Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-05-2011) 22-06-2011, n. 25096

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza deliberata in data 5 luglio 2010, depositata in cancelleria il 2 agosto 2010, la Corte di Appello di Palermo, decidendo su rinvio della Corte di Cassazione (che con sentenza 7 maggio 2009 ha annullato parzialmente la decisione emessa dalla Corte di Appello di Palermo resa in data 14 luglio 2008, in punto di qualificazione consumata o tentata dell’estorsione) in parziale riforma della sentenza 12 luglio 2007 del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Palermo, qualificato il fatto contestato sub capo C), estorsione, nella forma del tentativo, rideterminava la pena inflitta a B.G., imputato anche del reato sub B), associazione a delinquere di stampo mafioso aggravata dall’uso delle armi, ritenuta la già applicata continuazione tra i reati contestati, in anni cinque, mesi otto di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, confermando nel resto l’appellata sentenza.

La Corte territoriale chiariva che non poteva essere accolta la richiesta assolutoria avanzata dalla difesa, posto che, trattandosi di giudizio di rinvio, non poteva più essere messa in discussione la responsabilità del prevenuto, ma solo decidere sulla qualificazione del fatto, vale a dire se trattavasi o meno di ipotesi consumata, tanto è vero che il Supremo Collegio aveva rigettato il motivo di ricorso attinente al trattamento sanzionatorio.

Nel merito, il giudice di secondo grado, acquisito il processo verbale delle dichiarazioni rese da F.F. di sede di incidente probatorio, valutando altresì l’intercettazione telefonica riportata per esteso dalla sentenza di primo grado, riteneva sussistere la sola ipotesi tentata dell’estorsione risultando che il F. si fosse limitato a chiedere al titolare della sala giochi di via (OMISSIS) ( C.G.) un acconto di Euro 15.000 senza essere però a conoscenza del fatto se il danaro fosse stato poi effettivamente versato. s. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Michele Giovinco, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione il B. chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.

In particolare:

a) con il primo motivo veniva rilevata la violazione dell’art. 192 c.p.p., commi 2 e 3, artt. 56 e 110 c.p., art. 629 c.p., comma 2, in relazione all’art. 628 c.p., comma 2, n. 3, e D.L. n. 152 del 1991, art. 7 e violazione dell’art. 111 Cost., comma 3 e art. 24 Cost. in relazione agli artt. 624 e 629 c.p.p., con riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e); il giudice di secondo grado, pur avendo acquisito in sede di rinvio ex art. 627 c.p.p. la prova nuova rappresentata dal processo verbale delle dichiarazioni di F. F. non l’ha in concreto valutata ritenendo erroneamente che l’esame della responsabilità del B. fosse da ritenersi preclusa per non essere stata oggetto di annullamento. Dalla dichiarazioni del F. si evince per contro e chiaramente che egli non era stato in grado di riconoscere il titolare della sala giochi ( C.) oggetto di estorsione. Manifestamente illogico e privo di adeguata motivazione è altresì il rigetto dell’esame della parte offesa. b) con il secondo motivo veniva rilevata la violazione degli artt. 132 e 133 c.p., nonchè i relazione all’art. 56 c.p. e art. 624 c.p.p., comma 1; nulla il giudice ha motivato in relazione alla riduzione della pena in seguito all’ipotesi del tentativo e alla scelta discrezionale di operare il minimo della riduzione.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: la sentenza impugnata va pertanto annullata con le determinazioni di cui in dispositivo.

3.1 – Il primo motivo di ricorso, tuttavia, non è fondato e deve essere respinto.

3.1.1 – La sentenza di annullamento del Supremo Collegio è esplicita nel ritenere presupposta la responsabilità del prevenuto, avendo ritenuto che il giudice del rinvio dovesse motivare in modo più chiaro ed esaustivo in merito alle ipotesi di reato consumato o tentato. Non è però corretto il principio di diritto applicato dal giudice secondo cui, avendo fatto ingresso nel procedimento, ancorchè ex art. 627 c.p.p., una nuova prova, non sì dovesse riesaminare la responsabilità del soggetto, anzichè ritenerla preclusa. In ogni caso va osservato che il giudice della cognizione, esaminando le dichiarazioni del F., ha sciolto indirettamente, nel valutare l’ipotesi tentata della estorsione, qualsiasi dubbio di responsabilità del B., risultando per vero l’illecito come commesso, sebbene nell’ipotesi ex art. 56 c.p., giusta anche la valenza di riscontro delle conversazioni intercettate cui fa riferimento la medesima Corte territoriale.

3.1.2. – E’ appena il caso inoltre di rilevare che la richiesta di esame del C. non è stata oggetto di gravame.

3.2 – Meritevole di accoglimento è invece il secondo profilo di doglianza attinente al vizio motivazionale della riduzione conseguente all’ipotesi tentata. La riduzione, secondo l’impostazione voluta dal legislatore, comporta di per sè una scelta da parte del giudice di merito nell’ambito dell’intervallo di pena stabilito dal citato art. 56 c.p. che, com’è notorio, va da un terzo a due terzi della pena per il reato consumato. Poichè il giudice ha operato la riduzione nell’opzione minima di un terzo ha fatto nel contempo ricorso al suo potere discrezionale che deve, in quanto tale, essere motivato dovendo dar conto del ragionamento logico seguito in modo da consentire il controllo di legalità e congruità. 4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 624 c.p.p. come da dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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