Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 25-05-2011) 22-06-2011, n. 25040

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Mesagne con sentenza del 9/2/2010 ha dichiarato C.A. colpevole del reato di cui all’art. 110 c.p., D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a e lo ha condannato alla pena di Euro 3.000,00 di ammenda.

Propone ricorso per cassazione la difesa del prevenuto con i seguenti motivi:

-ha errato il decidente nel considerare rifiuto speciale non pericoloso il materiale lapideo trasportato sul veicolo fermato dalla Polizia Municipale procedente:

-la pronuncia impugnata si pone in netto contrasto con le emergenze processuali, che avrebbero permesso di rilevare che il materiale trasportato non poteva qualificarsi rifiuto:

-il discorso giustificativo, adottato dal decidente, omette di fornire gli elementi fattuali e probatori nonchè logico- argomentativi, idonei a qualificare come rifiuto il materiale che tale non è per sua ontologica destinazione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettalo.

Il discorso giustificativo, svolto in sentenza, a sostegno della ritenuta colpevolezza del prevenuto in ordine al reato ad esso ascritto si rivela del tutto logica e corretta.

Tutta la impugnazione si incentra, in via principale. Sull’osservare che il materiale trasportato sul camion in proprietà al prevenuto non fosse da considerare rifiuto, secondo l’ottica della normativa in materia, in quanto trattasi di basole in pietra, di un certo valore commerciale, proveniente da demolizione di un marciapiede. contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del prevenuto, il giudice di merito, a giusta ragione rileva come dalle emergenze istruttorie sia emerso che il materiale trasportalo consisteva in cordoli in pietra di un marciapiede esistente presso la scuola (OMISSIS) rimossi in dipendenza del rifacimento del predetto marciapiede: le basole in pietra erano di proprietà del Comune di (OMISSIS) che se ne era disfatto in occasione della realizzazione del nuovo percorso pedonale. Con la conseguenza che il trasporto di detto materiale necessitava della relativa autorizzazione per non incorrere nella violazione di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 comma 1, lett. a).

Osservasi che per rifiuto, ai sensi della normativa comunitaria e nazionale, deve intendersi qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si disfi, restando irrilevante, se ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto, ovvero tramite il suo recupero e inoltre, prescindendosi da ogni indagine sulla intenzione del detentore, che abbia escluso ogni riutilizzazione economica della sostanza, riutilizzazione che nel caso in esame, il C. non ha provato.

L’attività di trasporto delle pietre questione, che appaiono, ictu oculi essere state oggetto di abbandono da, parte dell’ente proprietario, come correttamente osservato in sentenza, avrebbe dovuto essere autorizzata dalla amministrazione comunale, con la conseguenza che. in diletto di detto titolo abilitativo, ricorre la contravvenzione contestata al prevenuto.

In conferente inoltre, si rivela il tentativo di rilettura delle deposizioni testimoniali degli agenti della Polizia Municipale, richiamate dal ricorrente, anche perchè sulle stesse al giudice di legittimità resta precluso procedere ad una nuova analisi estimativa.

Sul punto precisasi che nel momento del controllo di legittimità sulla motivazione, questa Corte non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione. dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (ex plurimis Cass. 1/10/02. Carta).

Nella specie risulta evidente che il giudice ha correttamente valutato la condotta del prevenuto, ritenendo che la stessa è stata posta in essere in violazione della disposizione normativa contestata.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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