Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-06-2011, n. 3836 Decisione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza n. 1497 del 2004 il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha accolto il ricorso proposto da B. C. avverso il permesso di costruire n. 266/2004 rilasciato dal Comune di Imperia ai sigg. D. G. e S. M. P., ed atti presupposti, ritenendo che l’art. 24 delle N.T.A. del P.R.G. comunale non consentisse nella fattispecie, oltre alla demolizione di due manufatti preesistenti e ricostruzione con trasferimento di cubatura, anche l’aumento di cubatura da 87,94 mc a 311,33 mc. assentito dall’amministrazione.

Con due separati atti di appello i controinteressati (R.G. n. 1296/05) ed il Comune di Imperia (R.G. n. 1297/2005) hanno chiesto l’annullamento della predetta sentenza "breve", contestando l’interpretazione dell’art. 24 data dal Tar nonchè error in procedendo per violazione del principio del contraddittorio, degli artt. 21, 22 e 26 legge n. 1034/71, per esser stata la sentenza assunta, in esito alla camera di consiglio del 28.10.2004 fissata per la definizione dell’istanza cautelare, anteriormente al decorso del termine di costituzione di venti giorni dalla notifica del ricorso, avvenuta nei confronti del Comune il 16.10.2004.

Si è costituito in entrambi i giudizi il sig. B..

Con ordinanze nn. 1716 e 1717 del 5.04.2005 la Sezione ha accolto le istanze cautelari degli appellanti, ritenendo che, per quanto l’impugnata sentenza breve risultasse ritualmente pronunciata dopo la scadenza del termine di 10 giorni dalla notifica del ricorso di primo grado, appariva, allo stato, attendibile l’interpretazione di parte appellante, quanto all’art. 24 N.T.A..

Le parti hanno scambiato memorie, indi gli appelli sono stati posti in decisione all’udienza del 29.3.2011.

Va disposta la riunione degli appelli, che rivolgono alla medesima sentenza contestazioni in parte comuni.

Infondata, quanto all’aspetto procedimentale, risulta la critica di violazione di legge e del principio del contraddittorio. Ai sensi degli artt. 26, comma 5, e 21, comma 9, della legge n. 1034/1971, il giudice, nella camera di consiglio di trattazione della domanda cautelare, può definire la controversia nel merito, con decisione in forma semplificata, dandosene i presupposti processuali (completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, audizione delle parti che si siano costituite – art. 21, comma 11) e sostanziali (manifesta fondatezza ovvero manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza – art. 26); considerato che il contraddittorio deve comunque ritenersi integro per effetto della notifica del ricorso, a prescindere dalla costituzione del destinatario della stessa, la parte che riceva la notifica di un atto contenente istanza cautelare è consapevole della esposizione alla possibilità che alla camera di consiglio ritualmente fissata (come nella specie, dopo la scadenza del termine di dieci giorni dalla notifica del ricorso) venga assunta una decisione sul merito del ricorso e che le garanzie delle parti al riguardo sono quelle proprie del rito cautelare ed ha, quindi, l’onere di richiedere, se del caso, attraverso gli scritti o in sede di discussione orale, un differimento ai fini della piena esplicazione delle proprie difese. Non sussisteva, pertanto, alcuna preclusione alla definizione nel merito del ricorso alla predetta camera di consiglio per il fatto che fosse ancora pendente, per il Comune, il termine di venti giorni stabilito dall’art. 22, comma 7, legge n. 1034/71 per la costituzione in giudizio.

Le ulteriori contestazioni, prospettate sotto duplice profilo in entrambi i ricorsi in appello, attengono all’interpretazione dell’art. 24 delle N.T.A. del P.R.G. comunale, sulla quale l’avviso delle parti diverge quanto alla possibilità di cumulare demolizione con trasferimento di cubatura ed ampliamento.

