Cons. Stato Sez. V, Sent., 27-06-2011, n. 3829 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

I.- Con il ricorso in appello, che ha assunto il numero di R.G. 600/2010, il dott. S. D. C. A. ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. Puglia, Bari, Sezione III, n. 28889/2009 con la quale erano stati respinti i motivi di censura rubricati sub A), sub B) e sub E) del ricorso proposto dal suddetto contro i risultati elettorali relativi alle elezioni del Sindaco e del Consiglio Comunale di Bari tenutesi nelle date del 6 e 7 giugno 2009, nonché è stata disposta verificazione con riferimento ai profili di censura sub C) e sub D) del ricorso stesso.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Difetto di motivazione ed erronea applicazione degli artt. 47, 49, 51, 53, 54, 68, 70 e 74 del d.P.R. n. 570/1960 e s.m.i..

La mancata verbalizzazione del numero delle schede autenticate e delle schede autenticate ma non utilizzate, nonché la non corrispondenza tra il numero delle schede autenticate e quello degli elettori iscritti a votare nelle sezioni che interessano non possono ritenersi mere irregolarità formali perché hanno minato la trasparenza delle operazioni elettorali e hanno reso incerta la regolarità delle operazioni di voto, che non possono essere quindi considerate valide.

Contraddittoriamente la sentenza impugnata ha accolto le censure rubricate ai punti C) e D) del ricorso e non ha accolto quelle di cui ai punti A), B) ed E), mentre le irregolarità di cui a detti punti C) e D) si sono potute verificare proprio a causa delle irregolarità di cui ai punti A), B) ed E).

Ulteriore prova della inaffidabilità del risultato elettorale di cui trattasi è fornita dalla nota del 5.8.2009 del Presidente dell’Ufficio Elettorale Centrale, sicché esso è da considerare completamente incerto potendo essere state effettuate sostituzioni, sottrazioni o aggiunte di schede.

Con memoria depositata il 14.2.2010 si è costituito in giudizio il dott. M. E., che ha eccepito la inammissibilità dell’appello per incongruenza tra censure proposte e domande, per omessa notifica a controinteressati necessari intimati in primo grado e per mancato superamento della prova di resistenza. Nel merito ha dedotto la infondatezza del gravame, in particolare per essere rilevanti in materia di operazioni elettorali solo le irregolarità sostanziali e non quelle che, come nel caso di specie, non hanno compromesso l’accertamento della reale volontà del corpo elettorale, concludendo per la reiezione.

Con controricorso e appello incidentale condizionato, notificato il 18.2.2010 e depositato il 18.2.2010 si è costituito in giudizio il Comune di Bari, che, premesso in particolare che le circostanze dedotte in primo grado con riferimento alle sezioni nn. 218, 229 e 254 sono inconferenti, perché riguardanti sezioni non comprese in quelle oggetto di impugnativa, e che è stato chiesto l’annullamento anche con riferimento alla sezione n. 140, non oggetto delle censure A), B) ed E), ha chiesto la reiezione dell’appello perché le irregolarità formali non possono comportare l’invalidità del risultato elettorale, considerato che le schede di cui è stata contestata la validità sono in totale in numero di 1949, mentre il divario di voti esistente tra l’appellante ed il controinteressato M. E. è di 8162 voti.

Il Comune ha anche eccepito la inammissibilità dell’appello per essere stati impugnati con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado esclusivamente i risultati relativi al primo turno elettorale, per essere state reiterate deduzioni per le quali pende ancora il giudizio di primo grado e per essere state riproposte in appello le censure già articolate in prime cure senza dedurre specifici vizi con riguardo alla sentenza impugnata.

Ha inoltre proposto appello incidentale sia per non essere indicata nel dispositivo della sentenza impugnata la reiezione della censura sub E), sia per essere state implicitamente disattese dal T.A.R. le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado, sia per non essere stata effettuata la prova di resistenza e sia in quanto è stata chiesta genericamente la rinnovazione ed il riesame generalizzato delle operazioni elettorali senza adeguati principi di prova. Comunque è stato chiesto che le eventuali irregolarità riscontrate comportino esclusivamente la ripetizione di quelle specifiche operazioni e non l’invalidazione in toto delle votazioni.

Con atto depositato l’1.3.2010 si sono costituiti in giudizio i signori V. D. B. e M. C..

Con memoria depositata il 20.4.2010 il Comune di Bari ha ribadito tesi e richieste.

Con memoria depositata il 30.6.2010 l’appellante ha eccepito la inammissibilità e dedotto la infondatezza del controricorso proposto dal Comune di Bari, sia per non essere state meramente riproposte le censure di primo grado, sia per essere il turno di ballottaggio in rapporto di consequenzialità immediata rispetto al primo turno ed essendo comunque stato impugnato l’atto finale di proclamazione degli eletti, sia per costituire le irregolarità riscontrate vizi sostanziali, sia per essere stata fornita la prova delle occorse illegittimità e sia per non essere utilizzabile la prova di resistenza quando le contestazioni riguardano aspetti generali delle operazioni elettorali. Anche l’appello incidentale sarebbe infondato, sia per essere state provate le illegittimità denunziate dalla lettura dei verbali e sia per essere stato l’appello ritualmente notificato a tutti i controinteressati intimati in primo grado. Ha quindi ribadito tesi e richieste.

Con memoria depositata il 26.11.2010 il dott. M. E. ha evidenziato che nelle more il T.A.R. Puglia, Bari, Sezione III aveva definitivamente respinto il ricorso di primo grado con sentenza n. 3894 del 2010; ha inoltre ribadito tesi e richieste.

Con memoria depositata il 19.3.2011 l’appellante ha dedotto che con la sentenza sopra citata è stato sostanzialmente ritenuto ammissibile il ricorso proposto in primo grado e su tale capo della sentenza si è formato il giudicato, non essendo stato proposto appello al riguardo ed essendo generiche le contestazioni in proposito contenute nell’appello incidentale condizionato del Comune di Bari. Ha quindi insistito per l’accoglimento dell’appello.

Con atto depositato il 25.3.2011 l’appellante ha replicato alle avverse argomentazioni.

II.- Con il ricorso in appello, che ha assunto il n. 10346/2010, il dott. S. D. C. A. ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. Puglia – Bari, Sezione III, n. 03894/2010 con la quale, definitivamente pronunciando sul ricorso elettorale de quo dopo la disposta verificazione, esso è stato dichiarato inammissibile.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- "Error in iudicando". Mancata valutazione delle risultanze della verificazione operata dalla Prefettura. Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 47, 49, 51, 53, 54, 68, 70, e 74 del d.P.R. n. 570/1960 e s.m.i.). Difetto di motivazione.

La statuizione del primo Giudice è immotivata ed erronea nella parte in cui afferma che dai risultati della verificazione eseguita non sono emersi vizi sostanziali tali da inficiare le operazioni ed i risultati elettorali.

Comunque il primo Giudice non ha verificato quanto compiutamente accertato dall’organo istruttorio da esso nominato.

Non è corrispondente a realtà quanto asserito in sentenza, con riguardo alla corrispondenza delle schede autenticate, rispetto alla somma di quelle utilizzate e non utilizzate, che essa fosse esatta in venti sezioni su cinquantatre e sostanziale in quindici sezioni, oltre che nelle sezioni n. 24 e n. 25.

