Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-06-2011, n. 3833 Edilizia e urbanistica Finanza regionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 6654 del 2002, il Comune di Bari propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione prima, n. 1986 del 30 maggio 2001 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro la Regione Puglia, nonché contro i comuni di Mola di Bari, Casamassima, Gioia del Colle, Alberobello, Barletta, Triggiano, Bisceglie, Ruvo di Puglia, Nardò, Brindisi, Lecce, Cerignola, San Severo, Gallipoli, Statte e Sannicandro, nonché contro il Consorzio Agrario Provinciale di Foggia e la Mucafer s.c.r.l., per l’annullamento della deliberazione della Giunta Regionale n. 1484 del 30 ottobre 2000, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia del 16/11/2000, con la quale è stato negato il finanziamento per la realizzazione dei programmi di recupero urbano di iniziativa comunale presentati dal Comune di Bari, e di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente.

Dinanzi al giudice di prime cure, con atto notificato nei giorni 22/12/2000 e seguenti e depositato il successivo 5/1/2001 il Comune di Bari ha impugnato la deliberazione di G.R. n. 1484 del 30/10/2000, pubblicata nel B.U.R.P. del 16/11/2000, con cui è stato negato il finanziamento per la realizzazione dei programmi di recupero urbano di iniziativa comunale dallo stesso presentati.

Premette che con deliberazione del Consiglio regionale n. 894 del 18/10/94 la Regione Puglia ha stabilito di utilizzare le disponibilità finanziarie del settore edilizia residenziale pubblica per la realizzazione di programmi di recupero urbano ed ha fissato il termine per la presentazione delle richieste di contributo alla data del 27/4/99 (coincidente con il 180° giorno dalla data del decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n. 3546 del 29/10/98 di messa a disposizione dei fondi).

Il Comune ricorrente, nella seduta consiliare del 16/4/99, con deliberazione n. 140, ha promosso la formazione di programmi di recupero urbano ed ha individuato e perimetrato le aree su cui realizzare gli interventi; il gruppo di professionisti incaricato dall’Amministrazione ha predisposto un progetto edilizio per ciascuna delle aree individuate, illustrando con una relazione gli ambiti, gli obiettivi programmatici e le tipologie di intervento ed indicando i relativi costi.

Con nota n. 5948 del 27/4/99 il Comune di Bari ha trasmesso alla Regione i programmi di recupero urbano per l’ammissione al finanziamento, delegando il Sindaco alla sottoscrizione dell’accordo di programma per l’approvazione.

Deduce a fondamento del ricorso proposto avverso la delibera regionale di non ammissione al contributo i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge 4/12/1993, n. 493. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti. Violazione della delibera CER del 9/11/1994 e della delibera del Consiglio regionale della Puglia n. 894 del 1994.

a) Sulla mancata approvazione del PRU da parte del Consiglio comunale.

Con delibera di C.C. il Comune di Bari ha dunque individuato e perimetrato le aree da sottoporre a riqualificazione attraverso il ricorso ai programmi di recupero urbano di cui all’art. 11 della legge n. 493/93.

Con successiva nota n. 5948/99 il sindaco di Bari ha chiesto al Presidente della Regione la stipula dell’accordo di programma ai sensi della legge n. 142/90 per l’approvazione dei PRU di iniziativa comunale nei quartieri di San Girolamo, Iapigia, Palese, Carbonara S.Rita complesso C1, Catino – S.Spirito, Enziteto, Enziteto di Valente, precedentemente indicati; ha altresì chiesto i contributi per la realizzazione dei programmi di recupero urbano, trasmettendo gli elaborati illustrativi delle proposte.

Con il provvedimento gravato la Regione sostiene che il Consiglio comunale di Bari avrebbe dovuto approvare i PRU prima di procedere alla richiesta di finanziamento; da tale omissione consegue l’inammissibilità dei programmi di finanziamento.

L’assunto è infondato, in ragione del fatto che i PRU non devono considerarsi piani urbanistici ai sensi dell’art. 32 lett. b) della legge n. 142/90, e quindi non richiedono l’approvazione prescritta da tale legge.

