Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-06-2011) 22-06-2011, n. 25172Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di riesame di Reggio Calabria confermava il sequestro preventivo disposto nei confronti della impresa individuale Azzurra Costruzioni di P.A. (classe (OMISSIS)) sussistendo i gravi indizi in relazione al delitto di cui all’art. 416 bis c.p. e L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies aggravato dalla L. n. 203 del 1991, art. 7 consistito nel fatto di aver accettato l’intestazione fittizia della impresa allo scopo di consentire ai capi della cosca Pelle di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale. Le fonti di prova erano costituite da accertamenti di P.G. e dal risultato di intercettazioni ambientali svoltesi nell’abitazione del capo clan e rappresentanti veri e propri summit mafiosi. Da queste in via indiretta si ricavavano prove dell’esistenza del clan, della sua operatività e potenza, della seria attività economica lucrosa posta in essere, della riferibilità diretta ai capi clan dei suddetti beni e attività imprenditoriali, in particolare con riferimento alla impresa individuale emergeva che veniva gestita direttamente dai fratelli G., S. e P.D., tenendo i contatti con l’esterno ed essendo unico punto di riferimento per maestranze e fornitori. Osservava il tribunale che per la sussistenza del reato, che era di pericolo non era necessaria la prova che vi fosse stata effettivamente l’elusione della legislazione in materia di misure di prevenzione, essendo sufficiente che tale elusione fosse lo scopo dell’intestazione fittizia. L’attuale indagato ne rispondeva a titolo di concorso con colui che aveva effettuato l’intestazione fittizia, essendo certa la sua consapevolezza, per i rapporti familiari e per la perfetta conoscenza dell’esistenza del clan mafioso familiare, di cui faceva parte. Il bene in questione poteva essere oggetto di confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 416 bis c.p., comma 7, o poteva essere considerato come cosa che serviva per commettere il reato, sussisteva sia fumus boni iuris sia il periculum in mora, coincidente con la mafiosità del bene stesso.

Avverso la decisione presentava ricorso l’indagato deducendo violazione di legge in quanto l’impianto accusatorio si reggeva solo sul contenuto di alcune conversazioni e su mere congetture, basate sul legame genitoriale con P.G., considerato capo clan;

nessun elemento era stato fornito sulla partecipazione dell’indagato alla cosca di riferimento e sul ruolo da lui svolto; in relazione al delitto di intestazione fittizia non era stata fornita alcuna indicazione sul come, quando e perchè il bene sarebbe stato fittiziamente intestato all’indagato, incombendo sulla accusa tale prova, così come nessuna motivazione era stata data sulla sussistenza dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile in quanto contiene osservazioni del tutto generiche che non tengono conto degli elementi probatori posti alla base della misura; dalle conversazioni intercettate e dagli accertamenti di P.G. è emerso in modo inequivoco come tale bene fosse interamente gestito dai fratelli P., gli unici a trattare con le ditte, con i fornitori e con i dipendenti; costoro rivendicavano la titolarità del bene e mai alcun atto di gestione era stato compiuto dall’indagato, il quale, invece, ben conosceva l’ambito nel quale si muovevano i familiari, ben sapeva di non essere il vero titolare dell’azienda e partecipava anche se silente ai summit mafiosi nei quali veniva gestita la vita del clan. Ne discende la sussistenza sia fumus boni iuris dei delitti contestati e della confiscabilità del bene stesso.

Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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