Non è corrispondente a realtà quanto asserito in sentenza, con riguardo alla doglianza sub D) del ricorso introduttivo.

La sentenza non ha adeguatamente motivato circa il ritrovamento ed il non ritrovamento nell’urna di schede votate.

2.- Error in iudicando. Violazione del principio di democrazia e di legalità. Violazione e falsa applicazione di legge (art. 48 della Costituzione). Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 47, 49, 51, 53, 54, 68, 70, e 74 del d.P.R. n. 570/1960 e s.m.i.). Difetto di motivazione.

La sentenza è erronea per violazione dell’art. 48 della Costituzione nella parte in cui assume che quelle riscontrate sarebbero irregolarità formali inidonee ad incidere sulla volontà del corpo elettorale e che nel caso di specie troverebbe applicazione il principio della strumentalità delle forme, atteso che esse irregolarità hanno invece determinato la nullità delle operazioni di voto.

3.- "Error in iudicando". Violazione dei principi in materia di elettorato attivo e passivo. Violazione e falsa applicazione di legge e del principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge (artt. 3 e 24 della Costituzione). Violazione e falsa applicazione di legge (art. 83 del d.P.R. n. 570/1960). Violazione e falsa applicazione dei principi fondamentali del processo amministrativo. Difetto di motivazione.

Erroneamente il Giudice di primo grado ha asserito che il ricorso proposto dal candidato non eletto non può sottrarsi alla verifica della prova di resistenza, in quanto, non avendo esso candidato, prodotto in giudizio il certificato elettorale, non poteva agire che nella sua qualità di candidato non eletto.

Nel caso di specie l’appellante non aveva chiesto la correzione del risultato elettorale contestando l’attribuzione di voti di preferenza, ma aveva chiesto l’annullamento delle operazioni elettorali.

4.- Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dei principi fondamentali del processo amministrativo. Violazione del principio del giudicato. Contraddittorietà tra la sentenza parziale n. 2889/2009 e la sentenza definitiva n. 3894/2010. Difetto di motivazione.

Erroneamente la sentenza impugnata sostiene la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse nell’assunto che le violazioni accertate evidenzierebbero una differenza di schede minima rispetto alla differenza di voti di preferenza che sussiste con il controinteressato.

5.- "Error in iudicando". Violazione e falsa applicazione dei principi fondamentali del processo amministrativo. Violazione del principio di economia del processo amministrativo, illogicità e contraddittorietà fra la sentenza parziale n. 2889/2009 e la sentenza n. 3894/2010. Difetto di motivazione.

Illogicamente la gravata sentenza ha disposto la condanna dell’appellante al pagamento delle spese della verificazione,

Sono stati inoltre riproposti i motivi di censura sollevati con il ricorso di primo grado.

Con memoria depositata il 20.12.2010 si è costituito in giudizio il dott. M. E., riproponendo le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa impugnativa dei risultati del secondo turno elettorale di ballottaggio, nonché per omessa formale presentazione di querela di falso con riguardo a quanto emerso dai verbali delle operazioni elettorali. Nel merito ha contestato la fondatezza del terzo motivo di appello ed ha eccepito la inammissibilità e la infondatezza del primo e del secondo motivo di gravame. Ha quindi concluso per la reiezione.

Con memoria depositata il 30.12.2010 si è costituito in giudizio il Comune di Bari, che ha riproposto le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate in primo grado ed ha eccepito la inammissibilità e dedotto la infondatezza dell’appello, concludendo per la reiezione.

Con memoria depositata il 25.3.2011 parte appellante ha replicato alle avverse eccezioni ed argomentazioni ribadendo tesi e richieste.

III.- Alla pubblica udienza del 5.4.2011 i citati ricorsi sono stati trattenuti in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

I.- Con il ricorso in appello, che ha assunto il numero di R.G. 600/2010, il dott. S. D. C. A. ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. Puglia, Bari, Sezione III, n. 28889/2009 con la quale erano stati respinti i motivi di censura rubricati sub A), sub B) e sub E) del ricorso proposto dal suddetto contro i risultati elettorali relativi alle elezioni del Sindaco e del Consiglio Comunale di Bari tenutesi nelle date del 6 e 7 giugno 2009, nonché era stata disposta verificazione con riferimento ai profili di censura sub C) e sub D) del ricorso stesso.

Successivamente, con il ricorso in appello, che ha assunto il n. di R.G. 10346/2010, detto dott. S. D. C. A. ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. Puglia – Bari, Sezione III, n. 03894/2010 con la quale, definitivamente pronunciando sul ricorso elettorale de quo, lo stesso è stato dichiarato inammissibile.

I.1.- Innanzitutto, il Collegio ritiene di dover riunire i due gravami, per la palese loro connessione oggettiva e soggettiva, per cui i medesimi devono essere esaminati e decisi con un’unica pronuncia.

I.2.- Con l’unico, complesso, motivo posto a base del ricorso in appello n. 600 del 2010 sono stati dedotti difetto di motivazione ed erronea applicazione degli artt. 47, 49, 51, 53, 54, 68, 70 e 74 del d.P.R. n. 570/1960 e s.m.i..

La mancata verbalizzazione del numero delle schede autenticate e delle schede autenticate ma non utilizzate, nonché la non corrispondenza del numero delle schede autenticate con quello degli elettori iscritti a votare nella sezione non potrebbero ritenersi, come ritenuto erroneamente dal Giudice di prime cure, mere irregolarità formali, in quanto tali eventi hanno reso impossibile verificare la regolarità delle operazioni di voto e di verificare che questo sia stato frutto di una libera e personale espressione, sicché hanno minato la trasparenza delle operazioni elettorali e hanno reso incerta la regolarità delle operazioni di voto, che non potrebbero essere quindi considerate valide.

Contraddittoriamente la sentenza impugnata ha accolto le censure rubricate ai punti C) e D) del ricorso e non ha accolto quelle di cui ai punto A), B) ed E), mentre le irregolarità di cui a detti punti C) e D) si sono potute verificare proprio a causa delle irregolarità di cui ai punti A), B) ed E).

Ulteriore prova della inaffidabilità del risultato elettorale di cui trattasi sarebbe fornita dalla nota del 5.8.2009 del Presidente dell’Ufficio Elettorale Centrale, in cui è evidenziata la gravità del fenomeno della contraddittorietà dei dati forniti dalle sezioni; dette irregolarità non sono state attestate nel verbale di proclamazione.

La mancata verbalizzazione di quanto richiesto dalle norme in epigrafe indicate e le verbalizzate non corrispondenze dei numeri riportati nei verbali ha reso completamente incerto il risultato elettorale, potendo essere state effettuate sostituzioni, sottrazioni o aggiunte di schede.

3.1.- Osserva la Sezione che il T.A.R. Puglia, Bari, con la impugnata sentenza ha disatteso le censure sotto le lettera A e B dell’atto introduttivo, perché la mancata verbalizzazione del numero delle schede autenticate in dieci sezioni (ipotesi sub A) dell’atto introduttivo e la mancata verbalizzazione delle schede autenticate ma non utilizzate in quarantotto sezioni (ipotesi sub B) non costituiscono di per sé ragioni di illegittimità dell’operazioni elettorali; ha giudicato inoltre non condivisibile la censura (ipotesi sub E) perché non costituisce motivo di illegittimità delle operazioni elettorali la circostanza, riguardante undici Sezioni, che è stato autenticato un numero di schede maggiore di quello degli elettori ammessi al voto; rilevante, ai fini della regolarità delle operazioni, infatti, non è tanto la corrispondenza tra il numero degli elettori ammessi al voto e quello delle schede autenticate, quanto piuttosto l’esatta corrispondenza dei votanti alle schede scrutinate.