Il PRU, introdotto dall’art. 1 della legge n. 493/93, propone infatti un tipo di intervento edilizio non finalizzato a ripianificare il tessuto urbanistico, ma piuttosto volto ad ammodernare e completare le urbanizzazioni primarie e secondarie, ed a tutte quelle altre attività desumibili dal secondo comma della predetta norma. In definitiva, i PRU sono meri progetti edilizi corrispondenti a quei piani di terzo livello di cui ha parlato il Consiglio di Stato nell’Adunanza Generale del 21/11/91, come confermato anche dalla delibera di Consiglio regionale n. 894 del 18/10/94, di programmazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica per il quadriennio 1992 – 95 (avente natura regolamentare, come riconosciuto con sentenza di questo T.A.R. 18/6/99, n. 417). Il punto 6.4 di detta delibera individua le fasi attraverso cui deve svolgersi la pocedura di realizzazione dei programmi di recupero urbano, demandando all’esito positivo dell’ammissione al finanziamento le attività necessarie per l’attuazione della riqualificazione urbana, e quindi anche l’approvazione del Consiglio comunale, che ha funzione di ratifica dell’intervenuto accordo di programma.

b) Sul carattere di "proposta" del PRU del Comune di Bari.

Il provvedimento gravato non ha ammesso al richiesto finanziamento il PRU del Comune di Bari anche perché carente sotto il profilo dell’identificazione degli interventi "a carico pubblico ed a carico privato".

L’assunto è infondato, e non tiene conto delle caratteristiche proprie del PRU di iniziativa comunale. In proposito, va anzitutto sottolineato come l’art. 11 della legge n. 493/93 non detta le regole per realizzare i PRU, e demanda tale compito al Comitato per l’edilizia residenziale (CER), il quale ha adottato, in data 1/12/94, due D.M. di attuazione.

Il D.M. 1/12/94 (pubblicato nella G.U. 12/12/94, n. 289), all’art. 6, stabilisce che il CER definisce i criteri e le procedure di formazione dei PRU, nonché le condizioni di ammissibilità dei soggetti proponenti; il D.M. 1/12/94 (pubblicato nella G.U. 13/12/94, n. 290) detta poi specificamente i criteri e le procedure di formazione dei PRU stessi. E’ stabilito che i Comuni promuovono la formazione dei PRU, valutano e selezionano le proposte, che possano essere avanzate da soggetti pubblici e privati, ovvero predisposte dall’Amministrazione autonomamente. I PRU possono dunque essere proposti da soggetti abilitati, ovvero sono di iniziativa comunale; in questo secondo caso i privati non assumono nella fase preliminare (che cioè precede l’ammissione al finanziamento) obblighi propri. In tale fase il Comune predispone meri progetti edilizi e formula una previsione degli oneri a carico pubblico e di quelli a carico privato, ma non assicura l’impegno dei privati ad accollarsi tali oneri. Ne discende che l’assunzione di impegni da parte dei privati è subordinata all’ottenimento del finanziamento da parte della Regione, in conformità anche di quanto stabilito dalla delibera di Consiglio regionale n. 894/94, che scandisce l’intervento ad iniziativa comunale in ben dieci fasi, fissando alla fase n. 2 la predisposizione del progetto di intervento da parte del Comune ed alla fase n. 9 l’accollo da parte dei privati degli obblighi diretti. Diverso è ovviamente il caso dell’intervento c.d. ad iniziativa mista, ove il coinvolgimento dei privati è previsto sin dalla fase propositiva.

c) Sul preteso mancato rispetto dell’ordine procedurale indicato.

Ove anche l’ordine seriale delle fasi non fosse stato rispettato, si osserva che lo stesso è irrilevante, in quanto ciò che conta è la verifica della realizzabilità del PRU, ed a tale scopo il Comune ha predisposto tutto quanto era prescritto nella fase preliminare.

d) Sul supposto errato contenuto del bando di selezione predisposto dal Comune.

La Regione solleva ulteriori contestazioni in ordine al contenuto del bando di selezione degli esecutori del progetto, sostenendo che lo stesso conterrebbe indistintamente disposizioni per l’assunzione di obblighi da parte dei privati e per l’espletamento delle gare per l’esecuzione delle opere. Il bando, invero, si presenta unitario nella previsione di coinvolgimento dei privati, ma nulla dice sul momento di partecipazione del privato, oggetto di specifiche convenzioni urbanistiche.

2) Violazione dei principi generali in materia di appalto di opre pubbliche, in quanto applicabili nella specie. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti.

L’art. 14 della legge n. 109/94 detta il principio di assoggettamento dell’attività nel campo dei lavori pubblici a programmazione triennale; la ratio della previsione è quella di garantire il finanziamento delle opere da eseguire. Applicando detto principio alla fattispecie in esame deve ritenersi che non è possibile avviare il procedimento di riqualificazione se non è certa l’erogazione dei contributi; il Comune non può pertanto vincolare alla sua proposta i soggetti privati prima di sapere se il progetto edilizio predisposto verrà ammesso al finanziamento.

3) Violazione e falsa applicazione sotto ulteriori profili del D.M. 1/12/94 di attuazione della delibera CER del 9/2/94, nonché della delibera G.R. della Regione Puglia n. 894/94. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti.

La Regione lamenta che la proposta avanzata dal Comune di Bari non sarebbe corredata della documentazione prescritta dalla delibera n. 894/94, "tra cui le planimetrie ed altro".

L’assunto è infondato, in quanto il Comune di Bari ha trasmesso alla Regione la richiesta di ammissione al finanziamento comprensiva della documentazione prescritta dal D.M. 1/12/94 e dalla delibera C.R. n. 894/94.

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, I comma, della legge n. 493/93 come modificato dalla legge n. 136/99. Violazione e falsa applicazione della delibera CIPE del 16/3/94, recante la programmazione per il quadriennio 1992 – 95. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti.

La delibera CIPE del 16/3/94 stabilisce al punto 5.3.3 che "le regioni nel cui territorio sono individuate province il cui capoluogo abbia una popolazione superiore a 300.000 abitanti, destinano una quota, in misura non inferiore al 70% della riserva operata ai sensi dell’art. 11 del D.L. n. 398/93, convertito in legge n. 493/93, ad interventi al servizio del patrimonio di edilizia residenziale pubblica localizzato nella provincia medesima".

Il Comune di Bari è tra i capoluoghi di provincia con 300.000 abitanti e dunque è destinatario della riserva del 70% dei fondi relativi ai PRU della Regione Puglia. L’utilizzazione, da parte della Regione, dei fondi per finanziare i PRU di altre province è in contrasto con quanto prescritto dalla delibera CIPE e da quella del Consiglio regionale n. 894/94, ove è espressamente detto che la riserva del 70% è vincolata al finanziamento degli interventi nella provincia di Bari, residuando il 30% delle risorse a disposizione alle altre province.

Costituitisi in giudizio la Regione Puglia e le controinteressate Amministrazioni comunali indicate in epigrafe, nonché la Mucafer s.c.r.l., il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le doglianze, ritenendo corretto il comportamento amministrativo della Regione ed errata la ricostruzione in diritto operata dalla parte ricorrente.

Contestando le statuizioni del primo giudice, il Comune di Bari appellante evidenziava l’erroneità della sentenza gravata, riproponendo le censure proposte in primo grado.

Nel giudizio di appello, si costituivano la Regione Puglia e i comuni di Brindisi, Ruvo di Puglia, Bisceglie, Triggiano, Barletta, Alberobello, Cerignola e Gioia del Colle, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

A seguito di opposizione al decreto presidenziale n. 8029/2009, declaratorio della perenzione del ricorso, con ordinanza n. 438/2010 del 30 novembre 2010 veniva disposta la reiscrizione in ruolo.

