S.M. quali "prerequisiti" di valutazione.

Questi i motivi di censura:

1) Violazione principi generali in ordine allo svolgimento dei giudizi valutativi in pendenza di procedimenti disciplinari. Violazione artt. 3 e 21 -quinquies l. n. 241/90. Contraddittorietà e illogicità manifesta. Difetto assoluto di motivazione.

Il CSM ha immotivatamente ribaltato la decisione di sospensione del 27 maggio 2003, in spregio ai principi in punto di revoca e di contrarius actus.

2) Violazione e falsa applicazione punti 1.2. e 2.1. capo XX circolare CSM prot. n. 20691 del 4 – 8 ottobre 2007. Violazione capo II, punto 1); capo III, punto B), nr. 9 e punto B) nr. 20 – 22); punto D), nr. 2728) circolare CSM n. P1275/1085 del 22 maggio 1985. Falsa ed erronea presupposizione. Violazione dei principi generali in materia di autovincolo e di predefinizione dei criteri nei giudizi valuativi. Sviamento.

Alla stregua delle disposizioni transitorie di cui alla circolare in epigrafe, il CSM era tenuto ad applicare la circolare n. P – 1275/1985 del 22.5.1985.

Tali disposizioni enfatizzano, tra i parametri di valutazione per la nomina a magistrato di cassazione, quella della "preparazione e capacità tecnico – professionale, laboriosità e diligenza, precedenti relativi al servizio prestato", con ciò conferendo un minor peso all’equilibrio (capo III, punto D, n. 27). Inoltre, solo a specificazione dei requisiti della "preparazione e capacità" del magistrato (e, dunque, solo in via mediata e indiretta), la circolare del 1985 ha fatto l’unico riferimento testuale all’imparzialità, di cui offre una scarna definizione, per la ragione che la considera, insieme all’indipendenza, come un pre – requisito di valutazione (capo II, punto I) "essenziali elementi di valutazione dell’attività professionale del magistrato".

Differente è il contesto valutativo delineato dalla successiva circolare 2007, che, ispirata all’intento di una più analitica verifica della professionalità del magistrato, ridefinisce e amplia sia la gamma dei parametri di valutazione che quella dei prerequisiti, già previsti nella circolare del 1985.

A questo fine la circolare include:

– al capo IV, tra i primi (parametri), accanto agli originari "capacità" e "diligenzà della circolare del 1985, anche la "laboriosità" e "impegno’;

– al capo III, tra i secondi (prerequisiti), accanto agli originari "indipendenzà e "imparzialità" del 1985, anche l’equilibrio, cioè un elemento considerato invece dalla circolare del 1985 come uno dei parametri di valutazione.

Nel caso di specie è però accaduto che il CSM abbia di fatto applicato la più recente circolare del 2007, senza neppure richiamare la circolare del 1985, cui invece si doveva attenere.

In particolare, mentre sono stati ritenuti ampiamente positivi gli elementi di valutazione relativi a capacità, competenza, diligenza e laboriosità, così richiamando due parametri (quali laboriosità ed impegno) previsti dalla circolare del 2007, ma non da quella del 1985, ha invece ritenuto carente il ricorrente "dei prerequisiti dell’imparzialità e dell’equilibrio", configurando l’equilibrio, che nella circolare del 1985 è "parametrò di valutazione, come prerequisito della stessa, secondo quanto prevede solo la circolare del 2007.

Il transito di un elemento valutativo dall’originario novero dei "parametrì a quello dei pre – requisiti, ha aggravato la posizione del ricorrente, con conseguente distorsione del giudizio sulla professionalità.

3) Violazione capo XVIII circolare CSM n. 20691 del 48 ottobre 2007. Violazione artt. 1 e 3 l. n. 241/90.

Nell’ipotesi in cui sia stata effettivamente applicata la circolare del 2007, il dr. G. lamenta la violazione delle specifiche garanzie procedurali ivi previste, in caso di prima valutazione negativa.

4) Difetto assoluto di motivazione e di istruttoria. Violazione e falsa applicazione capo II, nn. 2 e 3; Capo III, punto B) nr. 9 e 20 Circolare CSM n. P1275/1985 del 22 maggio 1985 e Capo II, punto 6 e Capo III, punti 3 e 4 circolare CSM n. 20691 del 4 – 8 ottobre 2007. Illegittimo accantonamento parere C.G. di Lecce. Violazione di principi generali in tema di giudizi valutativi ed esito negativo. Contraddittorietà, illogicità e falsa presupposizione. Disparità di trattamento e ingiustizia manifesta. Sviamento.

Con riferimento alla mancanza di equilibrio/imparzialità, riferita alla "vicenda email’ parte ricorrente fa rilevare un assoluto difetto di motivazione rispetto ad una condotta per la quale vi era stata, in sede disciplinare, l’assoluzione del dr. G..

Inoltre, a parità di posizione, il medesimo fatto è stato considerato per il dr. G. quale indice della mancanza di due pre – requisiti, mentre per il dr. Aniello è stato ritenuto ictu oculi insuscettibile di incidere sulla relativa valutazione di professionalità, senza necessità di attenderne l’assoluzione, poi conseguita insieme con il ricorrente a seguito della successiva incolpazione.

La circolare del 1985 fa peraltro obbligo al CSM di prescindere nella valutazione "dagli orientamenti ideologici dei magistrati, anche se emergenti da provvedimenti giudiziari", e dunque a maggior ragione se manifestati non solo al di fuori di essi, ma, per di più, in ambito privato, come accaduto nella "vicenda e – mail’.

Del resto, anche la circolare del 2007, ove in ipotesi ritenuta applicabile, ribadisce l’irrilevanza della condotta privata e degli orientamenti ideologici (capo II, punto 6) e ancora in modo indefettibile la valutazione dell’equilibrio al solo esercizio della giurisdizione.