I.2.2.- Premette al riguardo il Collegio che la normativa relativa al procedimento elettorale si fa carico di disciplinare i tempi e le modalità di svolgimento delle operazioni di voto e di verbalizzazione delle stesse, ponendo a carico del Presidente della Sezione precisi e puntuali obblighi, che, in generale, riguardano:

a) la determinazione del numero di schede che è necessario autenticare sulla base del numero di elettori iscritti nella lista sezionale (art. 47, comma 4, del d.P.R. n. 570/1960 e succ. mod. e integr.);

b) l’accertamento del numero dei votanti alla chiusura delle operazioni di voto (art. 53, comma 1, n. 2, di detto d.P.R.);

c) il riscontro del numero delle schede autenticate non utilizzate che dovranno corrispondere al numero degli elettori iscritti che non hanno votato (art. 53, comma 1, n. 3, del ridetto d.P.R.);

d) la verifica della corrispondenza tra il numero totale delle schede scrutinate ed il numero degli elettori che hanno votato (art. 63, comma 4, del d. P.R. citato).

Al riguardo, va messo in rilievo che nel procedimento elettorale non vige la regola della tassatività delle nullità di cui agli artt. 156 comma 1 e 127 c.p.c..

Deriva da ciò che nelle ipotesi in cui non esista una valutazione legale tipica di nullità connessa alla violazione di una norma che disciplina le operazioni elettorali, è rimessa all’interpretazione del Giudice la valutazione delle conseguenze di tale violazione.

Poiché il procedimento elettorale è preordinato alla formazione e all’accertamento della volontà degli elettori (anche in considerazione della rilevanza costituzionale della disciplina del diritto di voto, come da art. 48 della Costituzione), è da ritenere che producano un effetto invalidante solo quelle anormalità procedimentali che impediscano l’accertamento della regolarità delle operazioni elettorali, con diminuzione della garanzia di legge (Cons. Giust. Amm. Sic., Sez. Giurisdiz., 6 giugno 1992, n.112).

Differenti anormalità, quali omissioni di prescritti adempimenti formali, costituiscono invece delle mere irregolarità tutte le volte in cui esse non incidano negativamente sulla finalità che il procedimento persegue, cioè l’autenticità, la genuinità e la correttezza degli eseguiti adempimenti.

In applicazione del principio di strumentalità delle forme e del principio sostanziale del "favor voti", nelle operazioni elettorali vanno quindi considerate irrilevanti le mere irregolarità, ossia quelle inesattezze della procedura rispetto alla disciplina legislativa e normativa, che tuttavia non incidono sulla sincera e libera espressione del voto, perché rispetto a tali inesattezze prevale l’esigenza di preservare la volontà espressa dal corpo elettorale e con essa il risultato al quale essa tende.

Pertanto, non possono comportare l’annullamento delle operazioni stesse i vizi dai quali non deriva alcun pregiudizio di livello garantistico o alcuna compressione della libera espressione del voto e sono da valutare irrilevanti le irregolarità che non abbiano compromesso l’accertamento della reale volontà del corpo elettorale

I.2.3.- Tanto premesso osserva il Collegio, quanto alla irregolarità consistente nella mancata verbalizzazione del numero delle schede autenticate ma non utilizzate, denunciata dall’appellante, che essa, secondo la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, 18 febbraio 1992 n. 133 e 12 settembre 1986 n. 44) potrebbe comportare, in linea di principio, l’annullamento delle operazioni elettorali in quanto impedisce il riscontro preventivo dell’effettivo numero delle schede utilizzate e votate, ma solo a condizione che (secondo il c.d. criterio della strumentalità delle forme pacificamente enunciato dalla medesima giurisprudenza) non risulti possibile ricostruire, comunque, il dato mancante e quindi l’esatto svolgimento delle operazioni di voto.

Di conseguenza, la semplice deduzione della omessa verbalizzazione del numero delle schede autenticate e non utilizzate non può giustificare la declaratoria di annullamento e rinnovazione delle operazioni elettorali, allorché (come nella presente fattispecie) non si deduca e si dimostri anche che il dato in questione (e quindi la regolarità delle operazioni di voto) è impossibile che possa essere accertato altrimenti, mediante il riscontro del dato relativo agli elettori iscritti nelle liste elettorali della sezione che non hanno votato.

Nella specie non è stato adeguatamente dimostrato che, per le sezioni in esame, fosse impossibile effettuare detto accertamento e che ricorresse detta ipotesi invalidante, sicché, non essendo stato provato che in base ai verbali era impossibile l’effettuazione della verifica della corrispondenza fra il numero di schede autenticate e la somma delle schede utilizzate e di quelle non utilizzate, deve ritenersi che non potesse dar luogo a nullità delle operazioni elettorali la mera omessa verbalizzazione del numero delle schede non utilizzate (Cons. Stato, sez. V, 13 aprile 1999, n. 421).

Va infatti evidenziato che, al fine di agevolare il lavoro dei presidenti di sezione e degli scrutatori e di garantire per quanto possibile l’uniformità dei comportamenti, i verbali predisposti dal Ministero dell’Interno sono in parte già precompilati, il che vuol dire che, quando i componenti della sezione sottoscrivono senza riserve o annotazioni i vari quadri che compongono il documento, si deve ritenere, salvo prova contraria, che gli adempimenti e le verifiche previsti siano stati effettivamente posti in essere in maniera corretta (la illegittimità delle operazioni compiute dai componenti del seggio o la non veridicità di quanto verbalizzato può, infatti, efficacemente essere eccepita, rispettivamente, o mediante l’iscrizione a verbale di un reclamo o a mezzo di querela di falso).

I.2.4.- Quanto alla irregolarità consistente nella mancata verbalizzazione del numero delle schede autenticate, osserva il Collego che la giurisprudenza formatasi in materia ha ritenuto che da tale vizio non deriva, per le medesime considerazioni in precedenza espresse, alcun pregiudizio di livello garantistico o alcuna compressione della libera espressione del voto e che la irregolarità è irrilevante, non essendo idonea a compromettere l’accertamento della reale volontà del corpo elettorale (Consiglio Stato sez. V, 20 maggio 2008, n. 2390; 13 giugno 2006, n. 3488).

I.2.5.- Quanto alla censura con la quale è stata lamentata l’autenticazione di un numero di schede maggiore di quello degli elettori ammessi al voto, ritiene la Sezione che non costituisce di per sé ragione d’illegittimità delle operazioni elettorali la circostanza, perché la normativa elettorale non vieta che i componenti dell’ufficio elettorale di sezione autentichino anche tutte le schede a disposizione (Cons. Stato, sez. V, 13 aprile 1999, n. 421, cit.).

