T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 27-06-2011, n. 384 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con ricorso proposto a norma dell’art. 114 cod. proc. amm. notificato in data 13 aprile 2011 e depositato in data 20 aprile 2011 è stata chiesta l’ottemperanza del Decreto n. 146/2009 emesso ai sensi della legge n. 24 marzo 2001, n.89 (c.d. "Legge Pinto"), passato in giudicato, con il quale la Corte d’appello di Potenza ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della signora Z.L. al pagamento della somma di Euro 1.000,00 oltre interessi dalla data della domanda e spese di giudizio, a titolo di equa riparazione per la durata irragionevole di un giudizio penale svolto davanti al Tribunale di Potenza.

2.- Il Ministero della Giustizia ed il Ministero dell’economia e delle finanze, si sono costituiti in giudizio.

3.- Alla camera di consiglio del giorno 22 giugno 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

4.- In via preliminare va dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’economia e delle finanze, in quanto non costituente parte del giudizio instaurato presso la Corte d’Appello di Potenza né destinatario degli effetti del decreto di cui si chiede l’esecuzione nel presente giudizio.

Ne consegue che l’unico soggetto legittimato passivamente nel presente giudizio è l’intimato Ministero della Giustizia, parte del giudizio instaurato presso la Corte d’Appello e destinatario degli effetti del decreto di condanna 146/2009 emesso ai sensi della legge n. 24 marzo 2001, n.89 (c.d. "Legge Pinto") e passato in giudicato.

5.- Nondimeno il ricorso in ottemperanza proposto nei confronti del Ministero della Giustizia va dichiarato inammissibile.

6.- L’art. 14 d.l. n. 669/1996, come convertito in l. n. 30/1997, nella formulazione risultante dalle modificazioni ed integrazioni derivanti dagli artt. 147 l. n. 388/2000 e 44 d.l. n. 269/2003 come convertito in l. n. 326/2003, il quale – con previsione avallata dalla Corte Costituzionale dapprima con sentenza 23 aprile 1998, n. 142 e poi con ordinanza n. 463 del 30 dicembre 1998- dispone: "Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto".

Secondo l’ orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto, al quale questo Tribunale intende aderire, il termine dilatorio di giorni 120 prescritto dall’art. 14, d.l. 31 dicembre 1996 n. 669, è applicabile anche nei giudizi di ottemperanza innanzi al giudice amministrativo (v. C.d.S., Sez. IV, 12 maggio 2008, n. 2158), in quanto integra una condizione dell’azione esecutiva intentata nei confronti della pubblica amministrazione, il cui difetto è rilevabile anche d’ufficio (T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 12 gennaio 2009, n. 23; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 24 gennaio 2008, n. 531).

Né, d’altra parte, coma già osservato dalla giurisprudenza amministrativa (v. T.a.r. Campania, sez. IV, 26 aprile 2011, n. 2288) la norma di cui al cit. art. 14 risulta incompatibile con la previsione di cui all’art. 115, comma 3°, c.p.a., il quale prevede che "ai fini del giudizio di ottemperanza di cui al presente Titolo non è necessaria l’apposizione della formula esecutiva", né risulta inconciliabile con l’art. 114 c.p.a., secondo il quale "il giudizio di ottemperanza può essere proposto anche senza previa diffida", trattandosi di previsioni processuali di carattere generale, che, in virtù del criterio di risoluzione delle antinomie "lex posterior generalis non derogat priori speciali" non determinano una abrogazione della specifica statuizione di cui all’art. 14, comma 1°, cit., che è norma speciale di contabilità pubblica, riguardante l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro.

Ritiene il Collegio che una diversa interpretazione tesa a sostenere che nel giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo non trovi applicazione l’art. 14 cit. non sia percorribile, sia perché si tratta di una norma di contabilità tesa a contemperare le esigenze del privato con l’interesse ad una ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche, che contribuisce a realizzare il principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. (Corte cost. sent. n. 142 del 1998 cit. e ordinanza n. n. 463 del 30 dicembre 1998) sia perché si determinerebbe un’irragionevole ed evidente disparità di trattamento tra soggetti titolari della medesima situazione sostanziale (diritto al pagamento di somme di danaro nei confronti della P.A.), in relazione ai due rimedi in questione (ottemperanza ed esecuzione forzata) aventi la stessa funzione ed esperibili alternativamente tra di loro (cfr, ex multis, C.d.S., Sez. IV, 21 febbraio 2011, n. 1084).

Orbene, nella fattispecie, poiché la parte ricorrente non dimostra di aver provveduto ad effettuare la notifica del decreto munito di formula esecutiva all’amministrazione debitrice e di aver osservato il termine dilatorio di 120 giorni prima della proposizione del presente giudizio di ottemperanza, il presente ricorso va dichiarato inammissibile.

7.- Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima), pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.

Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore del Ministero della Giustizia delle spese e degli onorari di giudizio, che liquida nella somma complessiva di Euro 2000, 00 (duemila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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