Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-06-2011) 22-06-2011, n. 25073

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto, tra gli altri, da P.V. e D.G. avverso la sentenza in data 1-6-2004 del Tribunale di Napoli, che li aveva dichiarati colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti nella qualità di ragioniere comunale e sindaco del comune di Ottaviano di concorso in peculato continuato aggravato e falsità ideologica aggravata e continuata in atti pubblici, e, concesse ad entrambi le attenuanti generiche giudicate prevalenti sulle conteste aggravanti, unificati i reati ascritti al P. in continuazione, aveva condannato ciascuno dei predetti alla pena di anni tre mesi sei di reclusione, con risarcimento danni e spese alla costituita parte civile, dichiarando n.d.p. nei confronti del D. in ordine al reato di corruzione contestatogli al capo b), in concorso della prevalenza delle attenuanti generiche sull’aggravante, perchè estinto per prescrizione, quanto alle assunzioni di parenti presso la Italgest, e perchè il fatto non sussiste, quanto alla consegna di somme di denaro da parte di tale spa, la Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 27-10-2009, confermava il giudizio di condanna di 1^ grado, con aggravio di ulteriori spese in favore della p.c., ribadendo la comprovata sussistenza dei reati rispettivamente contestati agli appellanti e l’adeguatezza e proporzionalità del trattamento sanzionatorio, impeditivo della concessione degli invocati benefici di legge.

Avverso detta sentenza gli imputati anzidetti. hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame, rispettivamente:

P.:

Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per mancanza e manifesta illogicità della motivazione in punto di conferma della responsabilità del ricorrente in ordine ai reati ascrittigli. Al riguardo si è segnalato che se il ricorrente, come comprovatamente accertato, trasmise al sindaco ripetute "segnalazioni" (più correttamente definibili quali "atti pubblici di denuncia" circa le irregolarità gestionali compiute dalla Italgest) ed il sindaco omise di trasmettere quegli atti/denuncia alle Autorità competenti" è "giuridicamente illogico sostenere (come fa la Corte di Appello) che non è condivisibile la tesi difensiva della carenza di prova sul dolo dell’imputato, cioè sulla volontà del P. di cooperare dell’illecito da altri materialmente commesso". Da tanto se ne deduce, secondo il ricorrente, la mancanza o insufficienza e contraddittorietà della prova che l’imputato abbia voluto contribuire alla realizzazione dell’evento giuridico, essendovi, per contro, la prova contraria, anche per le altre condotte attribuite all’imputato da ritenersi determinate unicamente dagli interventi di "altre decisive e più autorevoli individualità presenti all’interno del Comune di Ottaviano", essendo per costoro agevole esercitare capacità di "persuasione" e di "indirizzo" sul ricorrente, persona vistosamente debole e malata;

il D., a mezzo del difensore di fiducia:

Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), per omessa, insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione oltre che per inosservanza o erronea applicazione di legge con riferimento al R.D. n. 297 del 1911, art. 166, D.Lgs. n. 66 del 1989, art. 27 conv. in L. n. 144 del 1989 e artt. 40 e 314 c.p., posto che, alla stregua di reiterate argomentazioni difensive, analiticamente segnalate nelle relative note e memorie, delle quali non vi è traccia ne di segnalazione, ne di valutazione da parte dei giudici di merito e segnatamente di quelli della Corte territoriale napoletana, la normativa correttamente applicabile, almeno a far data dal settembre 1993 – epoca di dichiarato dissesto finanziario del Comune di Ottaviano – era quella di cui al D.L. n. 66 del 1989, art. 27 che prevede che per gli enti di cui, come nella specie, sia stato dichiarato il dissesto finanziario, il dovere di controllo contabile finanziario fosse esercitato da un Collegio di Revisori, di guisa che, almeno dal settembre 1993 al Sindaco del Comune di Ottaviano in persona del ricorrente, non competeva più alcun dovere di controllo sulla gestione economica dell’ente che, invece riguardava il Collegio di Revisori anzidetto. La motivazione dei giudici di merito a supporto, in ogni caso, della responsabilità del ricorrente, secondo cui la normativa cit. non implicava, comunque, che gli organi di controlla interno in subiecta materia venissero sostituiti, era errata per errata interpretazione di detta normativa in malam partem, confermata dal tenore del regolamento di contabilità vigente presso il Comune di Ottaviano all’epoca dei fatti di cui e processo, adottato con. delibera del commissario ad acta il 20-10-1992. Secondo tale normativa, infatti, ex art. 71, il controllo interno rimane affidato al responsabile del servizio ragioneria ed all’art. 72 il controllo esterno rimane affidato al collegio dei revisori dei conti L. n. 142 del 1990, ex art. 57.