Parte ricorrente ricorda inoltre che la natura di corrispondenza privata dei messaggi inviati alle mailing list e la inutilizzabilità degli stessi in pregiudizio disciplinare, o di altro genere, del dipendente, è stata affermata da TAR Lazio, sez. I^ – ter, nr. 9425, relativa all’impugnazione di un formale atto di deplorazione, emesso dall’amministrazione nei confronti di un diplomatico che aveva inviato ad una mailing list un messaggio ritenuto non corretto.

Relativamente alla vicenda CdC, e ad alla mancanza di equilibrio di cui la stessa sarebbe sintomatica, il CSM ha in primo luogo ritenuto che il parere positivo espresso dal Consiglio giudiziario di Lecce fosse irrilevante per il fatto di essere stato formulato in epoca in cui i fatti addebitati al ricorrente non erano ancora stati accertati in sede penale in via definitiva.

Detto parere, contiene però una dettagliata e specifica attestazione dell’assoluto equilibrio e serenità tenuti dal ricorrente anche nei terribili mesi intercorrenti tra la presentazione della denuncia nei suoi confronti e la sospensione.

Il CSM ha poi fondato il giudizio negativo esclusivamente sul richiamo al mero esito del giudizio penale, dal quale ha fatto meccanicamente derivare l’irrilevanza del parere del Consiglio Giudiziario.

Quanto all’addebito di mancanza di imparzialità, non sono stati messi in evidenza condizionamenti o vincoli idonei a limitare l’esercizio dell’attività giudiziaria (secondo la definizione di imparzialità che si trae dal capo III, punto B), nr. 9 della ricordata circolare del 1985, applicabile al caso di specie). Né comunque, anche a volere fare applicazione della circolare del 2007, si comprende sotto quale profilo la "vicenda CdC" denoterebbe assenza di imparzialità nel senso dalla stessa definitivo di "esercizio della giurisdizione condotto in modo non obiettivo ed equo rispetto alle parti".

Parte ricorrente evidenzia che, in caso analogo, relativo alla nomina a magistrato di cassazione del dr. Pietro Lisa, condannato in sede penale per analoga imputazione, il CSM ha rilevato non già il difetto di imparzialità, bensì del solo equilibrio.

5) Violazione e falsa applicazione art. 21 R.D. lgs. 31 maggio 1946, n. 511 ("Guarentigie della magistratura"). Disparità di trattamento sotto ulteriore profilo. Sviamento. Illegittimità derivata.

A seguito della "vicenda CdC" il dr. G. è stato sospeso in via cautelare dalle funzioni e dal servizio dal 21 febbraio 2003 sino al 20 dicembre 2005. E’ stato inoltre condannato in sede disciplinare, in via non definitiva, alla perdita dell’anzianità di due anni. La stessa conclusione ha avuto il giudizio disciplinare per fatto analogo a carico del già citato dr. Lisa. Nel caso del ricorrente, però, il CSM non ha atteso l’esito definitivo del giudizio disciplinare.

Al riguardo il dr. G. evidenzia che, se avesse atteso l’esito definitivo del disciplinare, l’Organo di autogoverno avrebbe dovuto prolungare il periodo di valutazione "naturalè di 7 anni (19.3.1996 – 19.3.2003) di altri due anni – pari alla durata della sanzione disciplinare della sospensione dell’anzianità inflitta al dr. G. all’esito della sentenza disciplinare, ove divenuta definitiva, così computando il periodo di valutazione nell’arco temporale che va dal 19.3.1996 al 19.3.2005 (e cioè 19.3.1996 – 19.3.2003 + 2= 19.3.2005). Ciò in ossequio a quanto dispone l’art. 21, comma 4, r.d.lgs. n. 511/46, secondo cui "la perdità dell’anzianità…ha per effetto il ritardo, di durata corrispondente a quella della sanzione inflitta…nelle promozioni".

Pertanto, il successivo periodo di valutazione del dr. G. decorrerà non già dal 19.3.2005, sino al 19.3.2008, bensì dal 19.3.2003 al 19.3.2006. Periodo questo, in relazione al quale il CSM ha già richiesto al Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello di Bari, di esprimere il parere in ordine alla nuova valutazione ai fini della nomina a magistrato di cassazione del dr. G..

In tale modo, ritiene parte ricorrente, egli si trova esposto ad una possibile, nuova valutazione negativa di professionalità, atteso che, per gran parte del periodo 19.3.2003 – 19.3.2006, egli si trovava sospeso dal servizio, e non era quindi valutabile, laddove, se si prendesse a riferimento il diverso periodo 19.3.2005 – 19.3.2008, il periodo di sospensione risulterebbe quantitativamente marginale.

A ciò si aggiunga che, divenendo, in ipotesi, definitiva, la condanna disciplinare a due anni di perdita di anzianità sarà esplicitamente valutata in occasione del nuovo periodo di valutazione in cui verrà a cadere, con un iniquo effetto – domino che fa strame del diritto del magistrato di vedere valutato una volta sola il fatto oggetto della condanna disciplinare, senza cioè essere sottoposto ad un indefinito, e tendenzialmente perpetuo, periodo di osservazione.

Si sono costituite, per resistere, le amministrazioni intimate.

Le parti hanno depositato memorie.

Il ricorso è stato assunto in decisione, alla pubblica udienza dell’11 maggio 2011.

Motivi della decisione

1. Con la delibera impugna, il C.S.M. ha provveduto a valutare il dr. V.G., ai fini della nomina a magistrato di Cassazione ai sensi della l. 20 dicembre 1973, n. 831, e per "il conseguente riconoscimento, ad ogni effetto giuridico ed economico, del positivo conseguimento della quarta e quinta valutazione di professionalità rispettivamente a far data dal 19.3.1999 e dal 19.3.2003 (periodo in valutazione dal 19.3.1996 al 19.3.2003)".