I.2.6.- Neppure può ritenersi, secondo il Collegio, che la irregolarità delle operazioni di voto possa dedursi con certezza, a causa, oltre che delle mancate verbalizzazioni sopra riportate, del contenuto della nota del 5.8.2009 del Presidente dell’Ufficio Elettorale Centrale indirizzata al Presidente del Tribunale e al Presidente della Corte d’appello di Bari, in cui è evidenziata la gravità del fenomeno della contraddittorietà dei dati forniti dalle sezioni (irregolarità non attestate nel verbale di proclamazione), che secondo l’appellante avrebbe reso completamente incerto il risultato elettorale (sussistendo la possibilità che siano state effettuate sostituzioni, sottrazioni o aggiunte di schede).

Da detta nota si evince infatti solo che con la stessa è stato lamentato che non era stato possibile espletare celermente il controllo finale perché con frequenza i verbali risultavano essere stati compilati in modo approssimativo, atteso che in molti casi i Presidenti di seggio non hanno saputo dirigere con la dovuta competenza e professionalità le operazioni loro demandate "trasmettendo verbali in bianco, o non trasmettendoli affatto o con dati errati".

Il contenuto di detto atto appare quindi inidoneo, facendo riferimento a generiche irregolarità presentate da un non individuato numero di verbali che hanno ostacolato più la celerità che la possibilità di esercitare il controllo finale, a comportare, pure tenendo conto della sussistenza delle irregolarità di verbalizzazione poste in essere nelle sezioni in precedenza citate, violazione della regolarità delle complessive operazioni di voto, non apparendo incidere in maniera determinante sulla sincera e libera espressione dello stesso, considerato che col il motivo in esame è solo prospettata e non dimostrata la possibilità che siano state effettuate sostituzioni, sottrazioni o aggiunte di schede.

I.2.7.- L’irrilevanza degli errori rappresentati, per altro, va evidenziata, a parere del Collegio, anche sotto il profilo della loro incidenza sul complessivo risultato delle elezioni, secondo il principio della prova di resistenza, ai sensi del quale una giusta composizione tra l’esigenza di reintegrare la legittimità violata nel corso delle operazioni elettorali e quella di salvaguardare la volontà espressa dal corpo elettorale non consente di pronunciare l’annullamento degli atti impugnati e dei voti così espressi, se la loro illegittimità non influisca in concreto sui risultati elettorali (Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2000 n. 3922).

Manca, invero, nel caso in esame, la piena e convincente dimostrazione da parte del ricorrente che sul risultato complessivo delle operazioni di voto, contro il quale si appunta la domanda di annullamento, le irregolarità che assume si fossero verificate, di cui ai punti A), B) ed E) del ricorso, abbiano inciso in modo talmente pervasivo che esso debba ritenersi non corrispondente alla reale volontà del corpo elettorale e che a causa di dette irregolarità sarebbe stato tanto diverso da sovvertire il consistente divario di voti esistente fra le due coalizioni in competizione.

I.3.- La infondatezza del gravame comporta la inutilità della disamina della eccezione di inammissibilità dell’appello, formulata dalla difesa del dott. M. E., per incongruenza tra censure proposte e domande (essendo state proposte censure per la prima volta in appello, essendo stati mossi rilievi attinenti a sezioni non coinvolte nel giudizio di primo grado e non essendo stata contestata con querela di falso la veridicità dei verbali oggetti dei rilievi), per omessa notifica a controinteressati necessari intimati in primo grado e per mancato superamento della prova di resistenza.

Stessa sorte deve seguire la eccezione di inammissibilità dell’appello formulata dalla difesa del Comune di Bari (per essere state reiterate deduzioni per le quali pende ancora il giudizio di primo grado, essendo in corso al riguardo la disposta verificazione e per essere state riproposte in appello le censure già articolate in prime cure senza deduzione di specifici vizi con riguardo alla sentenza impugnata).

Quanto alla eccezione di inammissibilità formulata da detto Comune per essere stati impugnati con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado esclusivamente i risultati relativi al primo turno elettorale, senza contestazione della validità delle operazioni elettorali del secondo turno di ballottaggio, essa è da ritenere, oltre che irrilevante per quanto in precedenza dedotto, comunque infondata, essendo sufficiente, ai fini della ammissibilità del ricorso in esame la impugnazione del verbale di proclamazione degli eletti.

Invero il procedimento elettorale, ancorché diviso in due turni, è unico, ed oggetto del ricorso elettorale, in base all’art. 83/11 del d.P.R. n. 570 del 1960, è la proclamazione degli eletti: pertanto, la partecipazione al primo turno e l’impugnazione delle relative operazioni elettorali da parte del candidato alla carica di sindaco legittima lo stesso anche all’impugnazione dell’atto conclusivo (rappresentato dal verbale dell’ufficio elettorale centrale, redatto a seguito delle operazioni del secondo turno, contenente la proclamazione degli eletti alla carica di sindaco e di consigliere comunale), senza necessità di previa impugnazione dei risultati del primo turno, l’ammissione al quale non è qualificabile come proclamazione dell’eletto in quanto la stessa si qualifica come atto intermedio del relativo procedimento di elezioni e, pertanto, non è autonomamente impugnabile (Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 6 maggio 1994, n. 123).

I.4.- Il Comune di Bari ha anche proposto appello incidentale, sia per non essere indicata nel dispositivo della sentenza impugnata la reiezione della censura sub E), sia per essere state implicitamente disattese dal T.A.R. le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate in primo grado. Esse sono state riproposte deducendo che non è stata effettuata la prova di resistenza, in quanto non è stato dimostrato che l’appellante avrebbe ottenuto il conseguimento della maggioranza assoluta dei voti validi al primo turno (essendo impossibile superare il citato divario di 8162 voti, tenuto conto che le pretese irregolarità oggetto della decisione gravata non riguardano contestualmente tutte le sezioni contestate sub A), B) ed E) in primo grado); inoltre che è stata chiesta genericamente la rinnovazione ed il riesame generalizzato delle operazioni elettorali senza adeguati principi di prova. Comunque è stato chiesto che le eventuali irregolarità riscontrate comportino esclusivamente la ripetizione di quelle specifiche operazioni e non l’invalidazione in toto delle votazioni.

La parte appellante ha al riguardo sostenuto che l’appello incidentale sarebbe infondato, sia per essere state provate le illegittimità denunziate dalla lettura dei verbali e sia per essere stato l’appello ritualmente notificato a tutti i controinteressati intimati in primo grado.

I.4.1.- La Sezione, quanto alla censura relativa alla mancata indicazione nel dispositivo della sentenza impugnata della reiezione della censura sub E), premette che, in pendenza del termine per l’impugnativa, l’errore materiale in cui si assume essere incorso il Giudice di primo grado deve essere denunciato come motivo di appello, atteso che il riesame effettuato in quest’ultima sede assorbe anche quello volto alla correzione (Cons. Stato, IV, 14 giugno 2001, n. 3134); quindi, l’errore materiale emendabile con la procedura di correzione di cui agli articoli 287288 c.p.c. e, prima, all’art. 93 del r.d. n. 642/1907 e ora all’art. 86 del c.p.a., può essere denunciato nel giudizio di appello e la correzione rientra tra i compiti di revisione conferiti al Giudice del gravame.

La mera svista del giudice non determina infatti la nullità della sentenza, ma un errore materiale che, investendo non la essenza dell’atto giurisdizionale, ma solo il documento (non il giudizio quindi, ma la formula), è emendabile in sede di ricorso in appello, che assorbe sia il merito sia l’eventuale correzione (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 27 ottobre 2006, n. 668).

Nel caso che occupa, pur essendo chiaramente espresso nella parte motiva della sentenza che il motivo di censura sub lettera E) dell’atto introduttivo non costituiva di per sé ragione di illegittimità delle operazioni elettorali, lo stesso non è stato indicato nel dispositivo tra quelli respinti.

Sul punto l’appello incidentale, per le motivazioni in precedenza espresse, instando sostanzialmente per la correzione dell’errore materiale sopra indicato, è fondato e deve essere integrato il dispositivo della sentenza impugnata nel senso che è respinto pure il motivo di censura rubricato sub E) dell’atto introduttivo del giudizio.

La correzione avverrà a cura della Segreteria della Sezione, con annotazione sulla sentenza originale ed indicazione degli estremi della presente sentenza, ai sensi dell’art. 86 del c.p.a..

I.4.2.- Per il resto l’appello incidentale condizionato deve essere valutato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse a seguito della reiezione dell’appello principale (Consiglio Stato, sez. V, 10 novembre 2010, n. 8006).

I.5.- L’appello principale deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione nei sensi e nei termini di cui in motivazione. L’appello incidentale va in parte accolto, con riferimento alla sostanziale istanza di correzione di errore materiale, e, nella restante parte, va dichiarato improcedibile.

II.- Quanto al ricorso in appello n. 10346 del 2010, con il quale è stata impugnata la sentenza del T.A.R. Puglia – Bari, Sezione III, n. 03894/2010 con la quale, definitivamente pronunciando dopo ed in base alle risultanze della disposta verificazione, il ricorso elettorale è stato dichiarato inammissibile, la Sezione osserva preliminarmente che deve essere valutata incondivisibile la riproposta eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa impugnazione dei risultati del secondo turno elettorale, per quanto già in precedenza affermato circa la sufficienza della impugnazione del verbale di proclamazione degli eletti nel procedimento elettorale, anche se diviso in due turni.

II.1.- Con il primo motivo posto a base del gravame è stato dedotto che la statuizione del Giudice di primo grado sarebbe immotivata ed erronea nella parte in cui afferma che dai risultati della verificazione eseguita non sono emersi vizi sostanziali tali da inficiare le operazioni ed i risultati elettorali, nell’assunto che le lievi difformità accertate integrano al più mere irregolarità di carattere formale per lo più dovute ad errori di calcolo.

Le norme in materia stabiliscono infatti che nella compilazione dei verbali le cifre necessarie vanno precisamente indicate e della loro corrispondenza va dato atto dal Presidente di seggio, ex art. 68 del d. P.R. n. 570/1960.

Comunque il primo Giudice non avrebbe ben verificato quanto compiutamente accertato dall’organo istruttorio da esso nominato.

Non sarebbe corrispondente a realtà quanto asserito in sentenza, con riguardo alla doglianza di cui al punto C) del ricorso introduttivo circa la corrispondenza tra il numero delle schede autenticate e la somma di quelle utilizzate dai votanti e di quelle autenticate ma non utilizzate, che sarebbe stata esatta in venti sezioni su cinquantatre, sostanziale in quindici sezioni e pure sostanziale (considerate le schede firmate e non bollate) nelle sezioni nn. 24 e 25.

Neppure sarebbe realistico quanto asserito in sentenza, con riguardo alla doglianza sub D) del ricorso introduttivo, circa l’avvenuto accertamento della piena corrispondenza delle schede nei termini indicati con riferimento a quattordici sezioni su diciannove sul piano formale e sostanziale e circa la corrispondenza sostanziale con riferimento alle sezioni nn. 189, 311 e 162, essendo stata riscontrata la difformità di un solo voto in ciascuna delle sezioni nn. 293, 294 e 216.

La sentenza non avrebbe adeguatamente motivato circa il ritrovamento ed il non ritrovamento nell’urna di schede votate, circostanze che non costituirebbero mere irregolarità formali ma denoterebbero l’evidente tradimento della volontà popolare e l’assenza della garanzia della genuinità del voto.

II.1.1.- Osserva, in particolare (con riferimento alle singole censure contenute nel motivo di appello in esame), il Collegio che il T.A.R. ha affermato che dalla verificazione eseguita, con riferimento al punto sub C) del ricorso di primo grado (con il quale era stata lamentata la non corrispondenza in cinquantatre sezioni del totale delle schede autenticate con la sommatoria delle schede utilizzate dai votanti e delle schede autenticate non utilizzate), era emerso che in venti sezioni su cinquantatre il numero delle schede autenticate corrispondeva esattamente alla somma di quelle utilizzate dai votanti e delle schede autenticate non utilizzate (sezioni nn. 12, 13, 17, 27, 28, 35, 38, 44, 70, 80, 106, 140, 162, 171, 250, 301, 311, 322, 343 e 345).

Al riguardo l’appellante afferma che sarebbe errata detta affermazione in quanto in esse sezioni il numero delle schede autenticate non corrispondeva alla somma delle schede utilizzate dai votanti e di quelle autenticate e non utilizzate indicato nei verbali e rinvenute dalla Prefettura nel corso della verifica.

La Sezione, premesso che le mancate corrispondenze cui si riferisce l’appellante sono nella maggior parte di entità variabile tra il numero di una e tre schede (solo nelle sezioni nn. 17, 38, 250, 311, 322 e 343 esse superano la decina), per complessive n. 217 schede, è dell’avviso che il primo Giudice abbia in realtà voluto intendere che in esse sezioni era stata accertata la esatta corrispondenza tra il numero delle schede autenticate e non utilizzate indicate a verbale dal Presidente e quelle rinvenute nel corso della verificazione.

Il che, poiché le discrasie evidenziate dall’appellante potrebbero essere state causate da errata verbalizzazione del numero delle schede autenticate (riguardo alla quale la condivisa giurisprudenza in materia ritiene che da tale vizio non deriva alcun pregiudizio di livello garantistico o alcuna compressione della libera espressione del voto e che la irregolarità è irrilevante), comportava la irrilevanza delle circostanze evidenziate nell’atto di appello.

Comunque la entità del fenomeno non è, secondo il Collegio, idonea a comprovare la esistenza di vizi sostanziali tali da inficiare le operazioni e i risultati elettorali, perché le lievi difformità accertate integravano al più mere irregolarità di carattere formale irrilevanti rispetto al numero totale di votanti ed allo scarto di preferenze verificatosi tra i due contendenti alla nomina a Sindaco di Bari.

II.1.2.- Ha ancora affermato il T.A.R. che dalla verificazione era emerso che in ben ulteriori numero quindici sezioni (nn. 1, 71, 86, 103 e 337, nonché 29, 31, 43, 68, 109, 151, 152, 157, 290 e 325), è stata accertata la sostanziale corrispondenza del numero delle schede autenticate rispetto alla somma di quelle utilizzate e quelle non utilizzate, risultando al più meri errori materiali (così come nella sezione n. 151) o errori meramente formali (sezioni n. 290 e n. 325).

La Sezione ritiene in parte non condivisibili ed in parte di poco rilievo, ai fini che interessano, le censure al riguardo mosse dall’appellante circa la non veridicità di quanto sopra affermato con riferimento a dette quindici sezioni (per assoluta non corrispondenza nelle sezioni nn. 103, 151, 290 e 325, tra il numero delle schede autenticate e la somma di quelle utilizzate e non utilizzate, non essendo valide le argomentazioni al riguardo effettuate in sentenza, in particolare per le sezioni n. 290 e n. 325).

