Cass. civ. Sez. I, Sent., 07-11-2011, n. 23157 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che D.F.U., con ricorso del 15 luglio 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo tre motivi di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Napoli emesso in data 26 maggio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del D.F. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, -, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 5.100,00 a titolo di equa riparazione, oltre interessi, ed ha compensato le spese di lite;

che il Ministro dell’economia e delle finanze, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 32.000,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 15 dicembre 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) il D.F. aveva promosso dinanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale pensioni di guerra – con ricorso del 19 aprile 1972 – giudizio per il riconoscimento del diritto alla pensione di guerra;

b) la Corte adita aveva deciso la causa con sentenza del 26 giugno 2007;

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver dichiarato la prescrizione del diritto all’indennizzo fatto valere per il periodo precedente al 16 dicembre 1998 -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in otto anni e sei mesi ed ha liquidato a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale la somma di Euro 5.100,00, calcolata in base ad un importo annuo di Euro 600,00.

Motivi della decisione

che, con i motivi di censura, vengono denunciate come illegittime: a) l’applicazione alla fattispecie dell’istituto della prescrizione; b) la liquidazione dell’indennizzo con rilevante discostamento dai parametri Europei; c) la compensazione integrale delle spese di lite;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che la censura sub a) è manifestamente fondata;

che infatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4 nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, nel caso – quale quello di specie – di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 27719 del 2009, 1886 e 3325 del 2010);

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

che, conseguentemente, le censure sub b) e sub c) restano assorbite;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che il periodo rilevante ai fini della determinazione dell’indennizzo per equa riparazione spettante alla M., è nella specie, quello che intercorre tra il 1 agosto 1973 (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 14286 del 2006 e 15798 del 2010) ed il 26 giugno 2007 (deposito della sentenza della Corte dei conti), pari a complessivi trentatre anni e dieci mesi circa;

che, nella specie, sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 va determinato in Euro 17.000,00 per i trentatre anni e dieci mesi circa di irragionevole ritardo (Euro 500,00 annui), oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, par. 4, e B, par. 1^, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Pietro Frisani, dichiaratosene antistatario;

che le spese del "presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento al ricorrente della somma di Euro 17.000,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Pietro Frisani, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

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