A tale arco temporale, risalgono alcuni fatti rilevanti sul piano disciplinare i quali, nella delibera, vengono così sintetizzati.

Il primo disciplinare, del 2 dicembre 2005, si è concluso con l’assoluzione con la formula perché il fatto non costituisce illecito disciplinare con riferimento alla prima incolpazione e perché l’azione disciplinare non è stata promossa nei termini di legge avuto riguardo alla seconda incolpazione.

La vicenda fa riferimento ad una e – mail dal contenuto ironico nei confronti del Presidente del Consiglio, on. Berlusconi, inviata ad una c.d. "mailing list" collegata al movimento associativo dei magistrati ordinari denominato "Movimenti per la Giustizia".

E’ inoltre risultato che il magistrato reiterava interamente dette dichiarazioni confermandole nel corso di una intervista rilasciata ad un giornale locale il 24.11.2001.

Successivamente, in data 20.4.2002, in un messaggio inviato ad una lista di posta elettronica attivata sul web dell’associazione di magistrati ordinari "Magistratura democratica" e "Movimenti per la Giustizia", richiamava un proprio precedente messaggio inviato ad altra mailing – list avente carattere censorio e denigratorio nei confronti del Presidente del Consiglio.

Giova qui richiamare, per quanto occorrer possa, i passaggi più rilevanti di detta sentenza, nella quale la Sezione disciplinare rilevava che "non è qui in rilievo (…) il contenuto critico insito nelle affermazioni riportate e l’impatto che esso può avere avuto sull’opinione pubblica – che (…) nasce da una forma di pubblicità non voluta degli autori dei messaggi – ma il tono e le modalità di espressione del giudizio formulato, atteso che pur nell’ambito di un circuito personale circoscritto, come quello di una mailing list, il magistrato è pur sempre tenuto a quei doveri di correttezza, misura ed equilibrio che deve caratterizzare anche nel privato i suoi comportamenti. Dalla lettura dei messaggi (…) tali limiti risultano superati non solo per la terminologia utilizzata (…) ma per il tono complessivamente esuberante e sarcastico (e non solo umoristico o satirico) risultante dalla lettura del messaggio. Ritiene tuttavia il Collegio che detti comportamenti non fossero assistiti dall’elemento psicologico necessario a determinarne l’attribuzione sul piano soggettivo. La già rilevata consapevolezza di rivolgere i loro messaggi ad un circolo chiuso e limitato di lettori aveva indubbiamente allentato sul piano espressivo la loro capacità di autocontrollo, facendo loro inconsapevolmente superare il limite deontologico della correttezza, della misura e dell’equilibrio (…)".

Il secondo disciplinare, conclusosi con sentenza 8 gennaio 2010 (all’epoca non definitiva, in quanto impugnata il 6 maggio dello stesso anno), ha portato alla condanna del dr. G. alla perdita dell’anzianità per anni due per avere, quale Presidente del Tribunale di riesame, nonché estensore del provvedimento, scarcerato alcuni personaggi in accoglimento delle richieste della difesa allorquando la decisione del collegio all’esito della camera di consiglio del 28 giugno 2002 era stata viceversa di confermare l’ordinanza cautelare in carcere. Per tale ragione egli ha anche subito condanna penale ad anni uno e mesi due di reclusione per il reato di cui all’art. 479 c.p., divenuta irrevocabile il 23 settembre 2009, a seguito di sentenza della Corte di Cassazione.

Vengono quindi richiamate le precedenti valutazioni di professionalità, nonché riportato il parere, ampiamente favorevole, del Consiglio Giudiziario di Lecce del 2 aprile 2003, il quale, relativamente alla vicenda disciplinare di cui si è appena riferito, ed, in particolare, in rapporto all’allora appena disposta sospensione cautelare dalle funzioni e dal servizio, dichiarava espressamente di non potere entrare "nel merito di fatti sommariamente assunti dalla (…) Sezione disciplinare, tanto più che gli addebiti in attesa di un loro definitivo accertamento non possono essere inseriti nel fascicolo d’ufficio per una loro valutazione a fini diversi da quelli disciplinari".

Il CSM, dal canto suo, osserva che nonostante siffatto parere positivo, il dr. G. non può essere nominato magistrato di Cassazione, rilevando, in primo luogo come l’Organo locale si sia espresso dopo la sospensione cautelare dallo stipendio e dalle funzioni, ma prima del deposito della motivazione della relativa ordinanza, allorquando non vi era stato l’accertamento penale e quello disciplinare. Detto parere è stato perciò ritenuto carente "dei dati di fatto (e delle conseguenze giuridiche di detti fatti) oggi nella disponibilità del Consiglio".

In particolare, l’accertamento "incontestabile dei fatti che si è tradotto in una condanna penale (definitiva) ed in una condanna disciplinare (non definitiva) del dr. G., rimanda ad una carenza dei prerequisiti dell’imparzialità e dell’equilibrio che non consentono di ritenere l’odierno scrutinato idoneo ad essere ulteriormente valutato per il conferimento delle funzioni direttive superiori". A tal fine vengono riportati alcuni brani delle pronunce disciplinari, ed in particolare quello della sentenza resa in data 8 gennaio 2010, secondo cui il dr. G. è incorso in una "profonda violazione dei propri fondamentali doveri di magistrato (correttezza ed imparzialità) sanciti dall’art. 18 del r.d.lgs n. 511 del 1946, proprio in quanto, come è stato condivisibilmente espresso anche in sede penale, espressione di una negazione delle basilari regole di giudizio che sono la garanzia della giurisdizione e l’essenza stessa dell’esercizio della relativa funzione (…).

