Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-05-2011) 22-06-2011, n. 25080

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale della Libertà di Napoli ha confermato l’ordinanza con cui il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha applicato la misura custodiale massima ad C.A. per i delitti di maltrattamenti in danno della moglie e dei figli minori, e di numerosi episodi di lesioni in danno del coniuge e per violazione di domicilio.

2. Riteneva sussistere gravi indizi di colpevolezza, desunti dalle dichiarazioni della parte offesa K.D., confortate dalla testimonianza della assistente sociale, L.L., che aveva in carico il nucleo familiare e dalle dichiarazioni dei vicini di casa, che avevano riferito di udire spesso urla provenienti dalla abitazione dell’indagato. Riteneva concreto ed attuale il pericolo di recidiva per la reiterazione nel tempo delle condotte e la notevole potenzialità offensiva delle stesse e la adeguatezza della misura massima, unica ad escludere la possibilità di contatti con le pò;

inoltre, era concreto il pericolo di inquinamento probatorio, posto che l’indagato aveva avvicinato la vittima per convincerla a ritrattare.

3. Ricorre il C. e deduce carenza e contraddittorietà della motivazione, che ha privilegiato la tesi dell’accusa sulla base delle sole dichiarazioni della pò, non riscontrate; neppure le altre fonti avrebbero consistenza accusatoria, essendo i figli pilotati dalla madre ed i rimanenti testi generici. Si duole poi che non sia stato considerato adeguato il regime dei domiciliari e denuncia la illegittimità della custodia preventiva in carcere, in violazione della presunzione di innocenza.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile, con le consequenziali statuizioni di legge.

2. I motivi inerenti alla gravità del quadro indiziario, peraltro non compiutamente espressi, e non dialetticamente correlati alla pronuncia introducono inammissibili valutazioni di merito, proponendo una lettura, diversa da quella ritenuta dai giudici di merito, delle risultanze istruttorie raccolte in sede di indagine; il ricorrente propone in sostanza una versione che riduce la portata dei suoi comportamenti e sminuisce le dichiarazioni accusatorie mosse dalla parte offesa e confermate da altri testi.

3. Il giudice distrettuale, con iter argomentativo adeguato ed assolutamente privo di illogicità, ha messo in luce sia la intrinseca attendibilità della parte offesa, che in quanto tale non abbisogna di riscontri, sia l’esistenza di certificazioni mediche che attestavano la sussistenza di fatti di violenza, alcuni dei quali così gravi da imporre il ricorso a cure di sanitari, sia le testimonianze dell’assistente sociale che seguiva la famiglia e dei vicini di casa che attestavano la sussistenza di un clima violento cui abitualmente la donna ed i figli venivano sottoposti.

4. Ora, a fronte di una compiuta ed ampia motivazione fondata su molteplici elementi indiziari precisi e concordanti, il ricorrente si è limitato a sostenere – peraltro in modo generico e senza dimostrare la decisività della questione – la non significatività degli episodi narrati e la loro sporadicità e tanto basta per dichiarare l’impossibilità da parte della Corte di entrare nel merito delle questioni di fatto sottese al giudizio.

5. Parimenti inammissibile è la doglianza con cui il C. contesta la adeguatezza della misura custodiale massima, che i giudici di merito hanno ritenuto l’unica effettivamente contenitiva, in considerazione della personalità pervicacemente violenta dell’imputato, desumibile dalle modalità della sua condotta, indirizzata anche verso i minori, dalla assenza di revisione critica del suo comportamento, dal concreto pericolo di intolleranza alla misura dei domiciliari, desumibile dalla sua indole violenta e dal tentativo, più volte messo in opera in precedenza, di avvicinare la mogie per indurla a ritrattare.

6. Questa motivazione da adeguata spiegazione delle ragioni per cui il per la evidenziata connotazione di notevole violenza che ha caratterizzato la sua condotta del ricorrente e l’accertata propensione a sottovalutare la portata delle sue azioni, possa fondatamente desumersi, malgrado l’incensuratezza, anche una effettiva propensione all’inosservanza degli obblighi connessi all’applicazione di una diversa misura cautelare e non è quindi in questa sede censurabile.

7. Alla inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

8. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *