Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-06-2011) 22-06-2011, n. 25004

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- Z.A. ed O. ricorrono per cassazione avverso l’ordinanza 18/19.2.2011 del tribunale di Torino che,in sede di riesame, confermava la pregressa ordinanza cautelare in carcere del gip della stessa città nei di loro confronti per il delitto di rapina impropria pluriaggravata e lesioni personali, deducendo, con il richiamo all’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e), violazione di legge e carenza di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto.

In breve i fatti di causa come ricostruiti dai giudici del riesame:

avvertita alle ore 3,40 del (OMISSIS) di un furto in via (OMISSIS), la pattuglia della polizia intercettava la macchina dei rapinatori – già indicata nel tipo e in parte dei numeri della targa – proprio in via (OMISSIS), da qui un inseguimento spericolato per le vie della città, con scontri tra i due mezzi, danneggiamenti di mezzi altrui, colluttazione tra i due imputati, una volta costretti a scendere dalla macchina, ed i poliziotti, l’arresto in flagranza di seguito, ed ancora rinvenimento nella macchina della refurtiva e di arnesi da scasso.

I motivi di ricorso sviluppano un ragionamento che presuppone un concetto rigoroso e restrittivo della intervallo cronologico rappresentato dall’avverbio immediatamente che collega, nel corpo della disposizione sulla rapina impropria, la sottrazione della refurtiva alla violenza e minaccia per conservarne il possesso:

l’immediatamente richiamerebbe una azione che si svolga senza soluzione di continuità tra l’impossessamento e la violenza o minaccia conseguente. In subordine la difesa dei ricorrenti censura la motivazione dei giudici del riesame nella misura in cui la stessa si appiattisce recependola, senza apportarvi alcuna elemento di novità, sulle argomentazioni poste a base della ordinanza cautelare.

– 2 Il ricorso è manifestamente infondato con riferimento al primo motivo di ricorso, inammissibile per genericità con riferimento al secondo.

Invero per giurisprudenza ormai consolidata nel delitto di rapina impropria il requisito della immediatezza che lega la sottrazione all’uso della violenza o minaccia va inteso non in senso meramente letterale, come assenza di qualsivoglia intervallo temporale tra le due azioni, ma in riferimento al dato concettuale della flagranza e della quasi flagranza (v., per tutte, Sez. 6, 16/24.10.2008. Aasoul, Rv 242412) E sempre per giurisprudenza pacifica l’inseguimento del reo, utile per definire il concetto di quasi flagranza, deve essere inteso in senso più ampio di quello strettamente etimologico: dal punto di vista tecnico-giuridico, esso ricomprende anche l’azione di ricerca, immediatamente posta in atto,anche se non immediatamente conclusa, purchè protratta senza soluzione di continuità. Non è quindi indispensabilmente richiesta coincidenza tra il momento iniziale della fuga e quello in cui inizia l’inseguimento purchè l’arresto non intervenga dopo la cessazione della fuga o dopo che sia terminato l’inseguimento (v., in termini, Sez. 2, 9.4/20.7.2009, Scalvini, Rv 244821; Sez. 5, 7.6/1.9.19999, Giannatemplo, Rv.

214469). E la ricostruzione giurisprudenziale del concetto ubbidisce alla ratto di una maggiore pericolosità dell’azione delittuosa allorchè si svolga nel contesto temporale unitario anzichè in uno spazio di tempo che segni una cesura significativa tra il furto consumato e la violenza o minaccia per conservare la disponibilità autonoma delle cose sottratte ormai definitivamente acquisita.

Nella specie i giudici del riesame hanno tratto la consapevolezza che il contatto tra le forze di polizia ed i rapinatori sia avvenuto pochi secondi dopo che questi ultimi erano saliti sull’autovettura della fuga, tanto che essi furono sorpresi nella stessa via dove era ubicato il bar rapinato ed a poche decine di metri dallo stesso.

Circostanze queste per nulla considerate dai motivi di ricorso i quali, peraltro, svolgono la seconda censura, sul piano della motivazione asseritamente ripetitiva di quella dell’ordinanza cautelare, in modo del tutto generico, tale da poter costituire un pass partout per ogni ricorso fondato su una tale tipologia di vizio.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, gli imputati che lo ha proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000; Cass. S.U. 27.6.2001, Cavalera Rv. 219532) – al pagamento ciascuno a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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