Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-05-2011) 22-06-2011, n. 25132 Falsità ideologica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. I difensori di fiducia di A.M. propongono ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p., in relazione alla sentenza della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione in data 22 aprile 2010 che rigettava il ricorso proposto, tra gli altri, da A.M. avverso la decisione della Corte d’appello di Potenza che, confermando la pronunzia di primo grado, aveva dichiarato l’imputato colpevole del delitto di falso ideologico in atto pubblico.

Muovendo dalla premessa che l’errore di fatto non si esaurisce nell’errore percettivo, nella svista, nel mero equivoco dei dati naturalistici, ma è qualunque dato, sensibile o no, naturalistico o no, che si presenta come oggetto di qualificazione alla stregua della regola, i ricorrenti osservano che il giudice di legittimità, ritenendo che la prescrizione non fosse maturata, aveva omesso di considerare che il rinvio del dibattimento dal 12 luglio al 26 novembre 2008 non era stato disposto soltanto per 1′ astensione dei difensori dalle udienze, bensì anche perchè quel giorno mancavano i testimoni dell’accusa, di cui veniva disposta la citazione per una successiva udienza. L’imprescindibilità del dibattimento si era, dunque, resa necessaria per la necessità di escutere i testi.

Ove, pertanto, concorrano più fatti, tutti di per sè sufficienti a legittimare un rinvio del giudizio, dei quali anche uno soltanto sia riferibile ad esigenze istruttorie, la valenza preponderante di tali esigenze preclude l’operatività dell’art. 159 c.p. e, quindi, qualunque ricaduta in tema di prescrizione. Una diversa interpretazione confliggerebbe con una lettura costituzionalmente orientata dell’esercizio del diritto di astensione dalle udienze del difensore, la cui posizione, ai fini dell’interpretazione dell’art. 159 c.p., deve essere tenuta ben distinta da quella del suo assistito: mentre quest’ultimo, quando avanza domanda di differimento del dibattimento, formula una richiesta, il legale che si astiene dalle udienze esercita un diritto garantito dalla Carta fondamentale.

3. All’udienza del 15 marzo 2011 il Collegio, con l’accordo del Procuratore generale e della difesa del ricorrente, disponeva l’acquisizione di copia dei verbali dibattimentali del processo celebratosi dinanzi al Tribunale di Matera a carico di A. M. ed altri imputati e rinvia la trattazione del ricorso all’udienza del 3 maggio 2011. 4. Nelle more della celebrazione della nuova udienza, il Presidente, verificato che la copia del verbale dibattimentale dell’udienza del 12 luglio 2006 dinanzi al Tribunale di Matera trasmesso dalla locale cancelleria era incompleta, mancando la parte relativa alla causa del differimento dell’udienza stessa, sollecitava, tramite la cancelleria della Prima Sezione Penale, la trasmissione del verbale in forma integrale.

5. Alle ore 12,15 del 3 maggio 2011 perveniva via fax alla cancelleria di questa Corte, la nota n. 144/05 RG Trib. Matera, a firma del funzionario giudiziario Bruna Carbellano, datata 3 maggio 2011 e indirizzata alla Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, del seguente testuale contenuto: "oggetto: ricorso proposto da A.M., nato 19/4/1952 a Montalbano Jonico, udienza odierna di codesta Corte. Facendo seguito alle intercorse intese telefoniche, si comunica che non è stato a questo Ufficio possibile inviare la copia integrale del richiesto verbale di udienza del 12/7/06, relativo all’emarginato fascicolo, in quanto questa Cancelleria ha accertato che i fogli intercalari dello stesso sono stati strappati, come risulta visivamente dal fatto che sono rimasti nell’incarto soltanto i lembi frastagliati, in prossimità delle cuciture, dei medesimi fogli". Di tale fatto sarà pertanto fatta ….. quanto prima – denuncia alla locale Procura della Repubblica.

Distinti saluti".

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. L’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis c.p.p. consiste in un errore percettivo, causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di Cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso, e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, che abbia condotto ad una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. Un. 30.4.2002, n. 16103, ric. Basile; Sez. Un. 30 aprile 2002, ric. De Lorenzo).

