CASSAZIONE, SEZIONE VI – ORDINANZA 25 novembre 2010, n.23914 IL PERICOLO DEL CONTRASTO TRA GIUDICATI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

§1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. si sono svolte le seguenti considerazioni:

«[…] 3. – Con l’unico motivo di ricorso si deduce la mancanza del rilevato rapporto di pregiudizialità logico-giuridico, in considerazione della qualificazione di donazione remuneratoria – pacifica tra le parti ed emergente dallo stesso provvedimento impugnato – dell’atto di liberalità sul quale la F. ancora la propria pretesa alla perdurante durata del comodato. In particolare il ricorrente precisa di avere dedotto in giudizio il contratto di donazione unicamente quale riscontro probatorio dell’esistenza del rapporto di comodato, posto che la F. si era indotta alla donazione, spinta da un sentimento di riconoscenza per precedenti benefici ricevuti e non già per una promessa ricevuta dal donatario di cui non vi sarebbe traccia nell’atto. Di conseguenza – a parere dello stesso ricorrente – la pretesa della F. di restare nella detenzione dell’immobile «anche per il futuro», quand’anche fondata su un’interpretazione interessata dell’atto di liberalità, al punto di trasformare un’aspirazione della donante in un onere del donatario, sarebbe suscettibile di essere valutata dal giudice del merito, prescindendo dalla fondatezza o meno della domanda di validità o nullità della donazione.

3.1. Il ricorso appare meritevole di accoglimento.

In via di principio si osserva – in conformità al consolidato indirizzo di questa Corte – che la sospensione necessaria del processo può essere disposta, a norma dell’art. 295 cod. proc. civ., quando la decisione del medesimo dipenda dall’esito di altra causa, nel senso che questo abbia portata pregiudiziale in senso stretto, e cioè vincolante, con efficacia di giudicato, all’interno della causa pregiudicata (confr. Cass. civ. 28 dicembre 2009, n. 27426). Tale rapporto ricorre, dunque, solo quando una situazione sostanziale rappresenti fatto costitutivo o comunque elemento della fattispecie di altra situazione sostanziale, sicché occorra garantire uniformità di giudicati, essendo la decisione del processo principale idonea a definire in tutto o in parte il thema decidendum del processo pregiudicato (confr. Cass. civ. n. 27426 del 2009 cit.).

Orbene – pacifica la natura di donazione remuneratoria dell’atto di liberalità della cui validità si discute nel giudizio ritenuto “pregiudicante” – non è dato ravvisare alcuna influenza processuale (e non di mero fatto) dello stesso giudizio rispetto a quello di risoluzione del comodato, posto che quest’ultimo non trova titolo nella donazione, né costituisce un elemento di essa. Invero – considerato che la donazione remuneratoria è caratterizzata dalla rilevanza giuridica che in essa assume il “motivo” dell’attribuzione patrimoniale, correlato ad un precedente comportamento del donatario – il comodato si porrebbe, al più, come mero antecedente fattuale della “speciale remunerazione” che connoterebbe la donazione; in ogni caso – valida o invalida la donazione – non è da ciò che può dipendere la decisione sulla permanente durata o meno del comodato.

In tale contesto non appare pertinente il richiamo al precedente di questa Corte (sentenza n. 1285/2006) menzionato nel provvedimento impugnato, non essendo dato di comprendere – al di là dell’assertivo rilievo contenuto nello stesso provvedimento – in qual modo il giudizio di simulazione della donazione possa costituire l’antecedente logico-giuridico necessario dalla cui decisione, con efficacia di giudicato, possa dipendere la decisione della causa di risoluzione del comodato.».

§2. Il Collegio non condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione.

Esse, infatti, in disparte ogni considerazione sull’esattezza della valutazione di insussistenza del rapporto di pregiudizialità fra le due cause, non sono condivisibili, per l’esistenza di una ragione che la Corte deve rilevare d’ufficio e che rende – indipendentemente da quella valutazione – per ciò solo illegittimo il provvedimento di sospensione.

