Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-05-2011) 22-06-2011, n. 25028 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Chiavari ha emesso pronuncia di non doversi procedere nei confronti di P.E. in ordine al reato di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c) per essere detto reato estinto per prescrizione.

La P. era stata tratta a giudizio, unitamente ad altri, per rispondere del predetto reato, loro ascritto per avere, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, cambiato la destinazione d’uso di sei baracche preesistenti (da baracche inabitabili in bungalows) senza la prescritta concessione, nè autorizzazione.

Nella sentenza si rileva che nel 1996 era stata disposta la sospensione del processo in attesa della definizione della domanda di condono edilizio presentata dagli interessati.

Con determinazione dell’1.12.1997 l’amministrazione comunale aveva respinto la domanda di sanatoria per motivi estetico ambientali.

Il giudice di merito ha, perciò, ritenuto che la sospensione del processo successivamente a tale decisione non aveva esplicato effetti sul decorso del termine di prescrizione, con la conseguente estinzione del reato ascritto agli imputati.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore della P., che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con i motivi di gravame si deduce:

1) che l’integrale pagamento dell’oblazione prevista dalla L. n. 724 del 1994 sul condono edilizio ha determinato, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 38 la estinzione del reato, sicchè il giudice di merito avrebbe dovuto dichiarare la improcedibilità dell’azione penale per detta causale e si chiede a questa Corte di dichiarala.

2) che ai sensi della L. n. 724 del 1994 il Comune avrebbe dovuto pronunciarsi entro un anno dalla data di presentazione della domanda di condono edilizio, verificandosi altrimenti il silenzio assenso sulla richiesta di sanatoria. Nel caso in esame l’ente locale si è pronunciato in data 2.12.1997, ben oltre il termine di un anno, con la conseguenza che il giudice di merito, disapplicando l’atto amministrativo negatorio, avrebbe dovuto dichiarare il reato estinto per effetto della sanatoria formatasi per silenzio assenso.

3) che la sentenza è totalmente carente di motivazione in ordine alle ragioni per le quali è stata negata l’applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 39.

Il ricorso è manifestamente infondato.

La L. n. 47 del 1985, art. 32, comma 8, inserito dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39, comma 7, stabilisce che, nel caso di costruzioni realizzate in zona sottoposta a vincolo, fattispecie specificamente contestata alla P. nel capo di imputazione, la estinzione del reato si verifica solo a seguito del rilascio della concessione in sanatoria, subordinato al conseguimento delle autorizzazioni delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo.

L’esistenza del vincolo, perciò, rende inapplicabili le disposizioni sul silenzio assenso, che si riferiscono alla sola ipotesi di violazioni edilizie eseguite in zona non vincolata, secondo quanto si evince chiaramente dai riferimenti normativi contenuti nella L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 4, e dal riferimento all’ente locale che deve emettere il provvedimento negativo entro il termine stabilito, mentre nell’ipotesi di costruzioni in zone vincolate il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato alla autorizzazione della amministrazione competente per il vincolo; autorizzazione che non è affatto presa in esame dalla norma citata.

Il silenzio assenso di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 4, non è, quindi, applicabile alle costruzioni realizzate in zona vincolata, sicchè il giudice di merito ha correttamente dichiarato la estinzione del reato per essersi verificata la prescrizione, non essendo in ogni caso applicabili altre cause estintive.

Nè appare rilevante la carenza di motivazione sul punto, considerata la manifesta infondatezza delle deduzioni della ricorrente.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c. con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *