Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-06-2011, n. 3834 Comunicazione, notifica o pubblicazione del provvedimento lesivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. L’attuale appellata, D. S.r.l., ha impugnato innanzi al T.A.R. per la Campania la disposizione n. 9/P./A dd. 30 dicembre 2003 a firma del Dirigente preposto alla VII^ Direzione Centrale del Comune di Napoli, recante la revoca della concessione di occupazione di suolo pubblico n. 389 dd. 10 luglio 2003 per la sistemazione di tavoli, sedie, fioriere, pedane e tenda gazebo per un complessivo ingombro di mq. 44,72.

Contestualmente la medesima Società ha chiesto pure l’annullamento del verbale di sopralluogo dei Vigili Urbani citato nello stesso provvedimento di revoca, di ogni altro verbale di sopralluogo eventualmente effettuato al riguardo dai Vigili Urbani susseguentemente alla notifica dell’anzidetto provvedimento di revoca, nonché di ogni altro atto presupposto o conseguente, e ha pure proposto domanda di risarcimento del danno discendente dagli atti impugnati.

Nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado D. ha evidenziato che gli atti da essa contestati assumono a proprio presupposto la circostanza per cui l’occupazione di suolo pubblico sarebbe avvenuta in modo difforme dal provvedimento concessorio,ossia mediante la realizzazione di abusi edilizi.

D. ha – tra l’altro – dedotto al riguardo l’avvenuta violazione dell’art. 7 e ss. della L. 7 agosto 1990 n. 241, non essendo stati gli atti impugnati – e, segnatamente, la revoca della concessione di occupazione di spazio pubblico – preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento: e ciò, pur dovendo la revoca medesima essere riguardata quale atto di secondo grado.

1.2. Con motivi aggiunti di ricorso D. ha quindi chiesto l’annullamento della disposizione dirigenziale n. 195 dd. 16 marzo 2004 di ripristino dello stato dei luoghi entro 15 giorni, del verbale dd. 23 dicembre 2003 citato nella disposizione dirigenziale medesima, nonché di ogni altro atto presupposto o conseguente.

D., nel proporre tale nuova impugnativa, ha pure reiterato la domanda di risarcimento del danno ed ha evidenziato che tali ulteriori atti sono stati adottati dall’Amministrazione Comunale nel presupposto della mancanza del titolo autorizzativo per la realizzazione delle relative opere, ossia di una struttura di pannelli di legno e vetri con copertura in tessuto plastico su capriata di legno, e con richiamo all’art. 35 del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e segnatamente disciplinante la repressione degli interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici.

D. ha dedotto al riguardo, nel giudizio di primo grado, le seguenti censure:

a) illegittimità derivata dal provvedimento di revoca precedentemente impugnato per violazione dell’art. 7 della L. 241 del 1990;

b) violazione dell’art. 3 della L. 241 del 1990; eccesso di potere per presupposto erroneo; travisamento dei fatti; difetto di istruttoria; violazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza dell’azione amministrativa; mancata ponderazione degli interessi coinvolti; violazione dell’art. 97 Cost.: e ciò in quanto l’ordine di rimozione avrebbe dovuto essere limitato alle sole opere ritenute abusive;

c) violazione dell’art. 35 del T.U. approvato con R.D. 3890 del 2001, per essere le opere realizzate corrispondenti a quelle autorizzate nel provvedimento di concessione di occupazione di suolo pubblico;

d) violazione dell’art. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 come modificato dagli artt. 1, 2 e 3 della L. 21 luglio 2000 n. 205 e dell’ordinanza cautelare n. 1580 dd. 11 marzo 2004 con la quale la Sezione III^ dell’adito T.A.R. aveva già disposto la sospensione cautelare del presupposto provvedimento di revoca della concessione ad occupare il suolo pubblico.

1.3. Con sentenza n. 7749 dd. 3 maggio 2004 resa in forma semplificata à sensi dell’allora vigente art. 26, quarto comma, della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 come introdotto dall’art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205, la Sezione III^ dell’adito T.A.R:

a) ha accolto le domande impugnatorie di D. avuto riguardo, sia per il ricorso principale che per i motivi aggiunti di ricorso, all’assorbente censura della violazione dell’art. 7 e ss. della L. 1034 del 1971;

b) ha dichiarato inammissibili per genericità le domande di risarcimento del danno proposte dalla medesima ricorrente in primo grado;

c) ha compensato integralmente tra le parti le spese di giudizio.

2.1. Con l’appello in epigrafe il Comune di Napoli chiede la riforma di tale sentenza.

Secondo la prospettazione dell’Amministrazione appellante, se è vero che la comunicazione di avvio del procedimento è sicuramente necessaria affinchè il privato possa dare il proprio apporto al procedimento, tale esigenza verrebbe meno nell’ipotesi – che qui, per l’appunto, si asserisce sussistente – di emanazione di provvedimenti sanzionatori aventi natura vincolata, posto che in tal caso l’attività che la Pubblica Amministrazione è tenuta a svolgere si esaurirebbe nell’accertamento dell’esistenza – o meno – degli adempimenti imposti dalla legge e senza possibilità di sottrarsi al conseguente esercizio del potere sanzionatorio allorquando l’accertamento si sia risolto in senso sfavorevole al privato interessato.

