Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-06-2011) 22-06-2011, n. 25169

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale del riesame di Lecce rigettava l’appello presentato da S.G. avverso il rigetto della richiesta di retrodatazione dei termini di custodia cautelare ai sensi dell’art. 297 c.p.p.. Osservava che l’indagato nel presente procedimento era in stato di custodia cautelare dal 7/9/2010 per due rapine risultate commesse nel 2007 e che dal 28/1/2008 era in stato di custodia cautelare anche per altro titolo inerente il traffico di stupefacenti, che i due procedimenti erano davanti alla medesima autorità giudiziaria, ma che tra loro non vi era connessione, quindi l’unica indagine che doveva essere svolta riguardava la conoscibilità da parte dell’autorità giudiziaria procedente, che aveva emesso l’ordinanza nel 2008, di tutti gli elementi indiziari da cui trarsi il giudizio prognostico di reità anche in relazione alle due rapine commesse nel 2007, ma per le quali si era proceduto nel 2010.

Rilevava che certamente a quel momento erano stati già raccolti elementi investigativi sui soggetti che potevano essere responsabili di quelle rapine, come emergeva dalle richieste di proroga delle intercettazioni in corso, ma si trattava di elementi evanescenti che non consentivano una valutazione globale e unitaria. Emergeva inoltre che solo nel 2009 e nel 2010 era stata presentata una informativa che raccoglieva tutti gli indizi di colpevolezza idonei per l’adozione della misura cautelare, quali gli accertamenti sulla vettura, i fotogrammi tratti dalla videoregistrazione, l’esito degli accertamenti del RIS sulle tracce di sangue reperiate sul luogo del fatto.

Avverso la decisione presentava ricorso l’indagato e deduceva:

– Erronea applicazione della legge processuale e manifesta illogicità della motivazione in quanto ai fini della retrodatazione dei termini di custodia cautelare rilevava solo la singola e specifica posizione processuale e non invece lo stato delle indagini complessive, cioè doveva effettuarsi la valutazione se gli elementi a carico del S. erano già conoscibili ed in effetti tutti i successivi accertamenti che avevano portato alle informative del 2009 e del 2010 non avevano portato alcun elemento nuovo nei confronti dell’attuale indagato; nel 2008, quando era stata emessa la misura per violazione degli stupefacenti, vi erano già i risultati delle intercettazioni, i servizi di osservazione e le dichiarazioni dei dipendenti delle banche rapinate, unici elementi rilevanti nei confronti del S.; si trattava di reati istantanei e quindi non necessitavano di alcuna ulteriore analisi; la verifica dei fotogrammi della videoregistrazione e gli accertamenti del RIS erano del tutto irrilevanti visto che al S. era contestato il ruolo di mandante e organizzatore della rapine e non di esecutore materiale; dall’esame degli atti emergeva con evidenza che il ruolo e gli indizi a carico del S. erano già ampiamente conosciuti e completi.

La Corte ritiene che l’ordinanza debba essere annullata con rinvio alla luce della decisione n. 14535 emessa dalle Sezioni Unite della Corte in data 19 dicembre 2006, ric. Librato, dep. il 10 aprile 2007.

Tale decisione ricostruisce l’intero stato della giurisprudenza di legittimità e costituzionale in merito all’art. 297 c.p.p., comma 3, partendo dalla decisione delle Sezioni Unite del 22 marzo 2005 n. 21957 che aveva disciplinato la fattispecie della decorrenza dei termini di custodia cautelare chiarendo che:

– nel caso di più ordinanze relative al medesimo procedimento, per lo stesso fatto o per fatti diversi, commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza e legati da connessione qualificata, la retrodatazione opera indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti quei fatti (rv. 231057);

– nel caso di procedimenti diversi, se i fatti diversi relativi alle due ordinanze sono legati da una connessione qualificata la retrodatazione opera se i secondi erano desumibili dagli atti del primo procedimento prima del rinvio a giudizio (rv. 231958);

– nel caso di più ordinanze emesse nello stesso procedimento per fatti non legati da connessione qualificata, la retrodatazione opera solo se al momento della emissione della prima ordinanza esistevano elementi idonei a giustificare la misura adottata con la seconda.

L’intervento della Corte Costituzionale che con la decisione n. 408 del 2005 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 297 c.p.p., comma 3, nella parte in cui non si applica anche a fatti diversi non connessi, quando risulti che gli elementi per emettere la nuova ordinanza erano già desumibili dagli atti al momento dell’emissione della prima, ha determinato il dubbio che tale principio potesse applicarsi, non solo a fatti diversi relativi allo stesso procedimento ma anche a fatti diversi relativi a diversi procedimenti. La decisione sul punto delle Sezioni Unite del 2007 distingue tra il caso in cui i diversi procedimenti pendono davanti ad autorità giudiziarie diverse, per i quali la retrodatazione non ha alcuna ragione di operare, da quello in cui i diversi procedimenti pendono davanti alla stessa autorità giudiziaria, in questo secondo caso se per i fatti oggetto del secondo provvedimento cautelare il procedimento aveva avuto inizio, o avrebbe dovuto averlo, al momento dell’emissione della prima ordinanza, può ritenersi che l’adozione della seconda misura sia stata il frutto di una scelta del P.M., pur essendo gli elementi già desumibili dagli atti. In tale seconda fattispecie la retrodatazione opera automaticamente se i fatti sono collegati da connessione qualificata, mentre in mancanza di connessione, non giustifica la retrodatazione il fatto che l’ordinanza emessa nel secondo procedimento si fondi su elementi già presenti nel primo, visto che in molti casi gli elementi probatori non manifestano immediatamente il loro significato. Pertanto la circostanza che alcuni elementi siano stati in possesso degli organi delle indagini non dimostra che ne avessero individuato la portata probatoria, visto che l’elaborazione di alcuni atti di indagine, quali ad esempio le intercettazioni, danno ragione dell’intervallo di tempo trascorso tra l’acquisizione delle fonti prova e l’inizio del procedimento.

In conclusione ritengono le Sezioni Unite, che quando in differenti procedimenti, non legati da connessione qualificata, vengono emesse più ordinanze cautelari per fatti diversi, e gli elementi giustificativi della seconda erano già desumibili dagli atti al momento dell’emissione della prima, opererà la retrodatazione se i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa autorità giudiziaria e la loro separazione è frutto di una scelta del P.M..

Il giudice di rinvio dovrà quindi rivalutare la richiesta di retrodatazione avanzata da S.G., tenendo presente che la fattispecie sottoposta al suo esame è quella di procedimenti pendenti davanti alla medesima autorità giudiziaria, riguardanti fatti non qualificati da connessione, esplicitando, alla luce delle specifiche deduzioni del difensore, se tutti gli elementi giustificativi della seconda misura nei confronti di quell’indagato, e specificamente con riferimento al suo ruolo, erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della prima; in caso positivo, se la loro elaborazione necessitava di un tempo che potesse giustificare l’inizio del secondo procedimento in un momento diverso dalla loro acquisizione formale, trattandosi di elementi desunti anche da intercettazioni telefoniche.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale del riesame di Lecce.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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