Alla pubblica udienza del 30 novembre 2010, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. – Con il primo motivo di diritto, articolato in quattro censure, si ripropongono le doglianze già portate alla cognizione del T.A.R.. Con la doglianza di cui alla lett. A) si deduce l’erroneità della decisione della Regione, condivisa dal primo giudice, di ritenere inammissibili i programmi di recupero perché non approvati dal consiglio comunale. Tale doglianza va letta congiuntamente a quella della lett. B) dove si contrasta la decisione di inammissibilità perché la Regione ha ritenuto carente l’indicazione degli interventi rispettivamente ricadenti in capo al pubblico ed in capo al privato.

Contro l’affermazione del giudice di prime cure, che ha ricondotto tali piani nell’ambito della pianificazione di terzo livello, si deduce che debba essere per essi esclusa la natura pianificatoria in quanto destinati al solo completamento delle urbanizzazioni primarie e secondarie nonché a completare o integrare l’esistente. Contro la ulteriore inammissibilità per mancata specificazione delle competenze in merito ai diversi interventi, si è precisato che l’attribuzione dei singoli ambiti di azione sarebbe solo fatto conseguente alla predisposizione del progetto di intervento, secondo la scansione procedimentale disegnata nella delibera comunale.

2.1. – La ricostruzione non può essere condivisa.

Correttamente, il giudice di prime cure ha richiamato gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti e, principalmente, il parere dell’Adunanza generale del Consiglio di Stato n. 142 del 21 novembre 1991, per affermare come nel caso in specie l’intervento potesse essere qualificato sia come strumentio di pianificazione indiretta e ad orientamento settoriale sia come strumento di pianificazione di terzo livello, differenziando le diverse modalità di approvazione, evidenziando come, in ogni caso, sia mancato l’intervento dell’organo deputato all’adozione, ossia il Consiglio comunale.

Tuttavia, in disparte il profilo qualificatorio, il giudice ha evidenziato come nel caso in specie sia venuta a mancare l’essenziale contenuto decisionale della delibera, in quanto, stante il meccanismo procedurale adottato, che si articola in un complesso di dieci diverse fasi, il provvedimento del Comune di Bari ha semplicemente assunto la valenza di una proposta, di una ipotesi di progetto da sottoporre alla valutazione ed alle offerte dei privati, con ulteriore possibilità di rivalutazione della situazione a seguito dell’esaurimento di tale fase procedimentale. Da qui la corretta valutazione di carenza di ogni contenuto programmatorio.

In tal senso, non va condivisa la tesi del ricorrente in primo grado, qui riproposta, che la tipologia dell’intervento operativo spettante al privato potesse essere individuata mediante la successiva stipula di convenzioni, in quanto in tal modo verrebbe a cadere l’impianto programmatorio del piano, con conseguente abbattimento della sua principale funzione.

3. – Con i rimanenti motivi di cui alla lett. C) e D) del primo motivo di ricorso, viene censurata ulteriormente la decisione di inammissibilità sotto altri profili, concernenti il mancato rispetto dell’ordine procedurale imposto e la incompleta preparazione del bando relativo alla partecipazione alla selezione. Si tratta peraltro di censure che vengono ad incidere sulla decisione di inammissibilità della proposta di PRU da parte del Comune di Bari. Tuttavia, tale declaratoria si fonda comunque sulle ragioni prima esaminate e ritenute corrette. Ne deriva che alcun vantaggio potrebbe venire alla parte appellante dall’accoglimento di tali censure, in quanto non potrebbero dar luogo all’annullamento di tale provvedimento. Pertanto, come correttamente evidenziato anche dal T.A.R., le doglianze possono essere ritenute assorbite.

4. – Il secondo motivo di appello, relativo alla violazione dei principi valevoli in tema di appalti pubblici e che impediscono la predisposizione di progetti edilizi in assenza della certezza del finanziamento, è sviluppato in maniera minimale, in quanto l’appellante evidenzia solo come la sentenza gravata non abbia dato adeguata contezza della ragione di censura.

4.1. – La doglianza non ha pregio.

