Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-06-2011) 22-06-2011, n. 25177

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Cagliari, giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta di sospensione ai sensi dell’art. 656 cod. proc. pen. dell’ordine di esecuzione emesso in data 19.10.2010 dal Procuratore generale presso la stessa Corte di appello nei confronti di F.D..

A ragione il Giudice dell’esecuzione ha osservato:

(a) che al momento dell’emissione dell’ordine di esecuzione il condannato (agli arresti domiciliari per il reato oggetto della condanna posta in esecuzione) si trovava ancora detenuto in carcere in forza della misura custodiale disposta (per altro titolo) nei suoi confronti in data 26.8.2010 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, giacchè la sostituzione di detta misura con quella degli arresti domiciliari, concessa con ordinanza 15.10.2010, non era stata ancora eseguita;

(b) che la pena residua era superiore ai tre anni, non potendosi calcolare ai fini della pena irrogata la pena detratta a titolo di liberazione anticipata sul periodo anticipatamente espiato.

2. Ricorre il condannato a mezzo del difensore avvocato Alessandro Gasparini, il quale chiede l’annullamento del provvedimento denunziando violazioni di legge. Osserva che entrambe le considerazioni della Corte di appello erano errate, giacchè:

(a) al momento della emissione dell’ordine di esecuzione – relativo alle condanne (1) in data 30.5.2007 della Corte di appello di Cagliari e (2) in data 3.6.2009 della Corte di appello di Sassari – il ricorrente era agli arresti domiciliari per la condanna infintagli dalla Corte di appello di Sassari e aveva già ottenuto gli arresti domiciliari in relazione al titolo cautelare emesso dal G.i.p. del Tribunale di Torino per il quale era pure detenuto, la scarcerazione non essendo stata ancora eseguita soltanto per la necessità di ottenere il trasferimento del luogo dei primi arresti domiciliari in quello indicato per i secondi;

(a.1.) secondo la Giurisprudenza di legittimità, per altro, la sospensione della misura non poteva essere impedita dalla circostanza che il condannato fosse detenuto per un titolo cautelare diverso rispetto a quello relativo al fatto in esecuzione;

(b) la liberazione anticipata riconosciuta sul presofferto incideva sulla pena da eseguire e quindi al momento della emissione dell’ordine di esecuzione questa era in concreto inferiore a tre anni (tanto che la scarcerazione era fissata al 12.8.2013).

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso è fondato in relazione ad entrambe le censure prospettate.

2. E’ indubbio che la sospensione di cui all’art. 656 c.p.p., comma 5, non opera nei confronti del condannato che, al momento dell’esecuzione di una pena detentiva breve, si trovi già in stato di detenzione in carcere in espiazione di altro titolo, oppure in stato di detenzione cautelare in carcere per il fatto oggetto della condanna da eseguire.

Inequivoco, in tal senso, è il tenore letterale dell’art. 565 cod. proc. pen., ove venga posta attenzione: da un lato alla specifica esclusione prevista dal comma 9, lett. b), che limita la non applicabilità della sospensione all’ipotesi in cui il condannato "per il fatto oggetto della condanna da eseguire" si trovi "in stato di custodia cautelare in carcere" (ostativa, dunque, solo se concernente lo stesso fatto); dall’altro, all’espressa menzione della circostanza che il condannato si trovi "agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire", quale condizione della sospensione con permanenza di tale stato detentivo, prevista dal comma 10 del medesimo articolo.

E tale lettura trova sicura rispondenza, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, nella ratio dell’istituto.

Per chi è già in carcere in esecuzione di condanna diversa da quella oggetto della nuova esecuzione, non sussiste difatti, in concreto, l’esigenza di assicurare il mantenimento dello status libertatis, anche perchè il pubblico ministero, in presenza di più sentenze di condanna per reati diversi, è obbligato, ex art. 663 cod. proc. pen., a determinare la pena complessiva. Con la conseguenza che, in caso di concorso di pene detentive brevi, ciascuna delle quali, singolarmente considerata, potrebbe dare luogo a sospensione del provvedimento di carcerazione in vista della possibile applicazione di benefici penitenziari, il cumulo può di fatto portare ad una pena complessiva superiore ai limiti di legge cui è subordinata la concessione delle misure alternative richiedibili e, quindi, all’oggettiva impossibilità di applicare comunque la sospensione dell’ordine di esecuzione ex art. 656 cod. proc. pen..

