Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-06-2011) 22-06-2011, n. 25087 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto dalla difesa di F.E. avverso l’ ordinanza del 22-12-2010 del Tribunale di Monza sez. Desio reiettiva della istanza di sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari per cessione illegale di cocaina, il Tribunale del riesame di Milano, con ordinanza in data 11- 02-2011, rigettava l’impugnazione, ritenendo concretamente perdurante il pericolo di recidivanza, sopratutto per l’accertata "non occasionalità" della dedizione dell’indagato al traffico di droga, come da precedsnti specifici a suo carico, tale da rendere adeguata e proporziata la misura in atto a tutela del cennato pericolo. Avverso detta ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, a motivi del gravame, a mezzo del difensore:

Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e) in relazione all’art. 274 c.p.p., per mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari ed all’adeguatezza della misura, nonostante il documentato reddito di lavoro, lecito svolto dal ricorrente, con trascurata valutazione delle condizioni di salute eccepite e documentate in atti.

In particolare si è censurata l’omessa indicazione di elementi specifici tali da giustificare il pericolo di tragressione al rispetto di misura cautelare meno afflittiva, con asserita necessità di perduranza della misura intramuraria in atto.

Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi addotti.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma equitativamente determinata in Euro mille alla cassa delle ammende.

Va richiesta la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Ed invero, a palese smentita dalle asserzioni difensive, l’impugnata ordinanza, con ineccepibile completezza espositiva ed argomentativa, anche in punto di logica, ha rappresentato le ragioni oggettive e soggettive del fondato perdurare del pericolo concreto di recidivanza, non senza motivatamente riferirsi non solo alla gravità oggettiva del fatto anche in punto di allarmante ripetitività della condotta, ma anche in relazione alla negativa personalità dell’indagato, teso – in termini di negativo apprezzamento di pericoloeltà e capacità criminogena – a lucrare ingenti guadagni dall’illecita attività di spaccio che non dal: reddito di un lavoro onesto. Del tutto risibile il richiamo ad asserite condizioni di salute ostative al regime intramurario, trattandosi, in ogni caso, di patologia di scarso rilievo, come ammesso dalla stessa difesa secondo la precisazione fatta dai giudici del riesame nel provvedimento impugnato (cfr.fol.2). Da ultimo, non manca il richiamo motivato, corretto e coerente con le premesse di fatto svolte in relazione alla vicenda in esame, alla non affidabilità dell’invocata misura meno afflittiva agli effetti della necessaria tutela del comprovato, motivato concreto pericolo di recidivanza, con la conseguente intuibile proporzionalità della misura in atto in rapporto alla oggettiva gravità dei fatti ed alla misura della pena presumibilmente da infliggere in caso di condanna (cfr.fol.3).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro MILLE in favore della cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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