Invero, nella specie il giudizio sospeso e quello asseritamente pregiudicante pendono davanti allo stesso ufficio. In tale situazione, prima di procedere alla valutazione sulla sussistenza di un rapporto di pregiudizialità idoneo a giustificare la sospensione dell’uno in attesa della definizione dell’altro, il Tribunale avrebbe dovuto esercitare i poteri di cui al secondo comma dell’art. 274 c.p.c. in funzione della possibilità di una riunione dei due giudizi e, quindi, rimettere il fascicolo della causa di rilascio iure comodati al Presidente del Tribunale in funzione dell’adozione di un provvedimento di designazione alla trattazione di entrambi i procedimenti da parte di un unico magistrato, che avrebbe dovuto valutare l’eventualità della loro riunione, peraltro non ostacolata dalla diversità del rito dell’uno e dell’altro, posto che il terzo comma dell’art. 40 c.p.c. avrebbe imposto la trattazione con il rito ordinario. Invero, allorquando due giudizi in ipotetica relazione di pregiudizialità-dipendenza agli effetti dell’art. 295 c.p.c. pendono davanti allo stesso giudice-ufficio ma davanti a diversi magistrati oppure davanti allo stesso magistrato, l’assicurazione dell’esigenza del coordinamento fra le decisioni su di essi deve avvenire necessariamente in via preliminare attraverso la verifica della possibilità di una loro riunione per la trattazione congiunta, posto che in essa, se lo stato della cause lo consente, quel coordinamento può senz’altro avvenire, attraverso una decisione che risolva allo stesso modo il punto che nell’una causa è pregiudicato e nell’altra è pregiudicante. Solo se la riunione non sia possibile per lo stato delle due cause, il meccanismo per la realizzazione del coordinamento dev’essere quello dell’art. 295 c.p.c.

L’ordinanza impugnata non ha osservato tali principi, ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte: si veda, per tutte, Cass. (ord.) n. 13194 del 2008, secondo cui: «Nel caso in cui tra due procedimenti, pendenti dinanzi al medesimo ufficio o a sezioni diverse del medesimo ufficio, esista un rapporto di identità o di connessione, il giudice del giudizio pregiudicato non può adottare un provvedimento di sospensione ex art. 295 cod. proc. civ., ma deve rimettere gli atti al capo dell’ufficio, secondo le previsioni degli artt. 273 o 274 cod. proc. civ., a meno che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione. La violazione di tale principio può essere sindacata, anche d’ufficio, dalla Corte di cassazione in sede di regolamento di competenza proposto avverso il provvedimento di sospensione.»; in precedenza, Cass. (ord.) n. 17227 del 2008, secondo cui: «Allorquando sussista una situazione che, in ragione di nessi tra procedimenti pendenti avanti allo stesso ufficio giudiziario, riconducibili alle fattispecie di cui agli artt. 273 o 274 cod. proc. civ., avrebbe dovuto giustificare la rimessione al capo dell’ufficio di uno o dei procedimenti al fine della valutazione circa la loro riunione – nel caso dell’art. 273 – e circa la designazione di un unico magistrato o della stessa sezione per l’adozione dei provvedimenti opportuni – nel caso dell’art. 274 -, l’inosservanza di tale “modus procedendi” da parte del giudice avanti al quale si trovi uno dei procedimenti e l’adozione di un provvedimento di sospensione del giudizio avanti di lui pendente per pretesa pregiudizialità dell’altro, pendente avanti ad altro magistrato dell’ufficio (e anche presso una sezione distaccata o la sede principale dello stesso ufficio) rientra fra i fatti processuali che la Corte di cassazione, in sede di regolamento di competenza,deve valutare per stabilire se detto provvedimento sia stato adottato legittimamente, salvo il rilievo da attribuirsi alle successive vicende del processo considerato pregiudicante, ove prospettate dalle parti od emergenti dagli atti. Ne consegue che se, quando ha adottato il provvedimento, il giudice di merito si trovava in una situazione in cui non sarebbe stato legittimato ad adottarlo, ma avrebbe dovuto riferire al capo dell’ufficio per l’adozione del procedimento di cui al secondo comma delle norme degli artt. 273 e 274 cod. proc. civ., la Corte di cassazione deve considerare il provvedimento di sospensione illegittimo, a meno che non risulti che, in relazione allo stato raggiunto dal processo ritenuto pregiudicante, non sarebbe possibile l’adozione da parte del giudice che emise il provvedimento di sospensione del “modus procedendi” imposto da quelle norme. (Sulla base di tali principi, poiché nella specie non risultava che il processo asseritamente pregiudicante avanti alla sede principale del tribunale non vi pendesse più, la S.C. ha caducato il provvedimento di sospensione adottato dalla sede distaccata).»; adde: Cass. (ord.) n. 17468 del 2010; Cass. (ord.) n. 19 del 2009; Cass. (ord.) n. 604 del 2009; Cass. (ord.) n. 606 del 2009; Cass. (ord.) n. 30094 del 2008; Cass. (ord.) n. 29581 del 2008; Cass. (ord.) n. 29578 del 2008 da ultimo, a proposito di procedimenti identici, Cass. (ord.) n. 9510 del 2010, secondo cui: «La contemporanea pendenza, davanti al medesimo giudice, da intendersi come ufficio giudiziario, di più procedimenti relativi alla stessa causa non é riconducibile all’ambito di disciplina dell’art. 39, primo comma, cod. proc. civ., che postula la pendenza della stessa causa davanti a giudici diversi, ma dà luogo all’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 273 cod. proc. civ.»).