Il CSM conclude che "detta condotta, così come quella che ha determinato la sezione disciplinare ad una sentenza di assoluzione dall’accusa della violazione di regole deontologiche connesse alla partecipazione a corrispondenza telematica in mailing list riservata, sono state tenute tutte nella seconda parte del periodo in valutazione, ed hanno inciso gravemente sul prerequisito dell’equilibrio e dell’imparzialità". Peraltro, la circostanza che "nel primo triennio del periodo in valutazione, ovvero tra il 19.3.1996 e il 19.3.1999, non siano state commesse violazioni disciplinari e che tutti gli altri elementi di valutazione in punto di capacità, competenza, diligenza e laboriosità siano ampiamente positivi, induce il Consigli a riconoscere al dr. G. la quarta valutazione di professionalità in relazione a detto triennio".

1.1. Giova altresì richiamare alcuni passaggi della circolare n. 2061 dell’8 ottobre 2007, con la quale C.S.M. ha dettato "Nuovi criteri per la valutazione di professionalità dei magistrati a seguito della legge 30 luglio 2007, n. 111, recante Modifiche alle norme sull’Ordinamento giudiziario".

Per quanto qui interessa, il Consiglio ha preso atto, innanzitutto, che le qualifiche di uditore giudiziario senza o con funzioni, di magistrato di tribunale, di magistrato di appello, di magistrato di cassazione e di magistrato idoneo alle funzioni direttive superiori non esistono più, risultando sostituite oggi da sette fasce di anzianità, maturabili ogni quadriennio, ad ognuna delle quali è collegata l’astratta idoneità ad accedere a determinate funzioni oltre che altrettante classi stipendiali.

L’applicazione dei nuovi criteri di valutazione della professionalità ha posto, inoltre, rilevanti problemi di diritto intertemporale

Il Consiglio ha così posto mano ad "una articolata disciplina transitoria, che individua un rigoroso meccanismo finalizzato al riconoscimento, ai magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della L. n. 111/2007, della valutazione di professionalità corrispondente all’anzianità effettivamente raggiunta; e si è stabilito di dare corso alle valutazioni di professionalità, al momento della maturazione del primo quadriennio utile maturato da ciascun magistrato successivamente al 30 luglio 2007.".

Inoltre, in applicazione della norma transitoria di cui all’art. 5, comma 2, della L. 30 luglio 2007, n. 111, ove è stabilito che "nei confronti dei magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, le valutazioni periodiche operano alla scadenza del primo periodo utile successivo alla predetta data, determinata utilizzando quale parametro iniziale la data del decreto di nomina come uditore giudiziario", il C.S.M ha previsto che i magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della l. 30 luglio 2007, n. 111, debbano essere sottoposti alle valutazioni quadriennali di professionalità nel momento in cui raggiungono, successivamente al 30 luglio 2007, il quarto (1°valutazione), l’ottavo (2° valutazione), il dodicesimo (3° valutazione), il sedicesimo (4° valutazione), il ventesimo (5° valutazione), il ventiquattresimo (6° valutazione) e il ventottesimo anno di servizio (7° ed ultima valutazione), a decorrere dalla data del decreto di nomina come uditore giudiziario.

In tal modo, prosegue il Consiglio, si garantisce che nell’arco del quadriennio a partire dalla data di entrata in vigore della riforma, tutti i magistrati che non abbiano superato il ventottesimo anno di servizio, e quindi la settima valutazione di professionalità, vengano valutati alla scadenza decorrente dalla legge n.111/2007.

Inoltre, al fine di evitare "una inammissibile applicazione retroattiva della nuova disciplina" è stato previsto che "per la valutazione dell’attività compiuta dal magistrato sino alla data di entrata in vigore della presente circolare" debba applicarsi "la Circolare n. P1275/1985 recante Criteri per la formulazione dei pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati; e che solo per la valutazione dell’attività posta in essere successivamente a tale data, vengano in rilievo le disposizioni previste dal D. L.vo 5 aprile 2006, n.160, e successive modifiche così come disciplinate dalla presente Circolare.".

Specifiche disposizioni sono state quindi dettate per disciplinare la definizione dei procedimenti di valutazione pendenti alla data del 31 luglio 2007.

L’Organo di autogoverno ha in particolare stabilito che i "magistrati che, al momento dell’entrata in vigore della L. n. 111/2007, avevano già maturato il diritto alla valutazione secondo le previgenti qualifiche di magistrato di tribunale, magistrato di appello, magistrato di cassazione e magistratoidoneo all’esercizio delle funzioni direttive superiori, per i quali non sia intervenuta la relativa delibera Consiliare, vengono valutati sulla base dei criteri dettati dalla Circolare n. P1275/1985 (…).La stessa disciplina si applica nel caso in cui il magistrato sia stato dichiarato non idoneo secondo le previgenti qualifiche e sia maturato il periodo biennale (per la qualifica di magistrato di tribunale e d’appello) o triennale (per le qualifiche di magistrato di cassazione e di funzioni direttive superiori) per la nuova valutazione, secondo le normative previgenti, entro la data del 31.7.2007. In caso di esito positivo, al fine di attualizzare le predette valutazioni rispetto alla vigente disciplina, la delibera – ad eccezione di quella di nomina a magistrato di tribunale – contiene specifica menzione dell’intervenuto conseguimento, rispettivamente, della terza, con relativa decorrenza atteso che non vi è coincidenza rispetto alla anzianità di servizio funzionale al conseguimento della qualifica di magistrato di appello, della quinta e della settima valutazione di professionalità.".

Infine, il riconoscimento a ciascun magistrato in servizio alla data di entrata in vigore della L. n.111/2007 della valutazione di professionalità corrispondente all’anzianità effettivamente raggiunta, in rapporto alla previsione di cui all’art. 11, D.L.vo n. 160/2006, è stato specificamente disciplinato nei termini che seguono.

