T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 24-06-2011, n. 932

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente è madre e tutrice di Matteo Bertoli, persona con disabilità grave ex art. 3 comma 3 della legge n. 104/1992 e che, in ragione di ciò, è stata accolta, a decorrere dal 4 gennaio 2010, presso la RSD Firmo Tomaso, a fronte del pagamento di una retta annua di 19.345 Euro.

Nonostante un reddito familiare complessivo annuo pari a 8.726,00 Euro (di cui 6.895,00 percepiti dalla ricorrente e 1.831,00 relativi alla pensione del figlio) ed un reddito ISEE pari a 12.591,94 Euro annui, alla stessa non risulta spettare, come comunicato nella nota impugnata, alcuna contribuzione da parte del Comune, rientrando in una fascia reddituale troppo alta secondo i parametri fissati nella deliberazione del Consiglio comunale 22 dicembre 2005, n. 101.

Più in generale tale deliberazione prevede espressamente che la persona ricoverata, indipendentemente dall’ISEE, deve versare alla struttura le proprie entrate economiche sino alla copertura dell’intero onere della retta e solo nel caso in cui le risorse economiche possedute non permettano alla persona di sostenere completamente la spesa, il nucleo familiare di appartenenza dell’utente, il nucleo familiare dei figli e dei fratelli dell’utente sono chiamati in ragione dell’ISEE posseduto. Così individuato il metodo, la suddetta deliberazione prevede che, per ISEE familiari sino a 5.000,00 Euro nessun onere è posto a carico della famiglia, oltre tale cifra l’importo posto a carico di quest’ultima cresce proporzionalmente al reddito, fino ad escludere ogni contribuzione del Comune per ISEE superiori a 11.001 (con riferimento a famiglie di disabili) o a 12.001 (per le famiglie di anziani).

Ritenendo illegittimo il diniego di ogni contribuzione in capo al Comune con riferimento alla posizione del proprio figlio, la sig.ra Nember ha notificato il ricorso in esame, affidato alle seguenti censure:

1. violazione dell’art. 3 della Convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità, degli artt. 2, 3, 32, 38 e 53 della Costituzione, degli artt. 2, 3, 6, 22 e 24 della legge n. 328/2000, dell’art. 1 del d. lgs. 109/98, dell’art. 3 della legge n. 241/90, dell’art. 34 comma 3 del DPR 601/1973 e dell’art. 24 lett g) della legge n. 328/2000. Il sistema di ripartizione degli oneri relativi al servizio garantito ai disabili adottato dal Comune violerebbe i principi di proporzionalità, logicità e ragionevolezza, imposti dalla normativa citata, in specie laddove prevede che, anche in presenza di redditi inferiori a 5.000 Euro, le spese personali (pari a 50 Euro mensili, oltre al trasporto da e per il domicilio, al guardaroba, alla cura estetica della persona, alle visite specialistiche, all’assistenza in ospedale oltre il primo turno) rimangano a carico dei famigliari, i quali non hanno diritto ad alcun contributo comunale se hanno un ISEE superiore a 11.001 Euro. Nel caso di specie, l’accollo dell’intera retta alla famiglia, nonostante il reddito della stessa risulterebbe in contrasto con il principio individuato da questo Tribunale, secondo cui la proporzionalità della contribuzione deve essere valutata considerando le concrete condizioni di vita della famiglia (sentenza n. 350/2008);

2. violazione degli artt. 1, 2 e 3 del d. lgs. 109/98, degli artt. 2, 3, 4 e 5 del DPCM 221/1999, dell’art. 25, 8 comma, lett g) della legge n. 328/2000, degli art. 4 e 6 del DPCM 14.2.2001, dell’art. 1 bis del DPCM 221/1999, degli artt. 4 e 5 del DPR 223/1989, degli artt. 433 e 438 del cod. civ., dell’art. 24 del d. l. 112/2008. Secondo parte ricorrente la previsione di un sistema fondato sulla compartecipazione al costo di un servizio a domanda individuale da parte della famiglia, applicando la disciplina ISEE ai nuclei familiari dei parenti sarebbe in contrasto con la normativa richiamata. L’eventuale sussistenza delle condizioni per imporre una contribuzione dovrebbe essere valutata con riferimento esclusivamente al reddito dell’utente;

3. violazione dell’art. 3 del d. lgs. 109/98, in quanto norma direttamente applicabile anche in assenza del previsto regolamento attuativo;

4. violazione dell’art. 2 della legge n. 67/2006 e degli artt. 3 e 12, comma 1, della Convenzione internazione sui diritti delle persone con disabilità e degli artt. 2, 3, 10, 23, 32, 38 e 53 della Costituzione, in quanto l’impugnata delibera individuerebbe criteri maggiormente penalizzanti per le famiglie di disabili, rispetto alle famiglie di anziani.