Nella sezione n. 103, infatti, risulta dalle conclusioni della Prefettura che detta corrispondenza sussiste, nella sezione n. 151 non è dimostrato nell’atto di appello che non si fosse verificato un mero errore materiale (come sostenuto in sentenza) e nelle sezioni n. 290 e n. 325, anche ad aderire alla tesi dell’appellante sussisterebbe, rispettivamente, lo scarto appena di una scheda e di sei schede.

II.1.3.- Il T.A.R., con riferimento alle restanti diciotto sezioni, ha accertato per due sezioni (n. 24 e n. 25) la sostanziale corrispondenza tra il numero delle schede autenticate e la somma di quelle utilizzate e non utilizzate, considerate le schede firmate e non bollate; per sette sezioni la non corrispondenza in più o in meno per una sola scheda, una non corrispondenza appena significativa in sette sezioni e invece rilevante nelle sezioni n. 54 e n. 66.

La Sezione ritiene di non condividere innanzi tutto le censure formulate in ricorso riguardo alle risultanze della verificazione nelle sezioni n. 24 e n. 25, consistenti nel rilievo che erroneamente sarebbero state considerate tra le schede autenticate quelle firmate e non bollate, perché l’art. 47 del d.P.R. n. 570/1960stabilisce che entrambe dette condizioni devono sussistere per considerare le schede validamente autenticate (al fine di evitare scambi tra sezioni, atteso che sul bollo è impresso un numero identificativo).

La circostanza che sussiste perfetta corrispondenza tra le schede autenticate non utilizzate per la votazione e quelle rinvenute, comprendendo anche, nella sezione n. 24 quindici e nella sezione n. 24 una, schede firmate e non bollate, può infatti ritenersi validamente asserita in sentenza, atteso che la apposizione del bollo e della firma dello scrutatore per l’autenticazione delle schede, richiesta dall’art. 47 della l. n. 570/1960, è sicuramente necessaria ai fini della verifica della validità del voto espresso, ma perde rilievo quando la mancanza di uno dei due requisiti è relativo a schede non utilizzate, essendo la circostanza ininfluente sulla volontà del corpo elettorale.

Aggiungasi che lo scambio di schede tra sezioni paventato nell’atto di appello sarebbe comunque reso improbabile ed estremamente difficoltoso a causa della possibilità di risalire attraverso la firma allo scrutatore che la ha apposta e quindi alla sezione alla quale la scheda è stata assegnata.

II.1.4.- Conclusivamente – relativamente al punto sub C) del ricorso – il totale delle schede autenticate non corrispondenti alla somma di quelle utilizzate dai votanti e di quelle autenticate e non utilizzate risulta di entità, se pur poco superiore a quello indicato in sentenza, inidonea ad evidenziare la sussistenza di vizi tali da inficiare le operazioni e i risultati elettorali che interessano, atteso che le difformità accertate, lievi e di numero esiguo rispetto al numero di votanti, integravano irregolarità di carattere formale, per lo più dovute a sviste o errori di calcolo, inidonee ad incidere sulla volontà del corpo elettorale, anche perché non espressamente sanzionate di nullità dalla legge.

II.1.5.- Con riguardo alla doglianza sub D) del ricorso introduttivo il motivo di appello deduce che non sarebbe realistico quanto asserito in sentenza, circa l’avvenuto accertamento della piena corrispondenza delle schede nei termini indicati con riferimento a quattordici sezioni su diciannove sul piano formale e sostanziale, circa la corrispondenza sostanziale con riferimento a tre sezioni e circa la difformità di un solo voto in altre tre sezioni.

La sentenza non avrebbe adeguatamente motivato circa il ritrovamento ed il non ritrovamento nell’urna di schede votate, circostanze che non costituiscono mere irregolarità formali ma denoterebbero l’evidente tradimento della volontà popolare e l’assenza della garanzia della genuinità del voto.

II.1.6.- Ha asserito il T.A.R., con riferimento alla doglianza sub lett. D) del ricorso (che il numero dei votanti non corrisponderebbe al numero delle schede estratte dall’urna in diciannove sezioni), che è stata accertata la piena corrispondenza delle schede nei termini indicati con riferimento a quattordici sezioni su diciannove (sezioni nn. 35, 104, 133, 140, 151, 170, 243, 276, 281, 290, 291, 293, 294, 218) sia sul piano formale che sul piano sostanziale, nonché una corrispondenza sostanziale con riferimento a ulteriori tre sezioni (quali la n. 189 dove la non corrispondenza era dovuta all’errore del seggio, che ha indicato come numero dei votanti il numero degli elettori iscritti, la n. 311, in cui la non corrispondenza era stata causata da errore materiale nella compilazione del verbale e la n. 162, nella quale la differenza di un voto era stata causata dall’errore del seggio che non aveva riportato la correzione relativa ai voti validi espressi per l’elezione del Sindaco nel prospetto di riepilogo finale.

Sarebbe stata accertata invece una difformità nelle sezioni n. 293 (un voto), n. 294 (un voto) e n. 216 (un voto), per un totale di tre voti non corrispondenti.

Ciò, secondo il primo Giudice, dimostrerebbe che, anche in questo caso, non sono emersi dalla verificazione vizi sostanziali tali da inficiare le operazioni ed i risultati elettorali, ma solo lievi irregolarità formali, per lo più dovute ad errori di calcolo, inidonee ad incidere sulla volontà del corpo elettorale.

II.1.7.- Considera al riguardo la Sezione che afferma in particolare l’appellante che in due (nn. 140 e 290) delle 14 sezioni per le quali il T.A.R. ha affermato che era stata accertata la piena corrispondenza del numero dei votanti al numero delle schede estratte dall’urna in realtà sarebbe stato accertato che le schede rinvenute sarebbero state, rispettivamente, quattro in meno e una in più rispetto a quelle scrutinate.

Ma dall’esame del verbale n. 10 della verificazione risulta che nella sezione n. 140 la discrasia evidenziata dall’appellante è dovuta alla circostanza che a pag. 31 del verbale delle operazioni di sezione il presidente aveva indicato che avevano votato 250 elettori, mentre lo stesso Presidente, a compimento delle operazioni di scrutinio, aveva attestato che i votanti erano 246, pari al numero delle schede scrutinate rinvenute. In assenza di dimostrazione che non fosse errato il numero dei votanti indicato in un primo tempo dal Presidente suddetto, la censura non può essere condivisa.

Quanto alla sezione n. 290 la circostanza che risultava votata una scheda in più rispetto al numero dei votanti era giustificata dal Presidente nel verbale delle operazioni di sezione a pag. 49, paragrafo 34, con la motivazione che "una scheda è stata trovata a terra nella cabina ed inserita nell’urna da 1 scrutatore".

Nell’atto di appello non è contestato che tanto costituisse valida giustificazione dell’accaduto e quindi la censura non può essere apprezzata in senso positivo.

Per le Sezioni n. 162, n. 189 e n. 311 l’appellante evidenzia le discrasie rilevate in sede di verificazione tra numero delle schede scrutinate e quelle rinvenute, senza tuttavia contestare le giustificazioni che al riguardo sono contenute in sentenza, mentre per le sezioni 293 e 294 evidenzia le stesse discrasie rilevate in sentenza.