Le nuove fasce di valutazione vengono riconosciute ai magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della L. n. 111/2007, "subordinatamente alla ricorrenza di specifiche condizioni legittimanti. In particolare, l’inquadramento secondo le valutazioni di professionalità previste dal D.Lvo n. 160/2006 richiede che il magistrato: non sia stato dichiarato inidoneo nell’ultima valutazione di professionalità ovvero non abbia riportato condanne disciplinari o penali passate in giudicato successivamente all’ultima valutazione di professionalità. In tali termini, si sono individuati degli specifici indicatori che consentono di adeguatamente censire i magistrati per i quali possa operare il meccanismo di riqualificazione. Ai magistrati che non rientrano in alcuna delle previsioni ora richiamate è immediatamente riconosciuta, ad ogni effetto giuridico ed economico, la corrispondente valutazione di professionalità prevista dall’art. 11, D. L.vo n. 160/2006, tenuto conto dell’anzianità di servizio maturata al 31 luglio 2007.".

Le disposizioni transitorie testé descritte risultano compendiate nel capo XX della Circolare.

In particolare, ai sensi del par. 2, recante la disciplina della "definizione dei procedimenti di valutazione pendenti alla data del 31 luglio 2007", "I magistrati che, al momento dell’entrata in vigore della L. n. 111/2007, hanno già maturato il diritto alla valutazione secondo le previgenti qualifiche di magistrato di tribunale, di magistrato di appello, di magistrato di cassazione e di magistrato idoneo all’esercizio delle funzioni direttive superiori, per i quali non sia intervenuta la relativa delibera Consiliare, sono valutati sulla base dei criteri dettati dalla Circolare n. P1275/1985 recante Criteri per la formulazione dei pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati. In tali ipotesi, i Consigli Giudiziari redigono, ove non vi abbiano già provveduto, i pareri previsti dalla Circolare n. P1275/1985. In caso di esito positivo, ad eccezione di quella di nomina a magistrato di tribunale, la delibera contiene specifica menzione dell’intervenuto conseguimento, rispettivamente, della terza, con relativa decorrenza, della quinta e della settima valutazione di professionalità.

2.2. La disposizione precedente si applica anche nel caso in cui il magistrato sia stato dichiarato non idoneo secondo le previgenti qualifiche e sia maturato il periodo biennale o triennale per la nuova valutazione entro la data del 31 luglio 2007".

Uno specifico procedimento è infine previsto per l’attribuzione ai magistrati in servizio delle nuove fasce di valutazione.

In particolare, "3.3. Ai magistrati, per i quali l’ultima valutazione di professionalità sia negativa, secondo le previgenti qualifiche, non si applica il riconoscimento delle nuove fasce di valutazione di cui al n. 3.1; essi sono sottoposti a nuova valutazione di professionalità dopo un biennio dalla scadenza del periodo oggetto di valutazione. La nuova valutazione comprende il periodo temporale decorrente dall’ultima valutazione negativa. Il Consiglio superiore procede allo scrutinio di professionalità utilizzando le diverse discipline, individuate secondo i criteri stabiliti al n. 1.2.".

2. Con un primo ordine di rilievi, parte ricorrente ha contestato la decisione del CSM di riavviare il procedimento di valutazione, nonostante la pendenza del procedimento disciplinare relativo alla c.d. "vicenda CdC", in quanto del tutto immotivata, nonché adottata in violazione delle necessarie garanzie procedimentali.

2.1. Il Collegio osserva, in primo luogo, che, in alcuna parte della innovativa normativa consiliare testé riportata è possibile rinvenire un rapporto di necessaria pregiudizialità tra la pendenza di un procedimento disciplinare e/o penale e la periodica valutazione professionale del magistrato, quest’ultima corrispondente, peraltro, ad un vero e proprio diritto dello scrutinando.

In verità, una simile regola risulta sancita in una più risalente circolare, quella del 18 dicembre 1986 nella quale veniva stabilito che la pendenza di procedimento penale e/o disciplinare determina la sospensione della "procedura per la nomina a qualifiche superiori solo se la definizione della stessa dipenda dall’accertamento dei fatti oggetto del procedimento penale e/o disciplinare".

Peraltro, incontestata la necessità che la valutazione abbia riguardo a fatti definitivamente accertati nella loro essenza storica, rileva il Collegio che, nella fattispecie, si è appunto verificato tale ultimo presupposto essendo ormai passata in giudicato la condanna penale per i medesimi fatti addebitati al dr. G. in sede disciplinare, ed in relazione ai quali, come appresso si vedrà, il Consiglio ha proceduto ad un autonomo vaglio critico.

Sotto altro profilo, come condivisibilmente rilevato dalla difesa erariale, non risulta esservi stata nemmeno violazione delle garanzie procedimentali applicabili alla fattispecie (quelle previste dall’art. 1 della l. n. 831 del 1973), in considerazione del fatto che la valutazione si è basata sui "precedenti relativi al servizio prestato", già noti al ricorrente e non già su ulteriori elementi di giudizio dei quali egli non fosse stato previamente informato.

Nel merito, inoltre, il provvedimento impugnato resiste alle censure articolate in sede giurisdizionale, di talché il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, neppure laddove parte ricorrente fosse stata posto dall’inizio in grado di rappresentare, nella sede procedimentale, gli argomenti di doglianza successivamente trasposti in questa sede.

