Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-05-2011) 22-06-2011, n. 25027 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di M.R.A. in ordine ai reati: a) di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44; c) di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 a lei ascritti per avere realizzato un manufatto di mq 25, alto mt. 3, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza il permesso di costruire e senza l’autorizzazione dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva chiesto di essere assolta dai reati ascrittile, per non aver commesso il fatto, e, in subordine, la declaratoria di prescrizione dei reati.

In particolare la sentenza ha affermato che, così come già ritenuto dal giudice di primo grado, non risultavano attendibili le allegazioni fondate su indagini difensive, secondo la quali il manufatto sarebbe stato realizzato dal marito della M., durante un periodo in cui la stessa era assente da (OMISSIS) per essersi recata a (OMISSIS), e i lavori sarebbero stati eseguiti nel 2002.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputata, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento la ricorrente, denunciando violazione di legge e vizi di motivazione, censura le argomentazioni in base alle quali i giudici di merito non hanno ritenuto credibili le dichiarazioni rese dai testi assunti dalla difesa dell’imputata, pur trattandosi di stretti congiunti della M., che, quindi, conoscevano le vicende personali di quest’ultima. Si deduce inoltre che, in ogni caso, manca la prova che l’imputata sia autrice dell’abuso edilizio, prova che doveva essere fornita dalla pubblica accusa.

Si osserva sul punto che il proprietario dell’immobile non è responsabile dell’abuso edilizio soltanto in considerazione di tale qualità, essendo necessario che lo stesso sia stato esecutore o committente dei lavori abusivi. Si osserva, infine, che la prova sul punto non può essere desunta dal fatto che la M. ha presentata domanda di condono edilizio per la sanatoria del manufatto, potendo detta domanda essere presentata da qualsiasi interessato, anche se non autore dell’abuso. Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 157 c.p..

Si deduce che la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare la prescrizione dei residui reati ascritti all’imputata, essendo emerso dalle investigazioni prodotte dalla difesa che i lavori erano stati eseguiti nel 2002.

Si osserva che la declaratoria di non proseguibilità dell’azione penale per prescrizione deve essere emessa anche in caso di incertezza sul punto, ai sensi dell’art. 531 c.p.p., comma 2. In proposito si denuncia anche la omessa disamina delle argomentazioni contenute nelle memorie depositate dalla difesa dell’imputata.

Con memoria depositata il 11.4.2011 la difesa della ricorrente ha dedotto la intervenuta prescrizione dei reati.

Il ricorso è manifestamente infondato.

In relazione al primo motivo di gravame la valutazione della inattendibilità delle dichiarazioni dei testi addotti dalla difesa dell’imputata ha formato oggetto di adeguata motivazione, immune da vizi logici, sicchè le censure sul punto sono di merito, inammissibili in sede di legittimità.

In ordine alla responsabilità dell’imputata, inoltre, la appartenenza dell’immobile e la presentazione della domanda di sanatoria sono elementi di sicuro valore indiziario, adeguatamente valorizzati dai giudici di merito, al fine di ritenere il concorso della imputata nella commissione dei reati, sicchè anche sul punto la motivazione si palesa esaustiva e giuridicamente corretta.

La contestazione relativa all’accertamento dell’epoca di esecuzione dei lavori abusivi è anche essa di natura fattuale e, pertanto, inammissibile.

Tale punto, peraltro, ha formato oggetto di adeguata motivazione mediante il riferimento alle risultanze delle indagini eseguite dalla polizia giudiziaria, secondo le quali il manufatto era ancora al rustico al momento dell’accertamento, e ad altre valutazioni di ordine logico.

La censura per la mancata disamina di argomentazioni difensive, infine, è del tutto generica, non essendo state precisate le deduzioni non esaminate dai giudici di merito.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c. con le conseguenze di legge, tra cui la preclusione per quella Corte della possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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