Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 25-05-2011) 22-06-2011, n. 25041

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Avellino ha affermato la colpevolezza di S.C. in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 113 c.p. e del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2, a lui ascritto perchè, in qualità di legale rappresentante della ditta NITA S.r.l., esercente lavori di recupero abitativo del sottotetto di un immobile, in cooperazione con M.C., quale esecutore dei lavori, effettuava nell’area di cantiere un deposito incontrollato di rifiuti di demolizioni edilizie in violazione delle disposizioni sul deposito temporaneo di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, lett. m).

Il giudice di merito ha affermato il concorso dello S. nella commissione del reato in considerazione della sua qualità di responsabile della ditta appaltatrice dei lavori, eseguiti in subappalto dalla ditta del M., e di direttore dei lavori.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, dell’art. 192 c.p.p., nonchè difetto logico della motivazione della sentenza.

In estrema sintesi si deduce che il giudice di merito, avendo accertato che i lavori edili erano stati affidati dalla ditta di cui è legale rappresentante l’imputato a quella del M., non poteva affermare la colpevolezza dello S. in ordine all’operato del subappaltatore. Si deduce inoltre che la sentenza non ha tenuto conto delle risultanze delle dichiarazioni del teste C., il quale ha riferito di non avere avuto mai rapporti con lo S. e di avere sollecitato varie volte la ditta subappaltatrice a rimuovere i materiali di risulta delle demolizioni, da cui doveva desumersi che l’imputato aveva ignorato la stessa esistenza del deposito.

Il ricorso è fondato.

Preliminarmente la Corte rileva che tuttora non si è verificata la prescrizione del reato, essendone stata accertata dalla sentenza la commissione fino al 21 marzo 2007.

In ogni caso i motivi di ricorso, che sostanzialmente hanno ad oggetto solo una questione di diritto, devono essere esaminati ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 2.

La giurisprudenza di questa Suprema Corte ha già reiteratamente affermato che entrambe le qualità, di committente, cui deve essere equiparata quella di appaltante nell’ipotesi del subappalto, e di direttore dei lavori, non determinano alcun obbligo di legge di intervenire nella gestione dei rifiuti prodotti dalla ditta appaltatrice o subappaltatrice ovvero di garantire che la stessa venga effettuata correttamente.

E’ stato, infatti, affermato da questa Corte che "In materia di rifiuti, il committente dei lavori edili e il direttore dei lavori non possono essere ritenuti responsabili a titolo di concorso con l’appaltatore per la raccolta e lo smaltimento abusivi dei rifiuti non pericolosi connessi all’attività edificatoria: infatti nessuna fonte legale, nè scaturente da norma extrapenale (ossia ricavabile dalle disposizioni del D.Lgs. n. 22 del 1997), nè da contratto, pone in capo a tali soggetti l’obbligo di garanzia in relazione all’interesse tutelato ed il correlato potere giuridico di impedire che l’appaltatore commetta il reato di abusiva gestione dei rifiuti." (sez. in, 22.9.2004 n. 40618, Bassi e altro, RV 230181; sez. 3, 28.1.2003 n. 15165, Capecchi Massimo, RV 224706, con specifico riferimento alla posizione del committente dei lavori).

In particolare, è stato osservato, con riferimento alla posizione del committente e del direttore dei lavori, che i doveri di controllo imposti a tali soggetti, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 6 ed attualmente del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 29 riguardano esclusivamente la conformità della costruzione alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano, al permesso di costruire, nonchè l’osservanza delle altre prescrizioni contenute nel testo unico per l’edilizia, mentre nessun obbligo è imposto dalla legge a tali soggetti riguardo alla osservanza della disciplina in materia di smaltimento dei rifiuti, (sez. 3 21.10.2009 n. 44457, Leone, RV 245269; sez. 3, 21.1.2000 n. 4957, Rigotti e altri, RV 215945).

Nè dai principi generali che regolano i compiti del direttore dei lavori o i rapporti tra la ditta appaltante e quella appaltatrice o subappaltatrice derivano obblighi di intervenire per il rispetto da parte della ditta esecutrice dei lavori della normativa in materia di rifiuti.

Sicchè, salva l’ipotesi di un diretto concorso nella commissione del reato, non può ravvisarsi alcuna responsabilità a carico di tali soggetti, ai sensi dell’art. 40 c.p., comma 2, per non essere intervenuti al fine di impedire violazioni della normativa in materia di rifiuti da parte della ditta appaltatrice.

Orbene, il giudice di merito ha affermato la colpevolezza dell’imputato soltanto in considerazione delle predette qualità, non risultando dalla sentenza alcun coinvolgimento diretto dello S. nelle operazioni di gestione dei rifiuti prodotti dalla ditta del M..

La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata senza rinvio, perchè il ricorrente non ha commesso il fatto.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il ricorrente non ha commesso il fatto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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