T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, Sent., 24-06-2011, n. 1144 Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il ricorrente impugna il provvedimento di rigetto della richiesta di rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un fabbricato composto da due corpi di fabbrica a piano terra da destinare a civile abitazione, su suolo identificato al catasto al fg. 6, p.lla 520.

2. A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi di censura:

a) violazione ed erronea applicazione degli artt. 9 d.P.R. n. 380/2001 e 9 del d.P.R. n. 327/2001, della disciplina del P.R.G. vigente relativa alle zone omogenee Bb, dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e degli artt. 42 e 97 Cost.;

b) eccesso di potere per erronea presupposizione, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e irragionevolezza e per violazione ed erronea applicazione del parere di conformità reso dall’Autorità di Bacino della Puglia con nota datata 13 marzo 2010.

3. Si è costituita l’Amministrazione intimata, concludendo per il rigetto del ricorso.

4. All’udienza pubblica del 21 aprile 2011 fissata per la trattazione del ricorso la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte.

I.1. In primo luogo, va sottolineato che l’iter logicogiuridico seguito dall’Amministrazione nel motivare il provvedimento negativo è chiaramente espresso.

Infatti, l’Amministrazione intimata motiva il provvedimento di diniego del permesso di costruire evidenziando il contrasto del progetto presentato con le disposizioni di cui all’art. 9 del d.P.R. n. 380/2001, contenente, in virtù del richiamo inserito nell’art. 9 del d.P.R. n. 327/2001, la disciplina urbanistica per l’ipotesi in cui il vincolo preordinato all’esproprio sia decaduto. Così facendo, l’Autorità comunale ha considerato il terreno del ricorrente sostanzialmente privo di disciplina pianificatoria e, come tale, possibile destinatario solo degli interventi minori abilitati da tale norma, ritenendo irrilevante l’inserimento del terreno in un contesto urbanizzato di edificazione diffusa.

I.2. Peraltro, il ricorrente, contestando nel merito le ragioni addotte dall’Amministrazione, sostiene che la decadenza del vincolo, per decorrenza del periodo di validità, comporti la completa riespansione delle originarie facoltà dominicali e che, pertanto, l’area debba essere considerata come esprimente la stessa capacità edificatoria della zona residenziale Bb, di appartenenza, non essendo sfornita, in assoluto, di una programmazione d’uso del territorio.

I.3. La censura non coglie nel segno.

I.3.1. Si premette che la destinazione a parcheggio pubblico, può assumere sia la connotazione di un vincolo preordinato all’espropriazione, che quella della previsione conformativa di aree destinate a standards.

Infatti, quando l’Amministrazione disciplina il territorio prevedendo a corredo di un lotto edificabile determinate aree destinate a parcheggio e queste ultime integrano la previsione degli standard di qualità dell’edificazione e della disciplina urbanistica del terreno medesimo, dette previsioni, se mantenute nel rispetto delle prescrizioni di cui al D.M. n. 1444 del 1968, non solo non incidono sul contenuto del diritto di proprietà limitando lo "jus aedificandi", ma, al contrario, lo arricchiscono perché, concorrendo a determinare i concreti indici di fabbricabilità, costituiscono i requisiti della qualità del tessuto urbano e della prevista edificabilità dei suoli.

È da ritenersi, quindi, che la destinazione nel P.R.G. a parcheggio pubblico, non costituisce necessariamente e ontologicamente un vincolo espropriativo, dipendendo tale qualificazione, in concreto, dalla effettiva incidenza che la relativa previsione esplica sul contenuto del diritto di proprietà, elemento questo che necessariamente va coordinato con l’onere della prova.

Al riguardo, va precisato che:

a) tali destinazioni non escludono necessariamente l’intervento privato posto che il parcheggio può essere realizzato e gestito da un privato che ne fa oggetto dell’esercizio di una attività economica;

b) in tal caso, trattasi di una previsione che si limita ad imporre una vocazione specifica ad una determinata porzione di suolo, il cui fine è solo quello di assicurare il corretto equilibrio della trasformazione urbanistica tra volumi edilizi veri e propri ed attività a servizio degli abitanti, senza quindi con ciò comportare necessariamente che debba trattarsi della previsione di una opera pubblica (T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 15 ottobre 2007, n. 1662);

c) spetta al ricorrente allegare la prova che la previsione a parcheggio, così come disposta dal P.R.G., incide sullo "jus aedificandi", comprimendolo, svuotandolo o comunque pregiudicando gravemente il diritto di proprietà;

d) in assenza di tale dimostrazione, l’asserita equivalenza astratta e generale tra previsione a parcheggio e vincolo espropriativo non ha base fattuale, perché mancano le oggettive ed intrinseche caratteristiche delle destinazioni delle aree che le rendano incompatibili con la proprietà privata (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 02 gennaio 2009, n. 5).