A seguito dell’ordinanza presidenziale n. 2 del 2010, il Comune di Lumezzane depositava la richiesta relazione sul caso in esame e sul sistema adottato dal Comune per la disciplina della compartecipazione al costo del servizio fruito da familiari disabili.

Nel contempo il Comune si costituiva ed, in vista della pubblica udienza, depositava una memoria nella quale richiamava la giurisprudenza in ordine al concetto di proporzionalità della contribuzione richiesta (TAR Brescia, n. 350/08) e alla necessità di valutare il reddito complessivo del nucleo familiare (Cons. Stato, n. 551/2011).

Con memoria di replica, parte ricorrente, ribadiva la non proporzionalità delle contribuzioni richieste dal Comune resistente.

Alla pubblica udienza del 9 giugno 2011, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso in esame merita positivo apprezzamento.

Il Collegio ritiene, in primo luogo, per quanto attiene alla legittimità del ricorso al sistema di valutazione delle condizioni economiche ISEE, di poter condividere quanto affermato dal Consiglio di Stato nella propria sentenza n. 1607 del 16 marzo 2011, nella quale si legge che "Il legislatore regionale" (della Regione Lombardia, n.d.r.) "ha però aggiunto un elemento al criterio dell’I.S.E.E.: la partecipazione dei soggetti civilmente obbligati e tale elemento non contrasta con alcuna disposizione statale e rientra nella riconosciuta possibilità di introdurre criteri differenziati e aggiuntivi dei selezione dei destinatari degli interventi".

Del resto appare conforme ai principi costituzionali e che permeano l’ordinamento in un’ottica di solidarietà sociale, distinguere, nell’ambito dei soggetti che maggiormente hanno bisogno di assistenza tra coloro che hanno comunque una fonte di sostentamento, costituita dalla presenza di un obbligato agli alimenti e chi tale fonte non ha. Equiparare le due situazioni, infatti, potrebbe comportare un vulnus agli stessi principi generali e livelli essenziali per l’accesso ai servizi sociali, potendo determinare in concreto una riduzione delle risorse da destinare ai soggetti più bisognevoli, perché sprovvisti di una rete di sostegno economico familiare (cfr in tal senso Consiglio di Stato, n. 1607/2011).

Ciò chiarito, però, non può trascurarsi il fatto che, nonostante la sopra richiamata legislazione abbia introdotto l’ISEE come criterio generale di valutazione della situazione economica delle persone che richiedono prestazioni sociali agevolate, il d. lgs. 109/98 (art. 3, comma 2 ter), con riferimento alle prestazioni erogate a domicilio o in ambiente residenziale rivolte a persone con handicap permanente grave o a soggetti ultra sessantacinquenni non autosufficienti (in entrambi i casi specificamente certificati), ha introdotto la deroga secondo cui deve essere presa in considerazione la situazione economica del solo assistito, salvo i limiti individuati da un apposito decreto ministeriale.

La rigida interpretazione di tale principio, sostenuta anche da parte della giurisprudenza, può, però essere superata, in un’ottica di coordinamento con i principi costituzionali come più sopra individuati, alla luce del condivisibile l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 551/2011, nella quale si legge che la mancata adozione del regolamento richiamato dall’art. 3 del d. lgs. 109/98 "non può esimere l’Amministrazione comunale dall’esaminare la situazione fattuale e reddituale del soggetto svantaggiato, essendo comunque presenti nella legislazione vigente gli elementi per tale determinazione".

Deve quindi ritenersi che, anche nel caso di specie, debba trovare applicazione la disciplina in tale norma contenuta. Peraltro la stessa sentenza chiarisce che "è fuori discussione che occorre tenere presente la situazione reddituale complessiva del nucleo familiare, e non solo quella del soggetto svantaggiato, essendo evidente il concorso del reddito complessivo del nucleo in parola per la sussistenza del soggetto in parola", così confermando quanto già precedentemente affermato da questo Tribunale nella propria sentenza n. 1470 del 2009. In tale occasione si era ritenuto che, in assenza del suddetto decreto attuativo (con il quale il Presidente del Consiglio potrebbe o avrebbe potuto dare attuazione al principio e delimitarne la portata, individuando le ipotesi marginali nelle quali può riespandersi la disciplina generale dell’ISEE familiare), le amministrazioni titolari delle funzioni amministrative in materia di interventi sociali sul territorio, debbano operare scelte concrete, in linea con i principi di dignità intrinseca, autonomia individuale e indipendenza della persone disabile affermati dalla Convenzione di New York, sottoscritta dall’Italia e recentemente ratificata dal Parlamento con legge 3/3/2009 n. 18.