Il T.A.R. della Puglia, affrontando la questione, ha espressamente evidenziato come la fattispecie procedura imponesse che il compito dell’amministrazione comunale fosse solo quello di individuare le opere realizzabili dal privato, senza contestualmente procedere alla scelta del soggetto attuatore. Non vi è quindi una relazione stretta tra l’esigenza di completezza nella descrizione degli interventi, che è stata causa della dichiarazione di inammissibilità, e l’assunzione degli obblighi di attuazione dell’opera progettata da parte dei privati. In questo senso, la censura proposta non coglie nel segno, in quanto la rilevanza economica del progetto emerge solo in un successivo momento, qui non rilevante.

5. – Con il terzo motivo di diritto, ci si duole dell’erronea valutazione operata in relazione alla sostenuta carenza documentale dei programmi presentati. Evidenzia l’appellante come lo stesso abbia allegato alla progettazione quello che era dovuto in rapporto alla normativa vigente, ossia il decreto ministeriale 1 dicembre 1994 e la delibera di Consiglio regionale n. 894 del 1994.

5.1. – La censura non può essere accolta.

La ricostruzione operata dalla parte appellante si fonda sull’ipotesi, già giudicata come non condivisibile, che la tipologia di piano presupponesse una necessaria incompletezza, stante la separazione della fase di predisposizione del progetto da quella della partecipazione del privato, a seguito di concorso, al programma di recupero urbano di iniziativa comunale.

Tuttavia, tale ricostruzione è stata sopra smentita e la documentazione allegata, in quando coerente con la valutazione operata dal Comune e già ritenuta non corretta, appare carente proprio in relazione alla fase di predisposizione spettante all’ente.

Correttamente il T.A.R. ha quindi ritenuto infondata la doglianza in relazione alla incompletezza progettuale, conseguente alla errata valutazione del valore del piano.

6. – Con il quarto ed ultimo motivo di appello, si lamenta la violazione dell’art. 11 comma 1 della legge n. 493 del 1993 e della delibera del C.I.P.E. del 16 marzo 1994, dove stabilisce che "le Regioni, nel cui territorio sono individuate province il cui capoluogo abbia una popolazione superiore a 300.000 abitanti destinano una quota, in misura non inferiore al 70% della riserva operata ai sensi dell’art. 11 del D.L. n. 398/93, convertito nella legge n. 493/93, ad interventi al servizio del patrimonio di edilizia residenziale pubblica localizzato nelle province medesime". Il provvedimento regionale, incidendo su tale riparto, avrebbe quindi leso la legittima aspettativa del Comune di Bari.

6.1. – La censura non è condivisibile.

In disparte la valutazione di inammissibilità, operata dal T.A.R., va altresì rilevato che la decisione del giudice di prime cure si fonda su una ricostruzione della situazione di fatto non incisa dall’appello e del tutto corretta.

Infatti, la quota di cui si verte è destinata ad interventi al servizio del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, e quindi nell’ambito dei programmi di recupero urbano ammessi al finanziamento, ed agisce solo come strumento accessorio di attribuzione qualora ci fossero PRU in esubero rispetto ai fondi disponibili. Nella delibera si legge che "riguardo la riserva del 70%…, essa risulta rispettata per i programmi ammissibili relativamente ai fondi del bando di cui alla delibera di C.R. n. 306/98 e comunque sono state finanziate tutte le proposte ammissibili di quella provincia", pertanto la ripartizione effettuata appare coerente con le previsioni vigenti, per cui appare coerente con le finalità della norma che con le disponibilità residue siano stati finanziati i PRU provenienti da altri comuni ricadenti in diverse province del territorio regionale.

7. – L’appello va quindi respinto. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 6654 del 2002;

2. Condanna il Comune di Bari a rifondere alla Regione Puglia e ai comuni di Brindisi, Ruvo di Puglia, Bisceglie, Triggiano, Barletta, Alberobello, Cerignola e Gioia del Colle, le spese del presente grado di giudizio, che liquida, in favore di ognuna delle parti resistenti e controinteressate costituite, in Euro. 1.000,00 (euro mille, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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