Situazione all’evidenza diversa è quella del condannato che si trovi per altra causa in stato di detenzione domiciliare (Corte cost., sentenza n. 422 del 1999; e tra molte, da ultimo, Sez. 1, sent. n. 16813 del 23/04/2010, Longobardi) o agli arresti domiciliari per lo stesso titolo (Sez. 5, sent. n. 12620 del 02/03/2006, Casula), in relazione alle quali la finalità della norma è di impedire che il condannato debba senza reali ragioni di sicurezza far ingresso in carcere all’atto dell’esecuzione della condanna prima di poter accedere ad una misura alternativa simile a quella già concessagli in fase cautelare.

Ma non può negarsi che situazione diversa sia anche quella del condannato che si trovi in carcere soltanto per altro titolo cautelare. In questo caso, infatti, l’assenza di stabilità della misura cautelare e la sua innegabile differente natura rende la situazione di chi vi è sottoposto all’evidenza non omologabile ex se a quella oggetto della specifica previsione dell’art. 656 cod. proc. pen., comma 9, lett. b) prima ricordata.

Non è consentito perciò estendere "in via analogica" l’esclusione alla sospensione ivi prevista per la custodia in carcere in relazione al fatto oggetto della condanna da eseguire, ai casi di custodia cautelare carceraria per titolo diverso rispetto a quello posto in esecuzione.

Nè è vero che la giurisprudenza di questa Corte registri sul punto un contrasto, giacchè sono al contrario sostanzialmente conformi sia le decisioni che concordano nell’affermare che la sospensione dell’ordine di esecuzione di una pena detentiva breve non opera (solamente) nei confronti del condannato che, al momento dell’esecuzione della pena, si trovi già in espiazione in carcere per altro titolo oppure in stato di detenzione cautelare in carcere per il fatto oggetto della condanna da eseguire (Sez. 1, n. 24918 del 27/05/2009, Di Marzo; Sez. 4, sent. n. 18362 del 22/03/2007, Guamieri e Sez. 5, Casula citata, e le molte citate come conformi); sia quelle altre decisioni (non esattamente citate come difformi) che si riferiscono appunto alla sospendibilità dell’ordine di esecuzione nella differente ipotesi in cui il condannato si trova detenuto non già in espiazione della pena, ma in forza di titolo cautelare afferente altro procedimento (Sez. 1, sent. n. 5995 del 04/02/2009, Ferretti; Sez. 1, sent. n. 377 del 23/11/2004, Grilli; Sez. 1, sent. n. 37174 del 22/06/2004, Di Pietro; Sez. 1, sent. n. 38511 del 03/10/2002, Sami Nabil; Sez. 6, sent. n. 8498 del 09/01/2001, Natchev), delle quali occorreva fare applicazione nella situazione in esame.

2. Errata è inoltre l’affermazione che ai fini della sospensione dell’esecuzione debba aversi riguardo alla pena "irrogata".

E’ certo che il pubblico ministero può mettere in esecuzione soltanto pene concretamente eseguibili, e quindi non la pena già patita in custodia cautelare nè quella condonata o condonabile e neppure quella virtualmente da imputare alla pena espiata in virtù del riconoscimento della liberazione anticipata. Alla pena concretamente eseguibile si riferisce espressamente l’art. 656 c.p.p., comma 1, che disciplina l’ordine di esecuzione del Pubblico ministero. E a scanso d’ogni equivoco il comma 5 del medesimo articolo, nell’indicare il duplice limite di pena che è condizione per la sospensione (automatica, salvi casi dei commi 7 e 9) della esecuzione, espressamente sottolinea "anche se costituente residuo di maggior pena", in tal modo ricordando la necessità, al fine della verifica dei presupposti per la sospensione, delle doverose operazioni di sottrazione del presofferto e delle estinzioni parziali.

Per conseguenza, ai fini della individuazione della quantità della pena espianda che impone la sospensione dell’ordine di esecuzione, come non possono calcolarsi il presofferto e le pene condonate, così neppure possono computarsi le frazioni di pena da imputare al presofferto in forza del riconoscimento, in relazione ad esso, della liberazione anticipata.

3. Il provvedimento impugnato deve dunque essere annullato e gli atti vanno rinviati al giudice dell’esecuzione per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Cagliari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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