Proprio un’interpretazione logicosistematica della normativa di settore impone una lettura dell’art. 3 comma 2ter del D. Lgs. 109/98 secondo cui sussiste "l’obbligo di sviluppare l’indagine sul reddito familiare valorizzando la posizione individuale del soggetto colpito da gravi limitazioni psicofisiche e dunque assumendo in via prioritaria i suoi redditi come autonomi e separati ai fini del calcolo della contribuzione al costo della prestazione resa. Ciò tuttavia non avviene senza limite alcuno, potendosi allargare la valutazione al nucleo di appartenenza ove la capacità contributiva complessiva superi una determinata soglia, determinata secondo canoni di correttezza, logicità e proporzionalità, ossia alla luce delle concrete condizioni di vita di una famiglia che accoglie al suo interno una persona svantaggiata" (principio già espresso nella sentenza TAR Brescia, I, n. 350 del 6 marzo 2008 e ribadito nella sentenza 1470/09, confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 551/2011).

In altre parole, non si può prescindere dal valorizzare il dato letterale di riferimento, il quale sembra affermare che l’applicazione dei principi sull’ISEE sia limitata ad ipotesi circoscritte, individuate con il decreto che deve (o avrebbe dovuto) riconoscere un rilievo predominante alla situazione economica del solo assistito nell’ottica di facilitare la sua convivenza con il nucleo familiare. Al riguardo il Collegio non ravvisa ragione di scostarsi dal proprio precedente, rappresentato dalla sentenza n. 18 del 14 gennaio 2010, con il quale si è affermato che "non sembra condivisibile una lettura della seconda parte del comma 2ter tesa a riconoscere un principio assoluto ed incondizionato, mentre al D.P.C.M. sarebbe demandata la funzione, esclusiva ed eventuale, di limitarne la portata. Da una lettura complessiva emerge viceversa che la disposizione affida all’autorità statale, in via contestuale, sia il compito di raggiungere il delineato obiettivo a favore dei soggetti tutelati sia la determinazione dei limiti residuali entro i quali l’ISEE familiare può comunque trovare applicazione: spetta in altre parole al Presidente del Consiglio dare attuazione al principio e delimitarne la portata, individuando le ipotesi marginali nelle quali può riespandersi la disciplina generale dell’ISEE familiare". In assenza del suddetto decreto, pare evidente che la proposizione normativa – come già detto immediatamente precettiva – debba essere nella sua globalità tradotta in scelte concrete dalle amministrazioni titolari delle funzioni amministrative in materia di interventi sociali sul territorio.".

Così ricostruito il quadro normativo, deve, quindi, essere respinto il ricorso nella parte in cui tende all’annullamento degli atti impugnati in ragione di una pretesa illegittimità della valutazione del reddito dell’intero nucleo familiare di appartenenza del disabile, ma, una volta riconosciuta la legittimità della valutazione della posizione di soggetti diversi dall’assistito – ed individuato l’I.S.E.E. come criterio generale di valutazione della situazione economica delle persone che richiedono prestazioni sociali agevolate, considerando a tal fine la condizione economica del richiedente in relazione ad elementi reddituali e patrimoniali del nucleo familiare cui egli appartiene – nel caso di specie non risultano essere stati puntualmente rispettati i criteri di proporzionalità ed adeguatezza.

Con riferimento al caso di specie, infatti, non può non ravvisarsi la contrarietà della concreta applicazione della normativa operata dal Comune resistente, rispetto ai principi ora enunciati. In particolare, il regolamento adottato detta dei limiti generalizzati, oltre i quali è esclusa a priori ogni contribuzione del Comune, a prescindere dalla specifica situazione familiare. Ciò viola, a parere del Collegio, i principi di proporzionalità ed adeguatezza più sopra richiamati, rendendo illegittimo, per ciò stesso, il provvedimento regolamentare, nonché la sua applicazione in concreto alla fattispecie in esame, in relazione alla quale non risulta esservi stata alcuna concreta valutazione della particolare situazione familiare e della capacità reddituale del nucleo.

Il ricorso deve, quindi, essere accolto, con conseguente annullamento del regolamento impugnato e dei conseguenti atti attuativi.

Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti con esso impugnati.

Condanna il Comune al pagamento delle spese del giudizio a favore della parte ricorrente, nella misura di Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre ad IVA, C.P.A. e rimborso forfetario delle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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