Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-05-2011) 22-06-2011, n. 25150

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con provvedimento in data 07.10.2010 il Tribunale di Palmi, adito in opposizione avverso la confisca disposta inaudita altera parte L. n. 356 del 1992, ex art. 12 sexies in data 22.07.2010 nei conforti di G.A.V., confermava la confisca stessa gravante su un immobile e su un trattore stradale e relativo rimorchio, beni meglio descritti in atti. Rilevava invero detto Tribunale come gli acquisti di tali beni risultassero sproporzionati rispetto ai redditi leciti risultati insussistenti nel periodo 1980-1995. 2. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto G. che motivava l’impugnazione deducendo: a) il provvedimento era intestato "decreto", dovendo avere la forma di "ordinanza"; b) lo stesso non indicava in modo completo il soggetto nei cui confronti era stato emesso; c) errata valutazione di mancanza di redditi, essendo risultata ditta familiare attiva nel campo dell’edilizia.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte depositava quindi requisitoria con la quale richiedeva declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.

Ed invero è del tutto infondato il primo motivo di ricorso, posto che sia assolutamente pacifico che i provvedimenti giurisdizionali hanno valore per il loro contenuto, per il dictum che esprimono, e non per l’eventuale errata denominazione, specie ove – come nel caso presente – da ciò nessuna conseguenza deriva, tanto meno pregiudizievole per l’interessato.

E’ del tutto infondato anche il secondo motivo di ricorso, atteso che il provvedimento impugnato è stato emesso su opposizione dell’odierno ricorrente e si ricollega per relationem, come è consentito, al provvedimento opposto di cui è, in definitiva, integrazione (dopo avere valutato le deduzioni difensive).

E’, infine, inammissibile anche il terzo motivo di ricorso che propone deduzione del tutto generica e non autosufficiente. Deve comunque essere rilevato come il ricorso sia esperibile, in subiecta materia, solo per violazione di legge e non per censure in fatto o presunti vizi di motivazione. Peraltro risulta logica e coerente, nonchè conforme alla normativa, la valutazione del Tribunale in ordine alla sproporzione tra i redditi leciti, inesistenti, e l’acquisizione patrimoniale, non essendo risultato – nè il ricorrente ciò oggi propone – che la ditta familiare sia stata a suo tempo sufficientemente redditizia.

Il ricorso, palesemente infondato, deve pertanto essere dichiarato inammissibile, ex art. 591 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 3.

Alla declaratoria d’inammissibilità segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso proposto in termini del tutto infondati (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente G. A.V. al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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