Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-06-2011) 22-06-2011, n. 25163 Misure alternative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Messina ha revocato la misura alternativa della detenzione domiciliare concessa il 22.6.2010 a G.R., in espiazione di pena che avrebbe dovuto avere termine il 4.12.2011.

A ragione della revoca osservava che il G., nonostante gli fosse stata rifiutata l’autorizzazione a svolgere attività lavorativa, aveva approfittato della autorizzazione ad allontanarsi dalla propria abitazione per due ore al mattino per lavorare all’interno di un autolavaggio; che secondo quanto riferito dal "datore di lavoro" tale attività s’era protratta per circa due mesi;

che non aveva rilievo la circostanza che il G. in relazione a tali fatti fosse stato assolto dall’accusa di evasione, perchè quello che rilevava nel caso in esame era l’oggettiva e incontestabile violazione "del beneficio concesso". 2. Ha proposto ricorso il detenuto personalmente che chiede l’annullamento della ordinanza impugnata denunziando vizi di motivazione e violazioni di legge.

Afferma che erroneamente il Tribunale aveva affermato che si trattava di violazione reiterata basandosi sul verbale di sommarie informazioni rese dal titolare dell’autolavaggio e omettendo di considerare adeguatamente che le dichiarazioni di costui erano state precisate nel giudizio di merito per evasione (aveva spiegato che non aveva affatto "assunto" l’imputato ma si era limitato a regalargli occasionalmente, mosso a pietà, dieci euro per fargli acquistare beni di prima necessità), che da questo risultava che la violazione contestata era meramente episodica, che il G. era stato assolto dal reato di evasione, che si riferiva al medesimo fatto attribuitogli dal Tribunale di sorveglianza a titolo di violazione delle prescrizioni.

Il Tribunale di sorveglianza aveva inoltre arbitrariamente omesso di valutare il favorevole percorso compiuto dal condannato verso la rieducazione e la risocializzazione: tornando a scuola e diplomandosi, partecipando a un corso di informatica, facendo volontariato presso l’Istituto Cristo Re.

Il comportamento posto in essere dal condannato non violava in alcun caso le prescrizioni impostegli e comunque il G. aveva agito in buona fede, giacchè godeva di due ore di permesso "per provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita" ed essendo del tutto privo di mezzi di sostentamento era convinto che aiutare il lavagista per avere "in elemosina" dieci euro rappresentava un modo per sopperire a dette esigenze.

Motivi della decisione

1. Il ricorso appare fondato.

Va osservato difatti che l’autorizzazione rilasciata al G., in regime di detenuto domiciliare, si limitava a consentirgli di "uscire" per due ore per soddisfare "le indispensabili esigenze di vita". E una autorizzazione siffatta, che "in difetto di specificazione delle predette esigenze nonchè dei luoghi frequentabili e delle coordinate temporali di tale autonomia, finisce per risolversi una indiscriminata … autorizzazione alla più ampia libertà di movimento" (Sez. 1, Sentenza n. 45581 del 23/11/2007, Priebke), certamente non poteva ritenersi di per sè idonea ad inibire al condannato lo svolgimento durante le due ore concessegli di qualsivoglia attività lecita funzionale al soddisfacimento dei suoi bisogni.

2. Impertinente è quindi il rilievo dato dal provvedimento impugnato al fatto che detta autorizzazione, pur essendo affatto generica, andasse a contrario interpretata alla luce del diniego dell’autorizzazione a svolgere attività lavorativa (presso quello stesso esercizio in cui il condannato era stato sorpreso a lavare vetture).

Questa, l’attività lavorativa, in tanto è suscettibile di autorizzazione in quanto risulti connessa all’instaurazione di un formale rapporto di lavoro ed esercitata nel rispetto delle norme che regolano tali rapporti. Cosa affatto diversa è invece la "attività" espletata dal condannato, che per quanto osserva la difesa e non smentisce il provvedimento impugnato, si risolveva nel ricevere delle mance come contropartita di qualche servizio, al di fuori d’ogni schema contrattuale predefinito.

3. In siffatta situazione non poteva dunque il Tribunale di sorveglianza limitarsi a rilevare l’assenza di uno specifico permesso, ma avrebbe dovuto, sulla base dei principi che regolano la materia: anzitutto verificare se il comportamento del condannato integrava realmente, per la sua intrinseca pericolosità e dal punto di vista soggettivo, una violazione delle regole cautelari a lui imposte; valutare quindi se siffatto comportamento era, davvero, da considerare "incompatibile" con la prosecuzione della misura, senza dimenticare di rapportarlo concretamente ai risultati complessivamente sino ad allora raggiunti dal G. nel percorso di risocializzazione e di revisione critica delle precedenti condotte illecite (ai quali il provvedimento impugnato completamente omette di rivolgere la sua attenzione).

4. L’ordinanza impugnata deve per conseguenza essere annullata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di sorveglianza di Messina.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Messina.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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