Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-06-2011, n. 3844 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza n. 7940 del 2005 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal sig. A. ed altri, già dipendenti della ex Cassa per il Mezzogiorno trasferiti alle dipendenze della Regione Molise, per l’accertamento del loro preteso diritto al riconoscimento dello status giuridico ed economico di dipendenti dello Stato, con tutte le conseguenze di legge, a decorrere dalla data di trasferimento degli stessi alla Regione (4.8.1983).

L’inamissibilità del ricorso di primo grado è stata ravvisata dal Tar sotto il duplice profilo della decadenza dall’azione, essendo divenuto inoppugnabile il provvedimento di loro inquadramento nei ruoli regionali e del difetto di legittimazione dei ricorrenti, non aventi titolo, una volta consolidatasi la loro posizione presso la Regione, a pretendere benefici contrattuali di un altro settore, quale nella specie quello dei dipendenti della Agensud, alla quale avevano cessato di appartenere sin dal 4.8.83.

Gli appellanti in epigrafe contestano la sentenza della quale sostengono l’erroneità affermando, in primo luogo, che il loro trasferimento, a decorrere dal 1.11.83, disposto con D.M. 4.8.83, alla Regione Molise non potrebbe considerarsi come momento iniziale per il decorso di termini di decadenza in quanto la pretesa non sarebbe radicata in modo statico alla data del decreto ma sarebbe inerente all’adeguamento della loro posizione per effetto degli ulteriori e diversi benefici conseguiti nel tempo dagli ex dipendenti della Cassa per il Mezzogiorno trasferiti ad altri enti; non era, quindi, sostengono, loro onere impugnare il D.M. del 1983 vuoi perché questo non prevedeva espresse disposizioni inerenti gli adeguamenti successivi, vuoi perché la Regione e l’E.R.I.M. (Ente Risorse Idriche Molisane) avevano manifestato coi propri atti di voler riconoscere i benefici che avevano ricevuto i dipendenti della Cassa, ora dell’Agenzia del Mezzogiorno, sulla base delle tre contrattazioni collettive per gli anni 1985/86, 1986/87, 1988/90, delle quali i ricorrenti neppure avevano avuto contezza, onde, solo una volta apprese, poteva iniziare a decorrere un termine di decadenza.

Gli appellanti sostengono che al Tar sarebbe sfuggito il fatto che essi vennero trasferiti, in un primo tempo, alla Regione e che detto trasferimento altro non sarebbe stato che la continuazione del lavoro precedentemente iniziato con al Cassa per il Mezzogiorno; segnalano che il D.P.R. n. 218/78 prevede il mantenimento del trattamento previsto per i dipendenti ministeriali; riferiscono che solo successivamente, il 17.7.1991, gli stessi vennero distaccati presso l’ERIM.

Puntualizzano di rivendicare un diritto, onde non viene in questione una posizione di interesse legittimo, in riferimento alla quale possa prospettarsi un profilo processuale di decadenza.

Fondano la pretesa con richiamo alla normativa di cui all’art. 12 del DPR 1079 del 1970, all’art. 147 del DPR n. 218 del 1978, nonché alla legge n. 93 del 1983 ed all’art. 2 bis del D.L. 581/1984, sostenendo, in sintesi, che il personale trasferito deve conservare la posizione giuridica ed economica acquisita all’atto del trasferimento, inclusa l’anzianità maturata, ma che ad esso non è precluso il riconoscimento dovuto di ulteriori benefici. Lamentano la mancata applicazione della contrattazione collettiva riguardante gli ex dipendenti della Cassa e la violazione dell’art. 3 Cost., sostenendo l’inapplicabilità al caso in esame della legge regionale, dovendosi, a loro dire, applicare la legge dello Stato, anche sulla base degli artt. 3, 36 e 39 Cost.

Resiste e replica articolatamente la azienda speciale regionale Molise Acque, già ERIM.

Si sono costituiti in giudizio altresì la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione Molise.

Dopo scambio di memorie e replica da parte degli appellanti, il ricorso è stato posto in decisione all’udienza del 29.3.2011.

L’appello è infondato.

La pretesa poggia, in sostanza sulla tesi, che non può essere condivisa, dell’esistenza di un divieto di reformatio in pejus da intendersi in senso dinamico e, così, operativo non solo al momento del trasferimento dalla Cassa per il Mezzogiorno alle dipendenze della Regione ma per tutta la durata del rapporto instaurato col nuovo ente di appartenenza.

La giurisprudenza, con la quale si concorda, ha già affermato (v. ad es. Cons. Stato, V sez., 18.9.2008, n. 4454; id., IV sez. 28.12.2000, n. 7005) che i dipendenti della Cassa per il Mezzogiorno trasferiti alle Regioni hanno diritto al mantenimento dei diritti acquisiti fino alla data del loro trasferimento, per cui non sono applicabili ad essi i successivi contratti collettivi riguardanti il personale dell’Agenzia per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno, succeduto alla Cassa, né gli stessi influiscono sulla base da assumere per il calcolo dell’indennità di buonuscita ad essi spettante.

L’art. 147 del DPR 6.3.1978 n. 218 ha disposto, infatti, che il personale periferico della Cassa del Mezzogiorno impegnato in determinati servizi, tra cui la gestione degli acquedotti, fosse trasferito alle regioni conservando i diritti acquisiti sotto forma di assegni personali riassorbibili nei successivi miglioramenti retributivi.

La norma ha, dunque, la funzione di cristallizzare il trattamento economico degli interessati, da prendere a base per la successiva applicazione della normativa riguardante il nuovo rapporto di impiego con la regione; va escluso, quindi, che si tatti, come apoditticamente sostenuto dai ricorrenti, della continuazione del medesimo rapporto di lavoro, non avendo la disposizione predetta accollato alle regioni il pregresso rapporto di lavoro, ma semplicemente salvaguardato il livello retributivo raggiunto dai dipendenti trasferiti, garantendo il mantenimento dei diritti acquisiti fino alla data del loro trasferimento.

Il principio del divieto di reformatio in pejus di cui la norma costituisce espressione, del resto, ha la funzione di evitare che i predetti vengano, a seguito del trasferimento, a subire perdite, non quella di consentire loro il avvantaggiarsi di miglioramenti nel corso del tempo ottenuti da altre categorie di dipendenti, nella specie quelli confluiti nell’Agensud.

L’appello va, pertanto, respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna gli appellanti, in solido, a rifondere alle controparti le spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (di cui 1.000,00 per ciascuna parte) oltre i.v.a. e c.p.a.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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