Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-05-2011) 22-06-2011, n. 25070 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto da A.L. e B.M. avverso la sentenza del Tribunale monocratico di Bologna in data 21-4-2009 che, all’esito di giudizio abbreviato, li aveva dichiarati colpevoli del reato di concorso in illecita detenzione a fine di spaccio di gr.97,80 lordi di eroina, con recidiva per entrambi e, con la riduzione per il rito, aveva condannato ciascuno dei predetti alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa, la Corte di Appello di Bologna, con sentenza in data 16-10-2009, in parziale riforma del giudizio di 1^ grado, concesse le attenuanti generiche ad entrambi gli appellanti, rideterminava la pena inflitta all’ A. in anni due, mesi otto di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa e per il B. in anni tre di reclusione ed Euro 14.000,00 di multa, ribadendo la comprovata responsabilità degli imputati in ordine al reato loro in concorso ascritto.

Avverso tale sentenza entrambi gli anzidetti imputati hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo a rispettivi motivi di gravame:

A.;

Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) per erronea applicazione di legge penale in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e motivazione erronea e contraddittoria anche in ordine alla denegata sussistenza dell’ipotesi di fatto di lieve entità ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5;

B.:

1) Mancanza o manifesta illogicità della motivazione rispetto al punto sulla responsabilità, in difetto di comprovati elementi di fatto supportanti la compartecipazione al reato del ricorrente rispetto alla posizione del coimputato;

2) Mancanza di motivazione sul punto relativo al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, nonostante ne ricorressero le condizioni, con conseguente riduzione della pena;

3) Erronea applicazione della legge penale sul punto relativo al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 nonostante ne ricorressero le condizioni in rapporto al dato ponderale della droga;

4) Erronea applicazione della legge penale in punto di errata determinazione dell’entità della pena nel dispositivo della sentenza mentre,come risultante nella motivazione,tale misura avrebbe dovuto essere correttamente rideterminata in anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa.

In data 29-4-2011 è pervenuta rinuncia espressa al ricorso sottoscritta personalmente dall’ A.L..

Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso dell’ A. per rinuncia al gravame ex. art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d) cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma equitativamente determinata in Euro 300,00 alla cassa delle ammende.

Quanto al B., il motivo sub 1) è inammissibile, costituendo censure in punto di mero fatto, peraltro infondate alla stregua della motivata argomentazione, anche in punto di logica, supportante la conferma della colpevolezza dell’imputato in ordine al reato ascrittogli (cfr. foll. 6 e 7 sentenza impugnata).

I motivi sub 3) e 4) sono infondati, posto che i denunciati, asseriti vizi di violazione di legge e difetto di motivazione in merito al diniego dell’invocata attenuante del fatto di lieve entità ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, trovano corretta, logica e motivata risposta nell’impugnata sentenza (cfr. fol.7), con puntuale richiamo anche ai criteri di determinazione del c.d. "principio attivo", tutt’altro che modesto, nel "miscuglio" in sequestro, fermo restando l’apprezzabile dato ponderale dello stupefacente.

Fondato, invece, è il motivo sub 4), posto che, come incontestabilmente risulta a fol. 8, la misura della pena – correttamente determinata – conduce a quella di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa per effetto della diminuzione ex art. 62 bis c.p. e per quella attinente al rito, secondo quanto sembrerebbe ritenuto dai giudici di appello. E’ evidente, quindi, che il dispositivo dell’impugnata sentenza ha proposto una misura del tutto diversa da quella calcolata nella motivazione della sentenza.

Posto che, seconda quanto ripetutamente ribadito da questa Corte di legittimità nella corretta lettura della normativa in materiale esiste differenza tra quanto motivato in sentenza ed i termini del dispositiva letto in udienza (nella specie, quanto alla misura del trattamento sanzionatorio) prevale quanto dichiarato nel detto dispositivo e, pertanto, non potendisi far ricorso all’art. 620 c.p.p., lett. l), l’impugnata sentenza va annullata nei confronti del B. limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna.

Per il resto il ricorso del B. va rigettato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso dell’ A. che condanna al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 300,00 alla cassa delle ammende.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti del B. limitatamente alla determinazione della pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna.

Rigetta nel resto il ricorso del B..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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