I termini corretti di tale normativa sono stati, dunque violati, ad avviso del ricorrente, dai giudici della Corte territoriale, nonostante le dettagliate-argomentazioni difensive in merito, del tutto immotivatamente trascurate in sentenza impugnata (contenuto di tali memorie richiamate nel ricorso in esame).

Di qui la denunciata violazione di legge su punti essenziali della decisione.

Da ultimo sì è segnalata l’inconfigurabilità del reato di peculato, per palese difetto di conseguimento di alcun illecito profitto, essendo tutte le utilità connesse al reato riferibili al solo tesoriere, tanto che il PM procedente aveva "completato" la contestazione, nella parte attinente l’aspetto del profitto del reato, attraverso le due ipotesi di corruzione contestate, l’uno relativa a prestiti di somme di denaro, l’altra a due assunzioni.

Senonchè, sotto l’aspetto del profitto attinente prestiti di somme di denaro, l’imputato è stato assolto perchè il fatto non sussiste e, sotto quello attinente le assunzioni, si è del tutto immotivatamente trascurato che quella del fratello settimino si riferisce ad epoca in cui il ricorrente non era ancora sindaco e quella relativa al nipote R.G. attiene ad epoca in cui era applicabile la L. n. 77 del 1995, ossia allorchè il controllo era di competenza esclusiva del collegio dei revisori per tutti gli enti località prescindere dalla dichiarazione di dissesto economico.

Sul punto l’impugnata sentenza e affetta da vizio di motivazione.

Illogica, inoltre, ad avviso del ricorrente, appare la decisione in tema di mantenimento della pena irrogata in 1^ grado, trascurandosi di considerare che al ricorrente non risulta contestata alcuna materiale apprensione di somme di denaro, fattispecie contestata, invece, al solo tesoriere.

I ricorsi sono infondati e vanno rigettati con la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile curatela Italgest equitativamente liquidate come da dispositivo.

Ed invero, infondate le argomentazioni censorie dedotte dal P. nei motivi di ricorso innanzi enunciati.

La corretta, puntuale, motivata e logica risposta in palese smentita a dette controdeduzioni difensive risulta evidenziatale nell’impugnata sentenza (cfr. segnatamente foll. 9-10-11).

Non si è infatti trascurato da parte della Corte territoriale napoletana di affrontare, con motivata logica ed ineccepibile correttezza argomentativa, l’esame della "peculiare" posizione del P. in seno al Comune di Ottaviano, con una conclusione che, suffragata dalla oggettiva sussistenza di riscontri documentali, non fa che sottolineare la sussistenza dei reati contestati all’imputato non solo in punto, di oggettività materiale degli stessi ma anche in punto di elemento psicologico.

Al riguardo non sfugge che si è opportunamente segnalato in sentenza che risulta innegabilmente comprovato che il ruolo del ricorrente "è stato sempre nemmeno meramente omissivo, ma addirittura attivo e propositivo ed in ogni caso agevolativi) delle illecite finalità perseguite dai C.".

Ne sfugge che, a riscontro di tanto, l’impugnata sentenza si fa motivato carico di esaminare contenuti ed effetti dei rapporti con il Comitato Regionale di Controllo in sede ai approvazione dei conti consuntivi annuali del Comune di Ottaviano, con relativa puntuale segnalazione dei pareri favorevole espressi dall’imputato per i cinti consuntivi dal 1992 al 1995.

Del pari incontestabile il reato di falso sub F), atteso l’evidente contrasto con le acquisizioni documentali e la motivata natura di atti pubblici, stante l’inequivoca attestazione di un fatto attinente la sfera di attività direttamente compiuta dal pubblico ufficiale e/o caduta sotto la sua immediata percezione, il che giustifica l’estesibilità della tutela predisposta dagli artt. 476 e 479 c.p. anche agli atti c.d. "interni", cioè quelli che, come puntualmente segnala l’impugnata sentenza (cfr. fol. 11) sono destinati a spiegare "loro effetti nei confronti dell’ente pubblico, in ordine a fatti concernenti attività o la regolarità delle operazioni dell’ufficio cui, come nella specie, il dipendente appartiene", pacifica essendo, anche in punto di logica deduttiva dalla macroscopicità dei falsi, l’elemento psicologico del reato.