2.2. Il dr. G. ritiene poi che, illegittimamente, il Consiglio abbia disatteso la disciplina intertemporale posta dalla circolare del 2007, la quale, per situazioni analoghe a quella di cui si verte, ha, come in precedenza riportato, prescritto che "I magistrati che, al momento dell’entrata in vigore della L. n. 111/2007, hanno già maturato il diritto alla valutazione secondo le previgenti qualifiche di magistrato di tribunale, di magistrato di appello, di magistrato di cassazione e di magistrato idoneo all’esercizio delle funzioni direttive superiori, per i quali non sia intervenuta la relativa delibera Consiliare, sono valutati sulla base dei criteri dettati dalla Circolare n. P1275/1985".

La circostanza è stata invero negata dalla difesa erariale, la quale ha per contro affermato che la valutazione di professionalità del dr. G. è avvenuta proprio in applicazione di tali disposizioni.

Il Collegio rileva che la censura è stata svolta dal ricorrente sull’assunto che la circolare del 1985 gli sia più favorevole, in quanto essa annovererebbe le doti di equilibrio, non già tra i c.d. pre – requisiti, bensì tra i parametri di valutazione, rendendole pertanto apprezzabili e "bilanciabili" unitamente agli altri fattori di ponderazione ivi previsti.

Si tratta, però, di una interpretazione già confutata, sia da questa Sezione, che dal Consiglio di Stato.

Giova, al riguardo, riassumere il quadro normativo e giurisprudenziale, relativo al c.d. "micro settore del giudizio di idoneità per la nomina a magistrato di cassazione disciplinato dalla l. n. 831 del 1973", applicabile nella fattispecie (così, da ultimo, Cons. St., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4250).

In sede di valutazione della idoneità per la nomina a magistrato di Cassazione il giudizio del C.s.M. può e deve estendersi al vaglio di ogni elemento utile a formulare la migliore valutazione complessiva della professionalità dell’interessato.

Del tutto correttamente, tra gli aspetti meritevoli di rilievo, sono incluse anche le eventuali condotte individuali che in precedenza siano state accertate ed abbiano formato oggetto di un procedimento penale, disciplinare, o di trasferimento per incompatibilità ambientale.

L’arco della carriera del magistrato interessato dalla valutazione è tutto quello precedente, con il limite dei periodi esterni, a seconda dei casi, all’ultimo settennio o triennio di scrutinio.

I fatti già colpiti da sanzione ben possono rilevare anche in un diverso contesto valutativo non configurando una inammissibile duplicazione di sanzione in ragione della mancanza di una prestabilita finalità punitiva, bensì costituendo un accertamento inteso al ben diverso scopo di un completo apprezzamento obiettivo della personalità professionale del magistrato, attraverso la disamina di tutti gli elementi atti a ricostruirla.

Ai sensi dell’art. 2, l. n. 831 cit., il giudizio di idoneità ai fini della promozione alla qualifica di magistrato di Cassazione dev’essere formulato sulla base del parere del Consiglio giudiziario distrettuale; questa disposizione non si può ritenere osservata per il solo fatto che il parere risulta, in qualche modo, preso in esame dal C.s.m., ma occorre invece che quel parere, benché non vincolante, risulti aver costituito il punto di partenza della disamina compiuta dal C.s.m., assumendo, nell’iter logico della deliberazione, la funzione di "tesi" cui può eventualmente seguire l’"antitesi" consistente in tutto ciò che può essergli opposto sul piano del fatto o su quello del giudizio può essergli opposto. Invero tale parere, pur non essendo vincolante, rappresenta il necessario punto di partenza della valutazione affidata al C.s.m.; pertanto è illegittimo il provvedimento negativo del C.s.m. solo quando sia carente una compiuta valutazione del parere del Consiglio giudiziario e un’esplicita considerazione degli elementi cognitivi contenuti nel parere stesso.

Ai sensi dell’art. 1 della medesima legge, per la nomina a magistrato di Cassazione devono essere valutati i seguenti elementi:

a) preparazione e capacità tecnicoprofessionale;

b) laboriosità e diligenza dimostrate nell’esercizio delle funzioni;

c) precedenti relativi al servizio;

d) inoltre può essere apprezzato "nelle forme e con le modalità più idonee ed anche con accertamenti diretti (…) ogni ulteriore elemento di giudizio che sia reputato necessario per la migliore valutazione del magistrato".

Si è al riguardo chiarito che la valutazione negativa dell’aspirante può derivare anche da singoli elementi, purché atti a denotare un difetto grave sia pure in uno solo degli ambiti previsti dalla legge.

Tra questi elementi vanno certamente considerati i precedenti disciplinari; infatti, il giudizio affidato all’organo di autogoverno dalla legge n. 831 può e deve estendersi al vaglio di ogni elemento utile a formulare la migliore valutazione complessiva della professionalità del singolo, onde non si vedono ragioni per dubitare che tra gli aspetti meritevoli di rilievo possano essere incluse anche le eventuali condotte individuali che in precedenza abbiano formato oggetto di un provvedimento disciplinare, potendo i fatti già colpiti da sanzione disciplinare rilevare anche in questo diverso contesto valutativo.

Tra i detti elementi di valutazione va pure considerato l’equilibrio, inteso come condizione comportamentale che deve connotare la condotta del magistrato nello svolgimento delle sue funzioni.

In tale ottica si è affermato che la riscontrata carenza di equilibrio, da sola, può condurre ad una valutazione di professionalità negativa, non sussistendo l’obbligo per l’Amministrazione di compararla con gli altri elementi di valutazione.

Nel caso di specie, è quindi irrilevante, a parere del Collegio, che il parametro dell’equilibrio non sia espressamente richiamato al capo II della predetta Circolare del 1985, dedicato ai c.d. "pre – requisiti" come pure, a bene vedere, che esso non figuri espressamente neanche tra i parametri di valutazione di cui alla lett. D) del Capo III (relativo alla "Idoneità ai fini della nomina a magistrato di Cassazione"), in quanto il possesso di doti di equilibrio è condizione imprescindibile per l’esercizio dell’attività magistratuale, in ogni grado e funzione (come, pure, è bene soggiungere, in ogni tempo).