L’articolata disposizione in questione, relativa (cfr. doc. 4 del fascicolo di primo grado B. e doc. 7 del fascicolo di primo grado Daprelà), alle zone "BC" residenziali di completamento (le cui caratteristiche sono indicate menzionando che si "tratta di aree dove l’edificazione è avvenuta seguendo per lo più meccanismi spontanei, senza alcun disegno ordinatore né per quanto riguarda la viabilità ne per quanto riguarda il tessuto edilizio dell’insediamento che risulta eterogeneo e frammentato"), al paragrafo "norma urbanistica e modalità di attuazione", dispone, al primo comma (ciascun comma è contrassegnato da un "pallino"), che nelle zone "BC", sul patrimonio esistente, sono assentibili interventi MS, RR, RL, RI, DR mediante titolo abilitativo semplice…, al secondo comma, che "Ai fini della ricomposizione ambientale e urbanistica dell’ambiente costruito sono inoltre consentiti:

1) interventi di demolizione e ricostruzione con trasferimento parziale o totale della cubatura all’interno del lotto di costruzioni incongrue o fatiscenti, purchè tattasi di edifici costruiti dopo il 1942 e/o previa dimostrazione documentata dell’assoluta mancanza di valori architettonici e/o storico artistici di rilievo. Detti interventi sono assentibili mediante rilascio di titolo abilitativo convenzionato se superiori a una cubatura di 150 mc, titolo abilitativo semplice negli altri casi;

2) interventi di ristrutturazione urbanistica, come definita dall’art. 31 della Legge 4157/1978, con possibilità di incremento della volumetria esistente. In questi casi è previsto il rilascio di S.U.A..

Sul patrimonio edilizio esistente sono consentiti, oltre agli incrementi volumetrici derivanti dall’indice di cubatura disponibile, incrementi volumetrici in connessione con l’adeguamento igienico e funzionale così ripartiti:

Edifici con volumetria fino a 270 mc: è consentito raggiungere la volumetria di 350 mc;….".

E’ pacifico che lo stato preesistente all’intervento contemplato dal titolo edilizio impugnato vedeva la presenza di due piccoli e distaccati manufatti per complessivi circa 88 mc.

Il Tar, condividendo l’avviso del ricorrente in primo grado, ha ritenuto che nel caso di specie potesse trovare applicazione unicamente la disciplina di cui al punto 1) del richiamato art. 24 e che illegittimamente l’amministrazione avesse applicato anche la disciplina di cui al secondo capoverso del punto 2) dell’anzidetto art. 24, consentendo altresì un aumento di cubatura dagli originari 87, 94 mc., portando il manufatto ricostruito alla misura di 311,33 mc., in quanto tale ultima norma è riferita al patrimonio edilizio esistente e "non agli interventi di demolizione e ricostruzione con trasferimento di cubatura che non si sostanziano di certo in un "incremento" dell’esistente ma in un nuovo manufatto".

Si obietta, da parte del Comune, che il comma 3 (e non il capoverso del punto 2, come erroneamente sarebbe stato ritenuto dai primi giudici) individua l’entità degli incrementi volumetrici consentiti sul patrimonio esistente e sostiene che in base all’art. 24 i due manufatti in questione avrebbero ben potuto essere, con un primo titolo edilizio, demoliti e ricostruiti con incremento volumetrico per ognuno pari a mc. 350, indi, con altro permesso di costruire, nuovamente demoliti, trasferiti e accorpati a fini di ricomposizione ambientale ed urbanistica su altra parte del lotto; soggiunge che quanto è consentito con due titoli separati può anche essere assentito con uno unico, rispondendo tale soluzione a generali criteri di economia e concentrazione dell’azione amministrativa, oltre che di ordinario buon senso. In tal senso deporrebbe anche la ratio sottesa all’art. 24 perché, si sostiene, solo la combinata applicazione di aumento volumetrico e trasferimento di cubatura poteva consentire di conformare alle caratteristiche di zona (a prevalente destinazione residenziale con edifici al massimo fino a tre piani fuori terra) due manufatti altrimenti in contrasto e di conseguire l’obiettivo della ricomposizione e ricucitura del tessuto edilizio; in difetto, infatti, di ampliamento i due manufatti sarebbero rimasti privi di utilizzazione a fini residenziali perché di superficie utile inferiore a 30 mq., mentre in difetto del trasferimento di cubatura i due volumi sarebbero rimasti incongrui, senza ricomposizione del tessuto edilizio, trattandosi, come evidenziato nella relazione tecnica allegata al progetto autorizzato di due costruzioni "assai dequalificanti nel rapporto con l’intorno". Erronea e illogica sarebbe, quindi, la conclusione dei primi giudici, riferita ad un caso in cui ad essere trasferita non sarebbe solo la cubatura originaria dei due manufatti ma anche quella derivante dall’incremento del patrimonio edilizio esistente. Analoghe censure espongono gli altri appellanti.