Tanto dimostra, secondo il Collego, l’inadeguatezza anche delle censure in esame a dimostrare la non genuinità del voto.

II.1.8.- Conclusivamente – relativamente al punto sub D) del ricorso – le discrasie tra il numero dei votanti e il numero delle schede estratte dall’urna risulta di entità tale, come condivisibilmente affermato in sentenza, da non dimostrare la sussistenza di vizi tali da inficiare le operazioni e i risultati elettorali, atteso che le difformità accertate, lievi e di numero esiguo rispetto al numero di votanti, integravano effettivamente, anche in questo caso, irregolarità per lo più di carattere formale, nella maggior parte dei casi dovute a sviste, inidonee ad incidere sulla volontà del corpo elettorale, non essendo neppure espressamente sanzionate di nullità dalla legge.

II.1.9.- Le considerazioni in precedenza espresse rendono inutile la valutazione della eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa proposizione della querela di falso in relazione alle contestazioni relative a quanto emerso dai verbali delle operazioni elettorali, formulata dal resistente dott. M. E. con il suo controricorso.

II.2.- Con il secondo motivo di appello è stato dedotto che la sentenza è erronea per violazione dell’art. 48 della Costituzione nella parte in cui assume che quelle riscontrate sarebbero irregolarità formali inidonee ad incidere sulla volontà del corpo elettorale e che nel caso di specie troverebbe applicazione il principio della strumentalità delle forme. Le illegittimità accertate dalla Prefettura nel corso della verificazione riguarderebbero aspetti generali dello svolgimento delle operazioni elettorali finalizzate a dare garanzia di trasparenza e di genuinità del voto, garanzia non rispettata in un tale numero di sezioni da incidere sulle intere operazioni elettorali. Se fosse condivisibile quanto asserito dal Giudice di primo grado sarebbero inutili le disposizioni in epigrafe indicate, delle quali sarebbe stata disposta una inammissibile abrogazione giurisprudenziale; la mancata o errata compilazione dei verbali determina la nullità delle operazioni di voto.

In conclusione le illegittimità di cui ai punti sub C) e D) del ricorso introduttivo avrebbero riguardato cinquantadue sezioni su settantadue oggetto di verificazione e dimostrerebbero la complessiva inattendibilità del risultato elettorale.

II.2.1.- Le censure in esame non possono essere oggetto di favorevole considerazione per le ragioni in precedenza evidenziate circa la inidoneità delle difformità accertate (di esigua entità rispetto al numero complessivo dei votanti, di carattere prevalentemente formale, non riguardanti aspetti generali delle operazioni elettorali e non espressamente sanzionate di nullità dalla legge) ad incidere sulla effettiva volontà del corpo elettorale, anche perché, considerato che le stesse è stato accertato che hanno riguardato un numero di sezioni nettamente inferiore a quello indicato dall’appellante e per discrasie il più delle volte corrispondenti ad una o due sole schede, tanto che il numero dei votanti complessivamente interessato dalle irregolarità in questione è estremamente esiguo rispetto al numero complessivo di essi.

E’ infatti applicabile al procedimento elettorale il principio di strumentalità delle forme, che assegna preminente rilievo all’interesse alla stabilità del risultato finale, sicché non ogni irregolarità commessa D. lo svolgimento delle operazioni elettorali ne produce la nullità.

Il risultato elettorale non può quindi essere ribaltato se non si deducono specifiche violazioni potenzialmente idonee a sovvertire la proclamazione degli eletti, cioè anormalità procedimentali che impediscano l’accertamento della regolarità delle operazioni elettorali con diminuzione delle garanzie di legge e compromettano l’accertamento della reale volontà del corpo elettorale. Diverse anormalità costituiscono invece delle mere irregolarità tutte le volte in cui esse, come nel caso che occupa, non incidano negativamente sulla finalità che il procedimento persegue, cioè l’autenticità, la genuinità e la correttezza degli adempimenti elettorali effettuati al fine di tutelare la sincerità e la libertà di voto.

II. 3.- Con il terzo motivo di gravame è stato affermato che erroneamente il Giudice di primo grado ha asserito che il ricorso proposto dal candidato non eletto non può sottrarsi alla verifica della prova di resistenza in quanto, non avendo prodotto in giudizio il certificato elettorale, non poteva che agire nella sua qualità di candidato non eletto (che non sarebbe sovrapponibile alla qualità di cittadino elettore, attesa la piena autonomia delle stesse e la diversità dei presupposti formali e sostanziali).

Non sarebbe stato infatti considerato che gode dell’elettorato passivo solo chi gode dell’elettorato attivo e che il diritto di elettorato passivo si acquista con l’iscrizione nelle liste elettorali di un Comune, nonché che è candidabile solo chi ha diritto di voto, sicché il candidato riveste anche la qualità di elettore.

Solo nell’ipotesi che il ricorso elettorale sia stato proposto dal cittadino elettore è richiesto il deposito del certificato elettorale (per provare il godimento dell’elettorato attivo e che non è incorso in una causa di esclusione), mentre la domanda di annullamento delle operazioni elettorali può essere fondata anche sulla sola posizione legittimante di candidato non eletto, in quanto il vantaggio perseguito dal ricorrente può consistere solo in quello strumentale all’annullamento delle operazioni elettorali, in vista della loro rinnovazione.

Nel caso di specie l’appellante non aveva chiesto la correzione del risultato elettorale contestando l’attribuzione di voti di preferenza, ma aveva chiesto l’annullamento delle operazioni elettorali.

II.3.1.- Va osservato che il T.A.R. ha in proposito affermato che, non avendo il ricorrente prodotto in giudizio il certificato elettorale, non poteva che agire nella sua qualità di candidato non eletto, essendo quindi inammissibile qualsiasi altra pretesa di natura strumentale.

Il ricorso è stato quindi ritenuto ammissibile nel "petitum" e nella "causa petendi" solo con riferimento alla pretesa della tutela in via diretta della posizione di candidato non eletto e conseguentemente è stato ritenuto che il giudizio di ammissibilità dell’azione proposta non poteva sottrarsi alla verifica della prova di resistenza, che costituisce in tal caso espressione dell’esigenza di un equo e ragionevole contemperamento tra il principio del ripristino della legittimità asseritamente vulnerata e il principio della conservazione della volontà dell’elettorato.

Posto che necessario presupposto dell’annullamento è la circostanza che l’illegittimità accertata non risulti meramente formale ma che abbia inciso sulla volontà dell’elettorato e sulla libertà di voto, è stato ritenuto che le violazioni o irregolarità di natura meramente formale accertate (sia sul piano quantitativo che sul piano qualitativo, unitamente al rilevantissimo divario nel numero di voti di preferenza rispetto al controinteressato) evidenziavano l’inammissibilità del ricorso in esame per difetto di interesse, attesa la posizione fatta valere dal ricorrente, ed erano comunque inidonee a conseguire riflessi sostanziali e ricadute significative sulla manifestazione di volontà espressa dal corpo elettorale.

Né può in contrario ritenersi, secondo il T.A.R., ai fini di un recupero della ammissibilità del ricorso con riferimento ad una posizione di interesse strumentale, una sovrapponibilità o assorbenza della qualità di candidato non eletto rispetto a quella di cittadino elettore, attesa la piena autonomia delle stesse e la diversità dei relativi presupposti sia formali che sostanziali.

