Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-05-2011) 22-06-2011, n. 25134 stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 25 marzo 2010, depositata in data 26 marzo 2010 e con ordinanza pronunciata in data 13 maggio 2010, depositata in cancelleria il 15 novembre 2011, il Magistrato di Sorveglianza di Ancona dichiarava inammissibile la richiesta di espulsione avanzata nell’interesse di T.M. ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 16 risultando sia che la pena da espiare risultava superiore a quella prevista dalla legge e sia che il condannato stava attualmente espiando una pena detentiva per un delitto compreso tra quelli contemplati dall’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a) (inottemperanza alla espulsione).

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, il T. ha interposto tempestiva impugnazione (nelle forme della opposizione, convertita dal Tribunale di Sorveglianza di Ancona in ricorso per Cassazione) chiedendone l’annullamento per violazione di legge. Veniva per vero rilevato che il fine pena era più breve di quello originariamente stabilito (3 febbraio 2012 anzichè 2 novembre 2015) e ciò a seguito del nuovo cumulo emesso in data 1 aprile 2010 della Procura della Repubblica del Tribunale di Fermo e inoltre, nella fattispecie, era possibile sciogliere il cumulo giuridico verificando la effettiva espiazione del reato ostativo.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: le ordinanze impugnate vanno annullate con rinvio per nuovo esame al Magistrato di Sorveglianza di Ancona.

Deve rilevarsi per vero che, nella vicenda, risulta per tabulas che il ricorrente è stato condannato per un reato ritenuto ostativo dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 16, comma 5, posto che ha riportato condanna con sentenza per un episodio di inottemperanza alla espulsione.

3.2. – Giova rammentare sul punto la giurisprudenza di questa Corte Suprema secondo cui l’espulsione dello straniero, prevista come misura alternativa alla detenzione dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 16, comma 5, (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione), non può essere disposta in relazione a pena determinata a seguito di cumulo comprensivo anche di pena inflitta per reato ostativo alla sua concessione, non potendosi procedere alla sua scissione al fine di imputare la parte di pena espiata al predetto reato ostativo (Cass., Sez. 1, 20 gennaio 2010, n. 4623, rv. 245993 Sollou; Sez. 1, 5 febbraio 2008, n. 6648, Kokolari, rv. 239308). Il principio di diritto testè esposto deve ritenersi operante tuttavia solo se lo scioglimento del cumulo si risolva in un concreto pregiudizio del condannato e non nell’eventualità in cui, per contro, opererebbe a favore dello stesso, come nel caso di specie.

Va per vero osservato sulla questione che, pur avendo di recente le Sezioni Unite (n. 3286 del 27 novembre 2008, Chiodi), con riguardo alla disciplina delle circostanze del reato, ritenuto che l’evoluzione normativa della disciplina imponga definitivamente di considerare superata la concezione della naturale unitarietà del reato continuato, in relazione al trattamento sanzionatorio la continuazione resta un istituto volto alla mitigazione del rigore della pena "a condizione che l’unitarietà garantisca un risultato favorevole al reo" (SU citate). Può dunque ribadirsi il principio secondo cui i fatti esecutivi che hanno dato luogo all’applicazione di una pena unica vanno considerati singolarmente soltanto se dalla loro considerazione unitaria discendano effetti pregiudizievoli per il condannato. Di conseguenza se la condanna per un reato ostativo è posta in esecuzione insieme a un’altra o ad altre che concernono reato non ostativi, ai fini dell’ammissione dei benefici penitenziari in genere o alla espiazione della pena mediante misure alternative meno afflittive rispetto alla detenzione in particolare, è necessario scindere il cumulo e verificare i periodi di detenzione sofferti per verificare se la pena in relazione alla quale è richiesta la misura alternativa sia o meno riferibile a un reato ostativo, seguendo la regola che, a parità di condizioni la pena per il reato ostativo deve considerarsi espiata per prima (SU n. 14 del 30 luglio 1999, Ronga, in relazione in particolare al cumulo giuridico).

Non è di ostacolo all’applicazione di questi principi la circostanza che l’espulsione di cui all’art. 16 in questione non possa essere ‘tecnicamentè inquadrata tra le misure alternative equiparabili a quelle previste dalla L. n. 354 del 1975 (ordinamento penitenziario) nè a un beneficio per il condannato, come ha già rilevato questa Corte di Cassazione con la sentenza n. 6648 del 2008 richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 226/2004, ma sia più propriamente una vera e propria "sanzione amministrativa" disposta dall’Autorità giudiziaria in funzione vicaria dell’Autorità di Pubblica Sicurezza. Trattasi comunque, nella sua valutazione complessiva, di una posizione più favorevole per il condannato stante la sua esplicita richiesta sul punto che la rende tale e dunque sufficiente a rendere applicare i principi detti.

3.3. – In sede di rinvio il giudice dovrà dunque far ricorso ai criteri enunciati provvedendo altresì a dare contezza anche del pretermesso rilievo difensivo secondo cui il fine pena sarebbe più breve di quello originariamente stabilito (3 febbraio 2012 anzichè 2 novembre 2015) e sul quale nulla è stato argomentato.

4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 623 c.p.p. come da dispositivo.

P.Q.M.

annulla le ordinanze impugnate del Magistrato di Sorveglianza di Ancona 25 marzo 2010 e 13 maggio 2010 e rinvia per nuovo esame al suddetto magistrato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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