Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-05-2011) 22-06-2011, n. 25079 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sulla richiesta di riesame proposta nell’interesse di D. G. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 3-01-2011 dal GIP presso il Tribunale di Napoli in ordine al reato di concorso in tentata estorsione pluriaggravata nei confronti di D.V., amm.re unico della Società F.lli D’Avino S.p.A., con l’aggravante di fatto mafioso e commesso ai fini di agevolare un’associazione camorristica, con la recidiva reiterata, il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza in data 31-01-2011, confermava la misura impugnata, ribadendo la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari legittimanti tale misura intramuraria.

Avverso, detta ordinanza il D. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, a motivi del gravame, a mezzo del proprio difensore;

1) Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in merito alla configurabilità della fattispecie delittuosa dell’art. 629, comma con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, in assenza di comprovati caratteri di minaccia nella condotta dell’indagato e stante l’inattendibilità delle accuse della p.o. e il carattere di genericità delle indagini di p.g., tanto da non consentire una interpretazione univoca dei fatti, tale da far ritenere la sussistenza del reato, se non in via meramente congetturale;

2) Erronea applicazione della legge penale e carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in merito alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione alla contestata aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 in violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in carenza di prova di affiliazione dell’indagato a consorterie camorristiche e di carattere mafioso della sua condotta;

3) Carenza di motivazione in merito alla sussistenza di esigenze cautelari "concrete" ed "attuali", idonee a giustificare il titolo impositivo o, comunque, di ragioni ostative alla concessione degli arresti domiciliari. Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi addotti. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma equitativamente determinata in Euro MILLE alla Cassa delle ammende.

Va richiesta la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Ed invero,quanto al motivo sub I), l’impugnata ordinanza ha analiticamente tracciato il quadro della convergente gravità indiziaria in ordine alla sussistenza del reato di tentata estorsione aggravata e di attribuibilità dello stesso anche alla condotta dell’indagato. Le indagini di p.g. convergenti sui termini di accusa, in uno alle dichiarazioni inequivoche della p.o., estrinsecamente ed estrinsecamente supportate da riscontri di apprezzabile spessore,disegnano un quadro di incontestabile sussistenza del reato e di ragionevole, quanto grave riferibilità di questo anche alla condotta dell’indagato (cfr. foll, 3-4-5-6 ordinanza impugnata).

Del pari manifestamente infondato il motivo sub 2), stante l’attenta, corretta e motivata risposta offerta dai giudici del Tribunale del riesame di Napoli, segnatamente in punto dei caratteri tipicizzanti il c.d. metodo mafioso e l’inequivoche finalità della condotta operativa del ricorrente agli effetti della sussistenza dell’aggravante speciale D.L. 152 del 1991, ex art. 7 (cfr. foll. 6-7 ordinanza impugnata). Altrettanto manifestamente infondato di motivo sub 3), posto che la sussistenza delle esigenze cautelari, segnatamente riferibili al concreto pericolo di recidivanza ed alla ragione di necessità di perduranza della misura coercitiva intramuraria a tutela di detto pericolo, risulta motivatamente e correttamente segnalata nell’impugnata ordinanza (cfr. fol. 7), a tacere del temerario assunto di estraneità dell’indagato nell’ambito di consorterie di stampo mafioso, nonostante condanne, passate in giudicato in materia.

P.Q.M.

DICHIARA inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro MILLE in favore della cassa delle ammende.

Manda in Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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