Ad ogni buon conto, reputa il Collegio che le condotte dal C.S.M. ritenute come sintomatiche di una mancanza di equilibrio, avrebbero comunque dovuto formare oggetto di specifica considerazione in quanto annoverabili tra "gli specifici fatti o le particolari situazioni che concorrono a definire le qualità dei magistrati", come tali valutabili non solo ai sensi dell’espressa previsione di cui al capo III, lett. D, della circolare, in conformità alle disposizioni della normativa primaria in precedenza menzionata, la quale fa chiaro riferimento "ad ogni ulteriore elemento di giudizio che sia reputato necessario per la migliore valutazione del magistrato" (art. 1, l. n. 831 del 1973), ma anche ai sensi del precedente capo II, par. 1, in quanto comunque rilevanti ai fini di una "completa ricostruzione delle qualità del magistrato".

3. Il dr. G. ha poi censurato la delibera impugnata, nella parte in cui, richiamata la vicenda per cui vi è stata assoluzione in sede disciplinare (vicenda c.d. "e – mail’) ne fa apoditticamente discendere un indizio sintomatico di mancanza di equilibrio.

3.1. Il Collegio, osserva, in primo luogo, che il cuore della motivazione del provvedimento impugnato risiede in realtà nel negativo apprezzamento svolto dal Consiglio in ordine alla condotta che ha determinato la condanna in sede penale, nonché la sanzione disciplinare (oggi definitiva), della perdita di due anni di anzianità.

In tale ottica, il primo disciplinare, non ha assunto un rilievo determinante, neanche sotto il profilo, qui in esame, della carenza di "equilibrio", altrettanto evincibile dal secondo e ben più grave disciplinare.

Trova qui applicazione, a parere del Collegio, l’orientamento secondo cui, ove il provvedimento impugnato risulti sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, il giudice, ove ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso, idoneo di per sé, a sostenerne e a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, indipendentemente dall’ordine con cui i motivi sono articolati nel gravame, in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze (Cons. St., sez. VI, 17 luglio 2008, n. 3609; sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3020).

Né, invero, il ricorrente, come afferma nelle memorie conclusionali, potrebbe giovarsi anche soltanto dell’espunzione dal corredo motivazionale della delibera di tale singolo episodio in considerazione del fatto che, ai sensi del Capo II, par. 5, della vigente circolare "Nelle valutazioni di professionalità successive deve essere verificata la permanenza di elementi significativi già individuati in quelle precedenti".

Come già evidenziato, il secondo disciplinare incide su entrambi i pre – requisiti dell’imparzialità e dell’equilibrio, di talché egli non riceverebbe alcuna utilità dall’eliminazione di esso dalla complessiva valutazione, comunque incentrata sulla vicenda c.d. CdC.

Neppure è ravvisabile, a parere del Collegio, una disparità di trattamento con il collega Aniello (assolto, al pari di lui, per la vicenda e – mail), non risultando che, ai fini della valutazione di professionalità di quest’ultimo, siano venuti in rilievo ulteriori precedenti disciplinari e/o penali, aventi la gravità di quello addebitato al dr. G..

4. Con riferimento alla "vicenda CdC", parte ricorrente lamenta anzitutto che il CSM si sia immotivatamente discostato dal parere del Consiglio Giudiziario di Lecce, che abbia acriticamente recepito le risultanze penali, che abbia, infine, immotivatamente ritenuto tale vicenda come sintomatica di una grave carenza di "imparzialità", e non anche del solo "equilibrio".

4.1. Relativamente al parere del Consiglio Giudiziario, sulla cui base il Consiglio Superiore procede alla valutazione dei magistrati, ai sensi dell’art. 2 della l. 20 dicembre 1973, n. 831, è pacifico, in giurisprudenza, che si tratti di un atto infraprocedimentale non vincolante, essendo riconosciuta all’Organo di Autogoverno la potestà di decidere in difformità, salvo che, secondo principi consolidati, all’Autorità procedente, allorché disattende un parere necessario, incombe un particolare onere motivazionale.

Al riguardo, deve ritenersi sufficiente che, dal contesto motivazionale del provvedimento finale, risulti come l’apporto consultivo sia stato tenuto presente nella sua complessiva ed effettiva portata, ed in secondo luogo, che dal medesimo contesto sia possibile desumere la ragione che ha indotto alla decisione difforme, ragione che può appunto evincersi dal riferimento a fatti o comportamenti assunti dall’Organo di Autogoverno come ostativi ad una positiva valutazione.

Nel caso di specie, tuttavia, reputa il Collegio che non incombesse al CSM alcun obbligo rafforzato di motivazione, avendo l’Organo locale semplicemente eliso la rilevanza della condotta addebitata in sede penale sull’assunto, in precedenza riportato, di non potere entrare "nel merito di fatti sommariamente assunti dalla (…) Sezione disciplinare, tanto più che gli addebiti in attesa di un loro definitivo accertamento non possono essere inseriti nel fascicolo d’ufficio per una loro valutazione a fini diversi da quelli disciplinari".

Relativamente alle valutazioni svolte dal CSM, deve poi convenirsi con la difesa erariale là dove ricorda che il Consiglio, esaminata l’ordinanza cautelare, la sentenza penale e quella disciplinare, ha messo in luce (sia pure richiamando i pertinenti passaggi delle pronunce testé esaminate) che il consapevole scavalcamento della volontà collegiale e la soppressione di una decisione giudiziaria rappresentano un fatto di enorme gravità, con conseguenze negative di immediata percepibilità.

Quanto, poi, alla incidenza sulla imparzialità, che a giudizio del ricorrente sarebbe considerata come pre – requisito, specificato dalla circolare del 1985 unicamente sotto il profilo della preparazione e capacità come "libertà da condizionamenti o vincoli idonei a limitare l’esercizio dell’attività giudiziaria", il Consiglio ha richiamato altresì i passaggi della sentenza disciplinare, in cui viene evidenziata la "negazione delle basilari regole di giudizio che sono la garanzia della giurisdizione e l’essenza stessa della relativa funzione".

Il Collegio, osserva, al riguardo, in ciò condividendo quanto argomentato dalla difesa erariale, che la violazione delle regole del giudizio denota parzialità in sé e non già soltanto quando risulti animata dalla specifica volontà di sbilanciare il processo in favore di una delle parti, ovvero sia il frutto di condizionamenti esterni. La violazione delle regole del gioco collegiale è infatti, a ben vedere, una forma di condizionamento, sia pure "interno", determinato dalla convinzione che il proprio, esclusivo apprezzamento, sia l’unico giusto ed accettabile.

5. Un distinto ordine di rilievi, verte sul calcolo del periodo di valutazione, il quale, a parere del dr. G., avrebbe dovuto essere prolungato di due anni, pari alla durata della sospensione cautelare dal servizio (o comunque della sanzione disciplinare, se confermata), in conformità a quanto dispone l’art. 21, comma 4, del r.d.lgs. n. 511 del 1946, secondo cui "la perdita dell’anzianità (…) ha per effetto il ritardo, di durata corrispondente a quella della sanzione inflitta, nell’ammissione ad esami, concorsi e scrutini, e nelle promozioni".

Parte ricorrente ritiene in particolare che la circostanza che il CSM non abbia atteso l’esito definitivo del giudizio disciplinare e non abbia prolungato il periodo di valutazione, comporti, da un lato, che l’ (eventuale) condanna disciplinare possa essere valutata due volte, dall’altro il concreto rischio che – essendo egli stato sospeso dal servizio per gran parte dell’arco temporale compreso tra il 19.3.2003 al 19.3.2006 – l’Organo di Autogoverno esprima nuovamente un giudizio di inidoneità.

5.1. Reputa il Collegio che le argomentazioni svolte da parte ricorrente sovrappongano indebitamente due piani tra loro nettamente distinti.

Il ritardo nelle promozioni cui fa riferimento l’art. 21, comma 4, del r.d.lgs. n. 511 del 1946, oltre a potere derivare esclusivamente da una sentenza definitiva che infligga detta sanzione disciplinare (nella fattispecie, non ancora intervenuta al momento della delibera impugnata), incide sulla decorrenza giuridica dell’ (eventuale) promozione, ma non già direttamente sul periodo di valutazione, così come cadenzato dalla l. n. 831 del 1973, applicabile nella fattispecie, secondo cui "Il magistrato non valutato favorevolmente è sottoposto a nuova valutazione dopo un triennio".

Nel riportare alcuni dei più significativi passaggi del provvedimento impugnato, si è poi visto che, nell’apprezzamento dell’incidenza di una condotta rilevante in sede disciplinare e/o penale, il Consiglio Superiore della Magistratura fa in primo luogo riferimento all’epoca in cui i fatti si sono svolti e non già a quello in cui gli stessi sono stati accertati.

Non è peraltro corretto quanto il ricorrente assume circa l’eventuale incidenza di una condanna disciplinare e/o penale, come necessariamente limitata ad un solo arco temporale di valutazione.

E’ infatti del tutto pacifico nella prassi consiliare nonché nella giurisprudenza amministrativa, che "i precedenti relativi al servizio prestato", possano proiettare i loro effetti oltre l’arco temporale della commissione e del successivo accertamento e che l’Organo di autogoverno, come pure i Consigli Giudiziari debbano valutare la perdurante incidenza delle condanne disciplinari sulle qualità professionali del magistrato, individuando, nell’attività successiva, elementi tali da far ritenere completamente superato il deficit comportamentale messo in luce dalla vicenda disciplinare.

E se, nel caso di specie, la ricerca di tali elementi è ostacolata dalla sussistenza di un periodo di sospensione cautelare dal servizio, trattasi di una circostanza di fatto la quale non esclude, tuttavia, che un giudizio possa comunque essere formulato, in relazione al residuo periodo di servizio effettivamente prestato, posto in rapporto ai precedenti di carriera, nell’ottica di quella valutazione globale, che si è in precedenza evidenziata.

E’ bene infine precisare, che, anche in questo caso, non è possibile ravvisare una effettiva disparità di trattamento con il caso relativo al dr. Pietro Lisa. Ciò in quanto, al momento della valutazione di quest’ultimo, era già intervenuta la sanzione definitiva della perdita dell’anzianità e il CSM ha semplicemente preso atto che "la decorrenza della nomina o della non nomina opererà comunque previa effettuazione del computo dei due anni di perdita di anzianità, vale a dire a far data dal 30 dicembre 1999".

Nel caso di specie, pertanto, è solo in seno alla valutazione successiva a quella impugnata, che dovrà tenersi conto degli effetti derivanti, ai fini dell’ "ammissione allo scrutinio" ovvero della "decorrenza della promozione", dalla sanzione della perdita di anzianità e quindi della necessità di prolungare il periodo di osservazione.

Detto procedimento, allo stato, risulta però soltanto avviato e non ancora definito con la pertinente determinazione adottata dal CSM in sede plenaria.

E’ solo in tale sede, pertanto, che potrà valutarsi la legittimità e ragionevolezza dell’arco temporale di valutazione preso effettivamente in considerazione.

6. In definitiva, per tutto quanto argomentato, il ricorso deve essere respinto.

Sembra tuttavia equo, in considerazione della peculiarità della fattispecie, come in precedenza rappresentata, compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in premessa, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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