Né – comunque – ad avviso dell’appellante Comune potrebbe sostenersi che D. fosse nella specie ignara del procedimento avviato nei suoi riguardi, stanti i numerosi sopralluoghi effettuati dai Vigili Urbani, tra i quali quello del 13 dicembre 2003, nel corso del quale il Sig. Salvatore Potenza, amministratore della stessa D., ha pure apposto la propria firma sul relativo documento dichiarando di riservarsi la nomina di un difensore di fiducia.

Secondo l’Amministrazione appellante l’abuso sarebbe costituito nella specie dall’apposizione sul suolo pubblico non già dei soli – e assentiti – tavolini, sedie, fioriere, ma anche di un gazebo inamovibile costituito da pannelli in legno e vetro.

Tale manufatto, secondo quanto riferito dal Comune, sarebbe stato rimosso da D. il giorno prima di quello in cui essa ha ottenuto da parte del giudice di primo grado il provvedimento cautelare di sospensione della revoca della concessione, e quindi sarebbe stato ripristinato e, perciò, sanzionato mediante il provvedimento di ripristino dei luoghi: provvedimento che, a sua volta – sempre secondo la prospettazione dell’Amministrazione appellante – non necessiterebbe della previa comunicazione di avvio del relativo procedimento, à sensi dell’art. 7 e ss. della L. 241 del 1990, in quanto preceduto comunque da ulteriore sopralluogo dei Vigili Urbani del 25 marzo 2004 in presenza del predetto Sig. Potenza, conclusosi con l’apposizione dei sigilli sulla realità abusiva.

2.2. Si è costituita nel presente grado di giudizio l’appellata D., concludendo a sua volta per il rigetto dell’impugnazione avversaria.

3. Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto.

4.2. Va innanzitutto evidenziato che, secondo una diffusa giurisprudenza cui anche il Collegio aderisce, in linea di principio sussiste l’obbligo di avviso dell’avvio del procedimento anche nell’ipotesi di provvedimenti a contenuto totalmente vincolato, sulla scorta della considerazione che la pretesa partecipativa del privato riguarda anche l’accertamento e la valutazione dei presupposti sui quali si deve comunque fondare il provvedimento definitivamente assunto dall’Amministrazione procedente, non essendo rinvenibile alcun principio di ordine logico o giuridico che possa impedire al privato, destinatario di un atto vincolato, di rappresentare all’Amministrazione medesima l’inesistenza dei presupposti ipotizzati dalla disposizione normativa assunta a base del procedimento: e ciò in modo da consentire al destinatario del provvedimento predetto il preventivo esercizio sul piano amministrativo di quella difesa delle proprie ragioni che altrimenti sarebbe costretto a svolgere unicamente in sede giudiziaria (cfr. al riguardo, ex plurimis. Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre 2006 n. 6526).

Ma, anche a prescindere da tale assunto, nel caso di specie il qui impugnato provvedimento di revoca n. 9 del 2003 assunto dal Dirigente preposto alla VII^ Direzione Centrale del Comune di Napoli non può invero riguardarsi quale atto sanzionatorio a contenuto vincolato, ma quale atto vero e proprio atto di revoca di una concessione di suolo pubblico precedentemente assentita e, quindi, atto di secondo grado emanato in conseguenza di apprezzamenti non vincolati dell’Amministrazione Comunale: e questo, se non altro, poiché è di per sé discutibile che la realizzazione di un gazebo – comunque nella specie rivelatosi di agevole rimozione secondo quanto riferito dalla stessa Amministrazione appellante – si configuri quale violazione del disciplinare della concessione medesima.

Né può affermarsi che la redazione di verbali in sede di sopralluogo della Polizia Municipale pur anche in presenza dell’asserito contravventore e recanti la descrizione delle realizzazioni dichiaratamente abusive possano tener luogo della comunicazione di avvio del procedimento, se non altro poiché tali atti degli accertatori sono – per l’appunto – deputati a dare contezza dell’avvenuta rilevazione del fatto ricondotto ad illecito soltanto in relazione alle attività di polizia giudiziaria concomitantemente svolte dalla medesima Polizia Municipale e finalizzate, ove del caso, al sequestro penale della realità reputata abusiva; e, del resto, i verbali stessi neppure assumono il tipico contenuto richiesto dall’art. 8 della L. 241 del 1990 per la validità dell’atto di avvio del procedimento amministrativo, non risultando da essi l’indicazione – tra l’altro – del responsabile del procedimento e della data entro la quale il procedimento medesimo deve concludersi.

Identici rilievi vanno fatti anche per quanto segnatamente attiene agli ulteriori verbali che hanno preceduto l’emanazione della disposizione dirigenziale n. 195 dd. 16 marzo 2004, a sua volta recante l’ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi entro 15 giorni.

Anche tale provvedimento, pertanto, in violazione dell’art. 7 e ss. della L. 241 del 1990 non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, e anch’esso non si configura – comunque – quale atto vincolato, posto che pure la sua adozione è discesa da una valutazione discrezionale, assodatamente contestabile da parte del destinatario del provvedimento medesimo, circa l’avvenuto rispetto, o meno, del disciplinare di concessione del suolo pubblico per quanto segnatamente attiene alle tipologie delle realità ivi collocabili.

5. Le spese e gli onorari del giudizio seguono la regola della soccombenza, e sono liquidati nel dispositivo.

Va – altresì – posto a carico della medesima parte soccombente il pagamento del contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il Comune di Napoli al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio, complessivamente liquidati nella misura di Euro 3.000,00.- (tremila/00), oltre ad I.V.A. e C.P.A.

Pone – altresì – a carico del medesimo Comune di Napoli il pagamento del contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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