II.3.2.- Considera al riguardo il Collegio che in via generale il cittadino elettore può proporre qualsiasi censura, tutelando un interesse generale, mentre il candidato non eletto può proporre solo i motivi che, se accolti, gli consentano l’elezione o gli diano la possibilità di essere eletto in una futura consultazione.

Se è vero che nel giudizio elettorale l’azione popolare del cittadino elettore, prevista a tutela dell’interesse pubblico generale al corretto svolgimento delle operazioni elettorali, non può essere confusa con quella del candidato non eletto, che fa valere il proprio interesse ad ottenere la preposizione all’ufficio elettivo attraverso un regolare procedimento (Consiglio Stato, sez. V, 17 luglio 2000, n. 3921), tuttavia, in sede elettorale, il candidato non eletto è legittimato a fare valere in giudizio non solo l’interesse finale alla correzione in suo favore del risultato elettorale, ma anche quello strumentale all’annullamento delle operazioni elettorali, in vista della loro rinnovazione (Consiglio Stato, sez. V, 15 giugno 2000, n. 3337; 1 giugno 1992, n. 499).

Nel quadro di una giusta composizione tra l’esigenza di reintegrare la legittimità violata nel corso delle operazioni elettorali e quella di salvaguardare la volontà espressa dal corpo elettorale, il principio della prova di resistenza non consente di pronunciare l’annullamento dei voti in contestazione se l’illegittimità denunciata al riguardo non abbia influito in concreto sui risultati elettorali, perché l’eliminazione di tale illegittimità non determinerebbe alcuna modifica dei risultati medesimi. Tuttavia, tale regola non è utilizzabile quando le contestazioni riguardino gli aspetti generali delle operazioni elettorali quali, ad esempio, l’omessa sottoscrizione dei verbali di sezione, l’arbitraria chiusura della sezione elettorale, l’irregolarità della scheda, ecc. (Consiglio Stato, sez. V, 05 maggio 2008, n. 1977).

Poiché in materia di operazioni elettorali devono considerarsi rilevanti, tra tutte le possibili irregolarità, solo quelle sostanziali, tali cioè da influire sulla sincerità e sulla libertà di voto, ritiene la Sezione che non possono comportare l’annullamento delle operazioni stesse i vizi dai quali non deriva alcun pregiudizio di livello garantistico o alcuna compressione della libera espressione di voto, con la conseguenza che sono irrilevanti le irregolarità che non abbiano compromesso l’accertamento della reale volontà del corpo elettorale.

In materia elettorale il principio di strumentalità delle forme richiede, infatti, che il pericolo di alterazione del risultato della volontà popolare abbia carattere di concretezza; diversamente opinando, qualsiasi inosservanza di disposizioni del procedimento elettorale implicherebbe automaticamente la nullità delle operazioni elettorali.

Nel caso che occupa, anche se non può condividersi, per le considerazioni in precedenza espresse, quanto asserito nella impugnata sentenza circa la ammissibilità del ricorso nel "petitum e nella "causa petendi" solo con riferimento alla pretesa della tutela in via diretta della posizione di candidato non eletto (con conseguente inammissibilità dello stesso a seguito di verifica della prova di resistenza), deve comunque ritenersi che il ricorso stesso fosse infondato, non essendo emerse, come in precedenza evidenziato, dalla eseguita verificazione che difformità di esigua entità rispetto al numero complessivo dei votanti e di carattere prevalentemente formale non riguardanti aspetti generali delle operazioni elettorali, inidonee quindi ad incidere sulla effettiva volontà del corpo elettorale, anche perché non espressamente sanzionate di nullità dalla legge.

II. 4.- Con il quarto motivo di appello è stato dedotto che erroneamente la sentenza impugnata, premesso che la questione della ammissibilità del gravame non poteva ritenersi definita con la sentenza n. 2889/2009 per priorità logica della verificazione, è stata sostenuta la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse in quanto le violazioni accertate evidenzierebbero una differenza di schede minima rispetto alla differenza di voti di preferenza che sussiste con il controinteressato.

Non è stato infatti considerato che la sentenza n. 2889/2009 aveva ritenuto di disporre la verificazione (che non ha priorità logica rispetto alla questione di ammissibilità) proprio perché aveva ritenuto ammissibile il ricorso (con formazione di giudicato interno), che le censure di cui al ricorso introduttivo erano rivolte sin dall’inizio all’annullamento delle intere operazioni elettorali e che con la disposta verificazione non è stato chiesto di verificare la differenza schede in favore dell’appellante, con contraddittorietà rispetto alla precedente sentenza.

II.4.1.- Va osservato in proposito che le considerazioni in precedenza svolte circa la rilevata infondatezza del ricorso, con esclusione della sua inammissibilità per carenza di interesse, rende inutile la verifica della fondatezza della censura in esame.

II.5.- Con il quinto motivo di gravame è stato affermato che illogicamente la gravata sentenza ha disposto la condanna del ricorrente alle spese della verificazione, pur avendo asserito che essa non avrebbe dovuto essere disposta perché il ricorrente, in quanto candidato non eletto, poteva avere solo tutela diretta alla correzione delle operazioni elettorali e non al ripristino della legalità violata; inoltre la condanna sarebbe ingiusta perché quanto lamentato in primo grado ed accertato dall’organo verificatore è addebitabile unicamente al comportamento dei componenti dei seggi elettorali.

Sono stati inoltre riproposti i motivi di censura sollevati con il ricorso di primo grado.

II.5.1.- La Sezione ritiene in proposito che, stante la circostanza che in effetti alcune delle prospettate irregolarità sono state riscontrate a seguito della disposta attività di verificazione, anche se di entità tale da non comportare il sovvertimento del risultato elettorale, sia equo ripartire tra la parte ricorrente ed il controinteressato le spese relative a detta attività, liquidate in Euro 5.000,00 (cinquemila/00).

II.5.2.- Quanto alla riproposizione dei motivi di primo grado la Sezione valuta la stessa inammissibile, perché essa è consentita quando alcuni dei motivi di primo grado siano stati dichiarati assorbiti, mentre nel caso che occupa essi sono stati oggetto di valutazione e complessivo non favorevole apprezzamento.

Non può infatti ammettersi nell’atto di appello la mera riproposizione dei motivi di primo grado ove compiutamente disattesi dal T.A.R. (Consiglio Stato, sez. IV, 09 ottobre 2010, n. 7384).

II.6.- Per le considerazioni che precedono, in parziale riforma della sentenza impugnata il ricorso di primo grado deve essere respinto.

III.- La complessità delle questioni trattate con i giudizi riuniti in esame, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, previa riunione degli appelli n. 600/2010 e n. 10346/2010 in esame, quanto al primo, respinge l’appello principale e conferma la prima decisione, inoltre accoglie in parte l’appello incidentale e in parte lo dichiara improcedibile, come da motivazione; quanto al secondo, in parziale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso introduttivo del giudizio.

Pone a carico del ricorrente e del controinteressato costituito il pagamento in favore della Prefettura di Bari, delle spese della verificazione, liquidate in complessivi Euro 5.000,00 (cinquemila/00), con ripartizione interna in parti uguali.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:

Calogero Piscitello, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

F. Caringella, Consigliere

A. Amicuzzi, Consigliere, Estensore

N. Gaviano, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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