Tale impostazione non può essere condivisa. Le considerate previsioni (va puntualizzato che esattamente il Tar ha fatto riferimento al capoverso del comma 2 anziché al comma 3) attengono, entrambe, ad interventi sull’edificato presente al momento dell’introduzione dell’art. 24 N.T.A. (si parla, infatti, di ampliamenti del patrimonio edilizio "esistente", di ricomposizione dell’ambiente "costruito"); gli interventi che esse ammettono sono, dunque, solo quelli che hanno come punto di partenza manufatti allora esistenti, non qualcosa di diverso. E’, quindi, errato l’assunto che l’art. 24 avrebbe consentito di realizzare, in successione, prima la ristrutturazione con ampliamento e poi la demolizione e ricostruzione con trasferimento di cubatura (o viceversa, può soggiungersi, senza che cambi nulla ai fini della possibilità del cumulo di interventi di tipologia diversa), ed il medesimo difetto ha la conclusione, che si trae da tale premessa, circa il possibile assenso contestuale al duplice intervento.

Appare chiaro, infatti, che tanto il manufatto risultante dalla ricostruzione con trasferimento di cubatura che i (prefigurati) due manufatti risultanti dalla ristrutturazione con ampliamento sono manufatti diversi da quello che era il patrimonio edilizio preesistente e, come tale, non sono suscettibili di ulteriore intervento (di ampliamento del primo o di trasferimento della cubatura dei secondi) in forza dell’art. 24 stesso. Che il duplice passaggio sia effettivo ed attuato in base a titoli edilizi distinti o virtuale ed attuato in base ad un permesso di costruire unico relativo tanto all’ampliamento che al trasferimento di cubatura non cambia, in termini di legittimità dell’atto amministrativo che violi il disposto dell’art. 24 N.T.A. (il secondo permesso, nel primo caso, o l’unico nel secondo).

Non è maggiormente persuasiva l’ulteriore critica rivolta alla sentenza sull’assunto che, comunque, l’art. 24, comma 2, punto 2), relativo agli interventi di ristrutturazione urbanistica con possibilità di incremento della volumetria esistente, potrebbe, allora, fondare il provvedimento pur in mancanza dello S.U.A. cui la predetta norma subordina l’intervento; si sostiene che di tale strumento attuativo non vi sarebbe esigenza nella specie, trattandosi zona urbanizzata e di intervento di dimensioni contenute. Nella specie la prescrizione del rilascio di S.U.A. non è necessariamente ed esclusivamente funzionale all’esigenza di dimensionamento e realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ricollegandosi a quei "fini della ricomposizione ambientale e urbanistica" che costituiscono l’obiettivo delle previsioni dell’art. 24 cit., in relazione alle evidenziate caratteristiche della zona.

Gli appelli vanno, dunque, respinti, risultando ritualmente emessa nonché condivisibile la sentenza impugnata.

Sussistono, in considerazione del carattere interpretativo della controversia, giusti motivi di compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sui riuniti appelli, come in epigrafe proposti, li respinge entrambi.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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