I.3.2. Con riferimento al caso specifico, la destinazione a parcheggio pubblico, impressa dallo strumento urbanistico, concreta vincolo preordinato ad esproprio in quanto esula dall’ottica della suddivisione zonale del territorio e mira a individuare beni singolarmente determinati in vista della creazione di un’area non edificata all’interno di zona a spiccata vocazione edificatoria (Cassazione civile, sez. I, 7 febbraio 2006, n. 2613), privando il bene di qualsiasi utilità economica.

I.3.3. Ciò nondimeno occorre rilevare che dopo la decadenza della previsione vincolistica di piano, per l’infruttuoso decorso del quinquennio dalla data di approvazione dello strumento urbanistico generale senza l’approvazione dei prescritti strumenti attuativi, l’Amministrazione Comunale ha l’obbligo di ridefinire l’assetto urbanistico delle aree assoggettate a vincolo decaduto, stante la perdita di destinazione o qualificazione urbanistica dell’area.

Da ciò consegue che l’istanza dei privati che mirano a conseguire la riqualificazione urbanistica delle aree incise da vincolo preordinato all’esproprio o da vincolo di inedificabilità deve essere puntualmente riscontrata dall’Amministrazione, potendosi attivare, in caso di mancato riscontro, la procedura del silenzioinadempimento. Detta istanza, infatti, essendo idonea ad attivare la potestà pubblicistica di settore – cioè il potere pubblico di conferire ad un’area rimasta priva di disciplina urbanistica una nuova destinazione – deve culminare nell’adozione di un provvedimento espresso, conformemente a quanto prevede l’art. 2, l. n. 241 del 1990 (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 24 aprile 2009, n. 2166; idem, sez. II, 27 agosto 2010, n. 17241).

D’altro canto, il proprietario di un’area sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta, scaduto per l’inutile decorso del termine di legge, ha un interesse legittimo pretensivo a che la P.A. eserciti la funzione di governo del territorio ed adotti prontamente i provvedimenti urbanistici di ritipizzazione dell’area stessa (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 14 maggio 2004, n. 2910).

II. Sulla base delle sovra esposte considerazioni, va dunque ritenuto che l’ente locale, avrebbe dovuto, prima di pronunciarsi sulla istanza, provvedere alla riqualificazione urbanistica del terreno, onde consentire, eventualmente, al privato proprietario il pieno godimento e sfruttamento insito nel diritto reale di cui è titolare, anziché invocare acriticamente l’applicazione di una disciplina, di ampio respiro, prevista, in via conservativa e transitoria, al solo fine di assicurare uno organico sviluppo edificatorio del territorio nelle cd. zone bianche.

III. Purtuttavia, nel caso di specie, poiché difetta una disciplina desumibile dallo strumento pianificatorio generale – come chiarito dall’Amministrazione comunale, infatti, in quanto area destinata a parcheggio "il P.R.G. non stabilisce indici di fabbricabilità" (nota prot. n. 16 del 3 gennaio 2011) – non può configurarsi alcuna reviviscenza di norme pregresse, né ragionevolmente sostenersi che vi possa essere una riespansione delle facoltà dominicali, prive di una concreta disciplina. Né possono applicarsi, in via analogica, la destinazione e la regolamentazione proprie delle zone circostanti e limitrofe, rispondenti a specifiche scelte pianificatorie riservate alla P.A..

Conseguentemente l’istanza del ricorrente è, allo stato, infondata.

IV. Con riferimento, infine, al secondo aspetto fondante il diniego gravato, incentrato sulla presunta difformità dell’intervento proposto dal parere espresso dall’Autorità di Bacino – nella parte in cui prescrive la realizzazione del piano di calpestio interno a quota non inferiore a m. 1 rispetto alla quota del piano stradale -, le censure, attinenti sostanzialmente a una erronea valutazione della progettazione, sono infondate.

Invero, dall’elaborato grafico allegato alla relazione tecnica prodotta dalla parte in data 4 dicembre 2010, sezioni AA, BB e CC., si evince che, almeno in parte e limitatamente alla parte frontistante l’abitazione, la quota di calpestio del piano terra, pur considerando il marciapiede, è posta ad una altezza inferiore a m.1 dal piano stradale.

V. Tutto ciò premesso, il ricorso va respinto.

VI. In considerazione della peculiarità e complessità delle questioni affrontate, le spese e le competenze di giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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