Per delineare la nozione di "errore di fatto", inteso come quello di natura percettiva, occorre fare riferimento all’analoga figura prevista dall’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4 (richiamato, per il ricorso per cassazione, dall’art. 391-bis c.p.c.), secondo cui si ha errore di fatto quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita (Sez. fer. 28.11.2001, n. 42794, ric. Selliamone).

Qualora la cause dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile errore di fatto, bensì di giudizio.

Sono, in ogni caso, estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali e processuali, ovvero la supposta esistenza delle stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuto a ignoranza di indirizzi di merito, dovendosi questi ultimi far valere – anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie.

Occorre evidenziare che l’operatività del ricorso straordinario non può essere limitata alle decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, atteso che una simile restrizione non risulta giustificata dall’effettiva portata della norma, potendo l’errore percettivo cadere sul qualsiasi dato fattuale.

Infine l’errore di fatto deve essere di oggettiva e immediata rilevabilità, nel senso che il controllo degli atti processuali deve far trasparire, in modo diretto e evidente, che la decisione è stata condizionata dall’inesatta percezione e non dall’errata valutazione o dal non corretto apprezzamento di quegli atti (Sez. Un. 30.4.2002, n. 16103, ric. Basile; Sez. Un. 30 aprile 2002, ric. De Lorenzo).

2. Tanto premesso, è indimostrato che, nel caso in esame, la Quinta Sezione Penale di questa Corte sia caduta, nella lettura degli atti interni al giudizio, in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco.

Dalla sentenza risulta, infatti (cfr. f. 6), che il termine di prescrizione del reato, la cui naturale scadenza sarebbe stata il 4/5 gennaio 2010, era rimasta posticipata a motivo di due sospensioni: la prima conseguente al rinvio dell’udienza dal 12 luglio 2006 al 29 novembre 2006 per astensione dei difensori; la seconda conseguita al rinvio dal 19 marzo 2007 al 16 aprile 2007 per impedimento professionale del difensore dello Zaccaria. In conseguenza di ciò, la scadenza del termine di prescrizione del reato risultava differita di centosessantotto giorni e veniva a collocarsi alle date del 21-22 giugno 2010, successive alla data (22 aprile 2010) della decisione di questa Corte.

A fronte delle circostanze obiettive illustrate nella sentenza della Quinta Sezione Penale, che sulla base di esse ha motivatamente escluso, ai sensi del combinato disposto degli artt. 157 e 160 c.p., l’avvenuto decorso dei termini di prescrizione del reato, la difesa ha prospettato, con riferimento all’udienza del 12 luglio 2006 dinanzi al Tribunale di Matera, una causa concomitante (necessità di nuova citazione dei testi indotti dal pubblico ministero e non comparsi in tale data) del differimento per astensione dei difensori, produttiva di un’erronea interpretazione dell’art. 160 c.p., che non ha trovato alcun riscontro documentale negli atti di causa. Si segnala, in proposito, che dalla nota trasmessa via fax il 3 maggio 2011 dalla cancelleria del Tribunale di Matera risulta che "i fogli intercalari" del verbale dell’udienza del 12 luglio 2006 "sono stati strappati, come risulta visivamente dal fatto che sono rimasti nell’incarto soltanto i lembi frastagliati, in prossimità delle cuciture, dei medesimi fogli" e che manca, di conseguenza, proprio la parte del verbale di udienza attestante la causa del rinvio della predetta udienza e la fissazione della nuova data dell’udienza. Tale circostanza, oltre ad essere attestata nella nota a firma del funzionario giudiziario C.B., datata 3 maggio 2011, è immediatamente rilevabile anche dalla copia degli atti in possesso di questa Corte, da cui risulta l’assenza di qualsiasi consequenzialità logica tra l’intestazione del primo foglio del verbale, contenente l’indicazione delle parti comparse, ed i fogli successivi.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

Deve essere, altresì disposta la trasmissione di copia della presente sentenza e della nota 144/05 Reg. Trib. Matera del 3 maggio 2011 alla Procura della Repubblica di Matera per quanto di competenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

Dispone che copia della sentenza e della nota 144/05 Reg. Trib.

Matera del 3 maggio 2011 siano trasmesse alla Procura della Repubblica di Matera per quanto di competenza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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