Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-06-2011) 22-06-2011, n. 25072

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto da D.M.A. avverso la sentenza del GUP presso il Tribunale di Napoli in data 16-6-2006 che, all’esito di giudizio abbreviatolo aveva dichiarato colpevole del reato di concorso in calunnia, avendo, in concorso con C. M., con falsa denuncia di smarrimento di un assegno bancario, simulato a carico di tal T.C. che sapeva innocente, a cui era stato girato o, in ogni caso, consegnato il titolo, tracce del reato di furto o di ricettazione, stante la implicita accusa di fraudolento possesso del detto assegno, e, concessegli le attenuanti generiche e con la diminuente per il rito, lo aveva condannato alla pena di anni uno di reclusione, con i benefici di legge, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza in data 28-11-2008, confermava il giudizio di 1^ grado, ribadendo la sussistenza del reato segnatamente in punto di dolo, stante l’accertata falsità della denuncia di smarrimento del titolo, materialmente sporta dalla dipendente C., con la conseguente consapevole accusa di persona che si sa innocente dei reati desumibili da detta denuncia.

Avverso tale sentenza il D.M. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, a motivi del gravame, a mezzo dei propri difensori, sostanzialmente ed in sintesi:

1) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per mancanza o manifesta illogicità della motivazione in punto di concorso con la condotta della C. la cui denuncia di smarrimento, riguardante una intera cartellina con documenti vari e con vari assegni tra cui quello in esame, peraltro postdatato,non comprovava il consapevole controllo da parte del ricorrente dell’esistenza, tra i titoli, di quello in esame e la conseguente consapevolezza della falsità della denuncia incriminata;

2) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione all’art. 110 c.p., per erronea applicazione della legge penale in tema di concorso di persona nel reato, stante l’omessa motivazione in relazione alla reale compartecipazione del ricorrente alla condotta della dipendente,con conseguente riflesso sulla asserita sussistenza dell’elemento soggettivo, apoditticamente ancorato sul solo fatto che la denunciante fosse difendente del ricorrente e che, quindi, costui non potesse non sapere della falsità della denuncia e relativa innocenza dell’incolpato prenditore del titolo, come se fosse stato proprio l’imputato a comprovata :ente determinare la donna alla falsa denuncia incriminata.

Il ricorso è fondato.

Come puntualmente sottolineato dalla difesa (ricorso a firma Avv.ti D’Alessandro Aricò) si sosteneva nel gravame che per una condanna, anche in punto di logica, per il contestato reato di calunnia era necessario valutare non tanto e non già la prova della consegna al T. del titolo, peraltro postdatato, ma precipuamente quella di avere l’imputato istigalo la denunciante C. a sostenere falsamente e non erroneamente lo smarrimento del titolo in esame, nel contesto di una denuda di smarrimento di svariati atti, contenuti in una cartellina, tra cui diversi assegni. E’ sotto questo profilo che l’indagine della Corte territoriale napoletana andava motivatamente sviluppata, senza invece supinamente sussumere le argomentazioni del GUP, ricorrendo ad una non corretta e assertivamente discutibile asserzione del non aver potuto l’imputato non sapere che il titolo era stato da lui consegnato e quindi non era tra quelli denunciati smarriti dalla sua dipendente. Questa mancanza di verifica da parte della Corte d’appello, puntualmente sollecitata dalla difesa,si traduce in vizio di legittimità di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), coinvolgendo anche l’aspetto attinente una corretta applicazione dell’ipotesi di concorso nella sussistenza stessa del reato di calunnia.

Determinante, infatti, egli effetti della comprovata sussistenza del dolo di tale reato è la consapevolezza,per quel che qui interessa,in capo al ricorrente, del fatto storico della denuncia di smarrimento sporta dalla difendente C. anche – si badi – del titolo da lui consegnato al T. (Coinvolgendo tale verifica l’esame motivato della sussistenza del dolo del cennato reato di calunnia che, in uno alla falsità consapevole dell’accusa, esige la comprovata certezza – in testa all’imputato – della innocenza dell’incolpato, come ribadito da questo giudice di legittimità con indirizzo costante.

Come del resto correttamente sottolineato anche nel ricorso a firma degli avv.ti Parise-Tognozzi, la motivazione risulta effetivamente carente su un passaggio essenziale dell’iter logico-argomentativo, ossia sull’ascrivibilità all’imputato di un’attività svolta da un soggetto terzo ( C.), passaggio ineludibile per la ritenuta sussistenza del dolo nel reato contestato al D.M..

Semplicistica e logicamente non accettabile la apodittica conclusione della Corte territoriale napoletana secondo cui il solo fatto che la donna denunciante fosse la dipendente del ricorrente coinvolgeva costui nella certezza della consapevole falsità della denuncia di smarrimento tra altri titoli – anche di quello a suo tempo consegnato al T. e quindi della assoluta certezza dell’innocenza dell’incolpato. S’impone, pertanto, nei termini innanzi enunciati, una motivata rivisitazione della vicenda con conseguente annullamento della sentenza impugnata e rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

P.Q.M.

ANNULLA la sentenza impugnata e RINVIA per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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