Anche il ricorso del D. è infondato e va ricettato. Pur dando atto alla difesa di un non comune impegno propositivo delle doglianze dedotte i motivi danzi cennati, ritiene questa Corte che la sentenza impugnata faccia buon governo dei criteri logico-giuridici a supporto della ribadita sussistenza del reato di concorso in peculato contestato sub capo A).

Al riguardo non sfugge che la Corte territoriale napoletana si è fatta puntuale carico di verificare, valutare e riferirla al caso in specie la normativa correttamente applicabile, anche in relazione ai tempi del fatti contestati ed alla dichiarazione di dissesto economico del comune di Ottaviano L. n. 144 del 1989, ex art. 25 a partire dal settembre 1993 epoca di tale dichiarazione di dissesto.

Con una motivazione ineccepibilmente completa e corretta la Corte territoriale napoletana ha, sostanzialmente e fondatamente, escluso che l’invocata insussistenza del reato contestato al ricorrente, nella sua qualità di sindaco pro tempre del cennato comune vesuviano, potesse ragionevolmente configurarsi anche sotto l’aspetto dell’asserito difetto di dolo. Una volta utilmente tracciata la sfera dell’applicabilità della normativa al caso de quo, non sfugge che, come dedotto motivatamente in sentenza (cfr. foll. 5-6) l’introduzione della figura del Collegio dei revisori dei conti non implica affatto l’esonero in fatto e diritto di implicazioni docute ex lege da parte degli organi di controllo interno dell’ente che non vengono affatto nè sostituiti nè, al riguardo, esautorato di detto potere di controllo. Del resto, come esattamente segnalato dal consulente tecnico del PM di cui vi è puntuale traccia in sentenza, la normativa de qua configura un nuovo organo "straordinario" per effetto della eccezionalità della situazione in atto (stato di dissesto) che non elimina affatto la doverosa compartecipazione agli atti dovuti e di controllo della figura degli organi c.d. "interni" ordinari, ma si accompagna a questi, secondo lo stesso intuibile portato della "ratio legis" in rapporto allo stato di emergenza dichiarato (cfr. fol. 7).

Ed è in questo quadro correttamente interpretativo della portata della normativa de qua che si inserisce la condotta dell’imputato in un contesto di consapevole compartecipazione ai fatti contestati anche dopo il luglio del 1992 e segnatamente dal settembre 1993 al maggio 1995 (cfr. fol. 5-6).

Nè censurabile è la decisione in punto di motivata sussistenza del dolo del reato contestato al ricorrente, posto che, come motivatamente segnalato in sentenza (cfr. foll. 7-8), la condotta del D., nella contestata qualità e del quadro normativo vigente all’epoca, si propone quale apprezzabile concorso anche psicologico con gli autori materiali delle sottrazioni, proprio per l’accertata omissione, del tutto illegittima e consapevole, di bloccarne l’attività criminosa. Tale comprovato elemento – anche di fatto – è bastevole a saldare la completezza degli elementi costitutivi del reato, a prescindere dal conseguimento materiale e diretto di utilità, posto che l’interesse alla condotta è identificabile in quella degli autori materiali della sottrazione, proprio nei termini di cui alla contestazione del reato sub A) (cfr. foll. 9-10 sentenza impugnata).

Infondata è anche la doglianza attinente la misura del trattamento sanzionatorio, avuto riguardo alle ragioni motivatamente segnalate in sentenza (cfr. fol. 12), stante l’oggettiva gravità delle condotte illecite, protrattesi nel tempo e che hanno determinato consistenti danni patrimoniali alle casse del Comune di Ottaviano, fermo restando il principio secondo cui la misura del trattamento sanzionatorio è riservata al potere discrezionale del giudice di merito, come tale, insindacabile in questa sede di legittimità se, come nella specie, correttamente motivato.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed a rifondere le spese sostenute nel grado dalla parte civile costituita ITALGEST che liquida in complessivi Euro 1.500,00 oltre IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 13 giugno 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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