In base ai richiamati principi l’ordinanza impugnata dev’essere caducata con conseguente disposizione di prosecuzione del giudizio, nel quale il Tribunale procederà alla valutazione ai sensi dell’art. 274, secondo comma, c.p.c.

§3. Il Collegio, peraltro, ritiene opportuno, in funzione di assicurazione della nomofilachia, precisare che fra i due giudizi di cui trattasi si configura effettivamente una relazione di pregiudizialità-dipendenza, atteso che nel giudizio in cui è stata emessa l’ordinanza di sospensione si discute di pretesa di rilascio ad un bene determinato, quello dato in comodato, e nell’altro giudizio si discute della simulazione di un contratto, la donazione rimuneratoria, nell’ambito del quale, ad avviso della F., in una con il conferimento donandi causa di altro bene proprio in funzione di riconoscimento dell’esistenza del pregresso comodato della casa di abitazione del quale si discute nell’altro giudizio, sarebbe stata prevista la protrazione del godimento iure commodati. Invero, se dall’esito dell’accertamento relativo al giudizio di simulazione della donazione dovesse scaturire la declaratoria della nullità della donazione, si avrebbe che l’eccezione svolta dalla F. nel giudizio di rilascio iure commodati sotto il profilo del diritto di permanere nella detenzione sarebbe pregiudicata nel senso della infondatezza, posto che resterebbe travolta anche la clausola sulla protrazione del comodato. Ma, ove l’esito fosse quello di accertamento della validità della donazione e, quindi, anche della clausola sulla detta protrazione, il pregiudizio opererebbe in senso opposto, cioè nel senso che l’eccezione sarebbe fondata.

La relazione di pregiudizialità-dipendenza fra i due giudizi, dunque, al di là della scarna motivazione dell’ordinanza impugnata, è palese.

Né al fine del suo apprezzamento può avere rilievo la circostanza che la stessa F. chiedendo la declaratoria della simulazione della donazione postuli un effetto per lei pregiudizievole, ove riconosciuta la fondatezza della domanda, nell’altro giudizio.

Il rapporto di pregiudizialità dev’essere, infatti, apprezzato del tutto oggettivamente e, quindi, con riferimento ad entrambi gli esiti possibili del giudizio pregiudicante.

Ove, pertanto, i due giudizi fossero stati pendenti davanti a due uffici giudiziari diversi, ovvero, pur pendendo dinanzi al medesimo ufficio, fosse stata impossibile la riunione per lo stato di uno di essi, la sospensione si sarebbe effettivamente dovuta disporre.

Il principio di diritto che viene in rilievo è il seguente: «Sussiste relazione di pregiudizialità-dipendenza fra un giudizio di rilascio di un immobile, goduto secondo l’attore in comodato precario dal convenuto, e nel quale costui abbia eccepito il suo diritto di permanere nel godimento in forza della pattuizione intervenuta in una donazione remuneratoria con l’attore stipulata, ed il giudizio in cui lo stesso convenuto abbia chiesto l’accertamento della simulazione del contratto di donazione remuneratoria in forza del quale egli ha trasferito ad comodante altro immobile (nella specie proprio in asserita remunerazione del precario) e nel contempo sia stata pattuita la protrazione del comodato invocata nell’altro giudizio. L’accertamento negativo o positivo della simulazione, infatti, determinando l’accertamento della validità o meno anche della clausola relativa alla protrazione del comodato, pregiudica l’eccezione prospettata nel giudizio di rilascio iure commodati».

§4. Conclusivamente, l’ordinanza è caducata e dev’essere disposta la prosecuzione del giudizio.

§5. Il termine per la riassunzione è fissato in mesi quattro dalla comunicazione del deposito della presente. Al giudice di merito è rimessa la decisione sulle spese del giudizio di regolamento di competenza.

P.Q.M.

La Corte dispone la prosecuzione del giudizio. Fissa per la riassunzione termine di mesi quattro dalla comunicazione del deposito della presente. Rimette al giudice di merito la decisione sulle spese del giudizio di regolamento di competenza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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