Cass. civ. Sez. I, Sent., 07-11-2011, n. 23144 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

olgimento del processo

che L.G., con ricorso del 13 maggio 2008, ha impugnato per cassazione – deducendo tre motivi di censura -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Roma depositato in data 17 aprile 2007, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del L. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, -, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale ha concluso per la reiezione del ricorso -, ha dichiarato inammissibile il ricorso;

che il Ministro della giustizia, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 8.600,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 14 dicembre 2005, era fondata sui seguenti fatti: a) il L., asseritamente creditore, in nome e per conto della figlia minore, dell’indennità di accompagnamento, aveva proposto – con ricorso del 29 dicembre 1999 – la relativa domanda dinanzi al Pretore di Napoli, in funzione di giudice del lavoro; b) il Pretore adito aveva deciso favorevolmente la causa con sentenza del 9 aprile 2004;

c) in costanza di inadempimento dell’INPS, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 27 giugno 2005, aveva assegnato la somma dovuta in sede di pignoramento presso terzi;

che la Corte d’Appello di Roma, con il suddetto decreto impugnato, ha dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto questo è stato proposto oltre il termine di sei mesi dalla data in cui la sentenza che ha definito il processo presupposto è divenuta definitiva:

cioè, in data 14 dicembre 2005, mentre la sentenza del Pretore di Napoli del 9 aprile 2004 è passata in giudicato in data 9 aprile 2005.

Motivi della decisione

che, con i tre motivi di censura – i quali possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione -, si sostiene che, conformemente alla giurisprudenza della Corte EDU, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui dispone che la domanda di riparazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di sei mesi dal momento in cui la decisione conclusiva del processo presupposto è divenuta definitiva, deve interpretarsi nel senso che il dies a quo decorre dal momento in cui il diritto azionato ha trovato effettiva realizzazione, con la conseguenza che, nella specie, il predetto termine iniziale avrebbe dovuto esser fatto decorrere dal 27 giugno 2005, data della ordinanza del giudice dell’esecuzione di assegnazione della somma dovuta;

che il ricorso non merita accoglimento;

che, secondo diritto vivente, in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, questo va identificato, in base all’art. 6 della CEDU, sulla base delle situazioni soggettive controverse ed azionate su cui il giudice adito deve decidere, situazioni che, per effetto della suddetta norma sovranazionale, sono "diritti e obblighi", ai quali, avuto riguardo agli artt. 24, 111 e 113 Cost., devono aggiungersi gli interessi legittimi di cui sia chiesta tutela ai giudici amministrativi, con la conseguenza che, in rapporto a tale criterio distintivo, il processo di cognizione e quello di esecuzione regolati dal codice di procedura civile e quello cognitivo del giudice amministrativo e il processo di ottemperanza teso a far conformare la P.A. a quanto deciso in sede cognitoria, devono considerarsi, sul piano funzionale (oltre che strutturale), tra loro autonomi, in relazione, appunto, alle situazioni soggettive differenti azionate in ciascuno di essi, con l’ulteriore conseguenza che, in dipendenza di siffatta autonomia, le durate dei predetti giudizi non possono sommarsi per rilevarne una complessiva dei due processi (di cognizione, da un canto, e di esecuzione o di ottemperanza, dall’altro) e che, perciò, solo dal momento delle decisioni definitive di ciascuno degli stessi, è possibile, per ognuno di tali giudizi, domandare, nel termine semestrale previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4 l’equa riparazione per violazione del citato art. 6 della CEDU, con conseguente inammissibilità delle relative istanze in caso di sua inosservanza (cfr., ex plurimis, le sentenze delle Sezioni unite nn. 27348 e 27365 del 2009, nonchè le successive sentenze nn. 16828 del 2010 e 820 del 2011);

che pertanto, nella specie, il termine semestrale di decadenza dal diritto di proporre l’azione di riparazione, di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4 è scaduto – come esattamente rilevato dai Giudici a quibus – in data 9 ottobre 2005, mentre la stessa azione è stata intempestivamente promossa in data 14 dicembre 2005;

che non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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