Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-05-2011) 22-06-2011, n. 25140 Liberazione anticipata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 28 ottobre 2010, depositata in cancelleria il 2 novembre 2010, il Tribunale di Sorveglianza di Palermo rigettava il reclamo avanzato nell’interesse di A. A. avverso l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza che rigettava l’istanza di liberazione anticipata L. n. 354 del 1974, ex art. 54, comma 1, in relazione al periodo 22 dicembre 2006/27 gennaio 2010.

Il giudice chiariva che il richiedente era stato protagonista di episodi di evasione commessi durante il periodo degli arresti domiciliari nonchè di violazioni alla prescrizioni impostegli.

2. – Avverso il citato provvedimento ha personalmente interposto tempestivo ricorso per cassazione l’ A. chiedendone l’annullamento per violazione di legge. Nonostante il giudice avesse fatto specifico riferimento al fatto che il periodo delle reiterate trasgressioni fossero iniziate a decorrere dal 10 luglio 2008, ha negato in modo illogico la liberazione anticipata anche ai primi tre semestri, periodo temporalmente distante dalle violazioni in questione, considerato peraltro che le stesse erano ancora sub iudice.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

3.1 – Com’è noto, la finalità principale del beneficio della liberazione anticipata risiede nel consentire un più efficace reinserimento nella società del condannato che abbia offerto la prova di partecipazione all’opera di rieducazione (C. Cost. n. 352 del 1991). Ed è solamente detta partecipazione che viene richiesta dalla norma e che è evidentemente considerata dal legislatore di per sè sintomatica di un percorso che va incoraggiato e premiato: senza che occorra anche la dimostrazione di quel ravvedimento che si richiede invece, probabile o sicuro, per l’accesso alle più incisive misure extramurarie (C. cost. n. 276 del 1990). La valutazione di meritevolezza del beneficio, sotto l’esclusivo aspetto evidenziato, è ovviamente rimessa al giudice del merito; ma questo è tenuto ad accertare se, nel comportamento serbato dall’interessato, siano rinvenibili sintomi dell’evoluzione della personalità verso modelli socialmente validi tenendo ben fermo che ciò che conta, ai fini del riconoscimento del beneficio, è, per l’appunto e come detto, soltanto "la partecipazione" del condannato detenuto all’opera rieducativa, considerando altresì che, ai fini dell’applicazione dell’istituto della liberazione anticipata, la lunghezza dell’intervallo di tempo intercorrente tra due periodi di carcerazione non è di per sè ostativa ad una valutazione complessiva, qualora la somma dei periodi raggiunga un semestre di pena e si riferisca alla medesima esecuzione (Cass., Sez. 1, 6 maggio 2008, n. 21689, Santoro, rv. 239884).

3.2 – Nella fattispecie il giudice non si è limitato a ritenere ostativa alla concessione del beneficio la mera sussistenza di violazioni anche gravi, ma ha anche valutato complessivamente il significato delle stesse in rapporto a tutto il periodo richiesto pervenendo a ritenere in atto, in relazione al numero di trasgressioni e alla loro gravita, un "persistente chiaro ripudio dei valori della legalità" che ha riverberato una luce interpretativa fortemente negativa anche con riferimento ai semestri precedenti evidenziando che il soggetto ha dato prova, con la reiterata condotta deviante, di non aver avviato in alcun modo "un cammino realmente teso al perseguimento di obbiettivi di recupero sociale". 3.3 – Inoltre, quanto alla censura che nella fattispecie non può operare alcun automatismo di sorta a seguito della costatazione della commissione del reato di evasione, va ricordato che la L. n. 354 del 1975, art. 58-quater, come modificato dalla L. n. 251 del 2005, art. 7, prevede il divieto di concessione dei benefici ivi indicati nell’ipotesi in cui il richiedente (il condannato) "sia stato riconosciuto colpevole" di una condotta punibile ai sensi dell’art. 385 c.p. (ovverosia di evasione o dei reati assimilati). La nuova formulazione, sostituendo la precedente ("che ha posto in essere una condotta punibile ai sensi") sulla quale esisteva contrasto interpretativo, è indicativa delle volontà del legislatore di non consentire efficacia ostativa a condotte punibili a norma dell’art. 385 c.p., ove non accertate con sentenza definitiva di condanna (cfr., seppur obiter, Sez. 19 maggio 2007, n. n. 28685, non massimata), giacchè vige nell’ordinamento, in applicazione del principio fissato dall’art. 27 Cost., comma 2, la regola che nessuno può ritenersi riconosciuto (ovvero considerato) colpevole sino alla condanna definitiva. Discendendo la preclusione ex lege dal giudicato, qui non intervenuto, la condotta costituente reato non accertata in via definitiva poteva essere valutata così come è stato fatto, solo incidentalmente, mediante apprezzamento della sua reale consistenza e gravita, ai fini delle meritevolezza del beneficio (Sez. 1, 5 febbraio 2009, n. 9827, Mosca, rv. 243293); il Tribunale di Sorveglianza, con argomentazioni immuni da vizi logici e giuridici, ha per vero apprezzato la valenza vanificatrice della condotta illecita posta in essere dal ricorrente dell’opera di rieducativa e di risocializzazione, cui la pena deve tendere.

4 – Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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