Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-05-2011) 22-06-2011, n. 25161 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con provvedimento del 9 dicembre 2010, il Tribunale di Roma ha parzialmente respinto l’istanza proposta dal P.M. in sede, intesa ad ottenere:

a)- la revoca dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione, concessi a D.F. con due sentenze, di cui una emessa dal Tribunale militare di Roma il 13 aprile 2000 ed un’altra emessa dal Tribunale di Roma il 19 settembre 2002;

b)- l’applicazione al medesimo del beneficio dell’indulto alla pena infintagli dal Tribunale di Roma il 28 marzo 2006, irrevocabile il 5 maggio 2008. 2. Il Tribunale di Roma, accolta la richiesta del P.M. sub a), ha respinto invece quella sub b), avendo ritenuto che il D., entro il quinquennio dall’entrata in vigore della L. n. 241 del 2006, concessiva dell’indulto, aveva commesso un altro reato per il quale era stato condannato alla pena di anni 2 di reclusione.

3. Avverso detta ordinanza del Tribunale di Roma propone ricorso in Cassazione il P.M. presso il Tribunale di Roma, nella parte in cui era stata respinta la sua richiesta intesa ad ottenere l’applicazione dell’indulto in favore del D., deducendo violazione di legge in quanto non era stato tenuto conto del fatto che la pena inflitta al D. entro il quinquennio dall’entrata in vigore della L. n. 241 del 2006 concerneva più reati riuniti col vincolo della continuazione, si che occorreva tener conto della pena base inflitta per il reato più grave; e nel caso in esame la pena inflitta al D. per il reato base era inferiore al anni 2 di reclusione, si che il medesimo poteva usufruire del beneficio richiesto.

Motivi della decisione

1. Con riferimento al ricorso proposto dal P.M. di Roma, si osserva che, nella specie, si verte in un’ipotesi di applicazione dell’indulto nella fase esecutiva. L’art. 672 c.p.p., comma 1 e art. 667 c.p.p., comma 4 prevedono che i relativi provvedimenti vengano adottati dal giudice dell’esecuzione "de plano" e cioè senza formalità e senza che venga fissata l’udienza di comparizione delle parti.

Contro tali provvedimenti gli interessati possono proporre opposizione innanzi al medesimo giudice dell’esecuzione, il quale dovrà questa volta trattare il gravame con le forme dell’incidente di esecuzione, di cui all’art. 666 c.p.p., procedendo cioè a convocare le parti ed i loro difensori ad un’udienza appositamente fissata.

2. Ritiene il Collegio di aderire all’orientamento giurisprudenziale, secondo il quale, nell’applicazione dell’indulto nella fase esecutiva, avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione, sia che esso abbia deciso "de plano", sia che abbia irritualmente provveduto, come nel caso in esame, ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen., è data sempre e soltanto la facoltà all’interessato di proporre opposizione (cfr., in termini, Cass. 3A 19.2.03 n. 8124;

Cass. 3A 7.7.95 n. 1182).

La soluzione sopra prospettata appare invero preferibile in quanto, opinando diversamente e ritenendo cioè che, qualora il provvedimento sia stato adottato ex art. 666 cod. proc. pen., sarebbe intervenuta un’anticipata garanzia del contraddicono, con conseguente possibilità di adire direttamente questa Corte di legittimità, il ricorrente verrebbe comunque ad essere privato della fase del riesame del provvedimento da parte del giudice dell’esecuzione, il quale, al contrario del giudice di legittimità, ha cognizione piena ed in fatto delle doglianze e può prendere in esame tutte le questioni che sono normalmente sottoponibili ad un giudice di merito.

Aderendo cioè a tale ultima soluzione il ricorrente verrebbe, in definitiva, ad essere privato di un grado del giudizio in una materia particolarmente delicata, qual’è quella dell’applicazione dell’indulto, per la quale il legislatore ha previsto l’opposizione nell’ottica del cd. "favor libertatis", che costituisce uno dei principi fondamentali del vigente ordinamento penale, avendo riconosciuto come l’indulto tocchi il delicato tema della libertà personale.

3. Alla stregua poi dell’indirizzo di gran lunga prevalente di questa Corte di legittimità, ritiene il Collegio che il ricorso in esame può essere dichiarato non inammissibile, ma qualificato come atto di opposizione, sulla base del principio generale di conservazione degli atti giuridici e del "favor impugnationis" (cfr., in tal senso, ex multis, Cass. 1A 14724/04; Cass. 3A n. 8124/2003; Cass. 4A 34403/03).

4. Il ricorso pertanto, a norma dell’art. 568 quinto comma c.p.p., va qualificato come opposizione, con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Roma per il giudizio di opposizione, ai sensi dell’art. 667 c.p.p., comma 4 e art. 666 c.p.p..

P.Q.M.

Qualificato il ricorso come opposizione, dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Roma per il corso ulteriore.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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