T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 27-06-2011, n. 5696 Banca d’Italia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il proposto gravame gli odierni ricorrenti in qualità rispettivamente di Direttore Generale (A.I.) e di componenti del Consiglio di Amministrazione (V.I. e S.P.) della Banca di Credito Cooperativo di San Vincenzo La Costa hanno impugnato:

a) la determinazione assunta in via d’urgenza dal Vice Direttore Generale della intimata BI il 12.8.2010 che ha disposto l’irrogazione nei confronti degli stessi delle sanzioni pecuniarie di cui all’art.145 del D.lgvo n.385/1993;

b) la successiva delibera del Direttorio dell’intimata amministrazione del 24.8.2010 di ratifica della determinazione di cui al punto a).

Nella narrativa dei presupposti fattuali sottostanti la controversia in trattazione è stato fatto presente che:

1) nel periodo 3 giugno 200921 agosto 2009 la Banca di Credito Cooperativo di San Vincenzo la Costa è stata sottoposta ad accertamenti ispettivi in esito ai quali, essendo emerse delle irregolarità nella gestione dell’azienda ispezionata, la resistente amministrazione ha attivato il procedimento sanzionatorio per l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie di cui all’art.145 del D.lgvo n.385/1993, contestando:

1a) al Direttore Generale:

I) carenze nell’organizzazione e nei controlli interni;

II) mancato rispetto del requisito patrimoniale;

III) autonome iniziative nell’erogazione del credito;

IV) parziali comunicazioni all’O.d.V.;

V) carenze nell’istruttoria, erogazione, gestione e controllo del credito;

VI) posizioni ad andamento anomalo e previsioni di perdite non segnale all’O.di V.;

VII) inesatte segnalazioni alla Centrale dei Rischi;

1b) ai singoli componenti del Consiglio di amministrazione:

I) carenze nell’organizzazione e nei controlli interni;

II) mancato rispetto del requisito patrimoniale;

III) carenze nell’istruttoria, erogazione, gestione e controllo del credito;

IV) posizioni ad andamento anomalo e previsioni di perdite non segnalate all’O. di Vigilanza;

2) gli interessati sono intervenuti nel procedimento de quo presentando memorie difensive;

3) in esito a tale procedimento è stato adottato in via d’urgenza in data 12 agosto 2010 da parte di uno dei Vice Direttori Generali dell’intimato istituto il provvedimento con cui sono state irrogate le seguenti sanzioni:

a) ai singoli componenti del consiglio di amministrazione (tra i quali i ricorrenti (Pardino e Iantorno):

a1) per le irregolarità di cui ai punti I) e III) Euro 15.000,00 ciascuno;

a2) per le irregolarità di cui ai punti II) e IV) Euro 15.000,00 ciascuno;

b) al Direttore generale (A.I.):

b1) per le irregolarità di cui ai punti I), III) e V) Euro 40.000,00;

b2) per le irregolarità sub II) e VI) Euro 15.000,00;

b3) per le irregolarità sub IV) Euro 15.000,00;

b4) per le irregolarità sub BII) Euro 10.000,00;

4) la citata determinazione assunta in via d’urgenza è stata successivamente ratificata dal Direttorio con deliberazione n.593/2010 del 24 agosto 2010.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di doglianza:

1) Inesistenza e/o nullità e, comunque, illegittimità del preteso provvedimento del Direttorio datato con timbro del 12 agosto 2010 perchè privo di indicazione della data e del numero della deliberazione che sarebbe stata presa dal Direttorio e senza alcuna motivazione d’urgenza che avrebbe legittimato il vice Direttore Generale, dott.ssa tarantola a sottoscrivere il provvedimento impugnato;

2) Inesistenza e/o nullità e, comunque, illegittimità del provvedimento di approvazione della proposta per l’irrogazione di sanzioni amministrative che si riscontra a pag.1 della proposta per violazione e falsa applicazione dello Statuto della Banca d’Italia, per difetto di motivazione e per eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento di potere;

3) Violazione e falsa applicazione dei principi e norme che disciplinano il termine di conclusione del procedimento amministrativo ed, in particolare, degli artt. 2 e 4 della L. n.241/1990 e dell’art.24 della L. n.262/2005; Violazione e falsa applicazione del Regolamento della Banca d’Italia del 25.6.2008; Eccesso di potere per abuso di potere;

4) Violazione e falsa applicazione dello statuto della Banca d’Italia. Violazione e falsa applicazione dei principi e norme che disciplinano il potere di ratifica e di convalida degli atti amministrativi. Violazione e falsa applicazione degli artt.2 e 4 della L. n.241/1990 e del regolamento della banca d’Italia del 25/6/2008;

5) Il provvedimento amministrativo è nullo (o va annullato) in quanto non sono state comunicate agli incolpati a chiusura della fase istruttoria le conclusioni raggiunte dagli uffici della Vigilanza e non è stato loro consentito lo svolgimento di difese dinanzi all’organo decidente, il Direttorio della Banca d’Italia. Violazione delle norme sul giusto procedimento. Violazione dell’art.24, comma II, della L. n.262/2005;

6) Violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 24 della L. n.262/2005 nonchè del regolamento attuativo adottato dal Governatore della Banca d’Italia in data 27/472006 ed in subordine illegittimità dello stesso regolamento con le norme richiamate;

7) Eccesso di potere per omesso esame delle controdeduzioni del Direttore e difetto di motivazione;

8) Mancato rispetto del requisito patrimoniale da parte del Consiglio di Amministrazione, del Collegio Sindacale e del Direttore Generale; insufficiente e contraddittoria motivazione; eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e omessa valutazione delle risultanze documentali; violazione e falsa applicazione del principio di buona fede e correttezza operante anche per la P.A.;

9) Eccesso di potere per omessa valutazione dei fatti e per omesso e corretto esame delle controdeduzioni del Direttore. Insufficiente ed erronea motivazione;

10) Eccesso di potere per omessa valutazione dei fatti, per omesso esame delle controdeduzioni del Direttore Generale e del Consiglio di Amministrazione. Insufficiente ed erronea motivazione;

11) Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto ed omessa valutazione delle risultanze documentali e delle controdeduzioni depositate dagli inquisiti. Insufficiente, erronea e contraddittoria motivazione;

12) Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e per omessa valutazione delle risultanze documentali. Insufficiente ed erronea motivazione;

13) Violazione e falsa applicazione dei principi e norme che impongono la specifica individuazione di ogni singola pretesa violazione e della correlate sanzioni e dei principi e norme di proporzionalità nella determinazione delle sanzioni irrogate. Violazione del diritto di difesa. Insufficiente motivazione. Eccesso di potere per irragionevolezza ed iniquità delle sanzioni irrogate.

Si è costituita la Banca d’Italia contestando con articolate e stringenti argomentazioni la fondatezza delle dedotte doglianze e concludendo per il rigetto delle stesse con vittoria di spese.

Alla pubblica udienza del 15.6.2011 il ricorso è stato assunto in decisione.

Motivi della decisione

Con il proposto gravame gli odierni ricorrenti in qualità rispettivamente di Direttore Generale (A.I.) e di componenti del Consiglio di Amministrazione (V.I. e S.P.) della Banca di Credito Cooperativo di San Vincenzo La Costa hanno impugnato:

a) la determinazione assunta in via d’urgenza dal Vice Direttore Generale della intimata BI il 12.8.2010 che ha disposto l’irrogazione nei confronti degli stessi delle sanzioni pecuniarie, sopraindicate, di cui all’art.145 del D.lgvo n.385/1993;

b) la successiva delibera del Direttorio dell’intimata amministrazione del 24.8.2010 di ratifica della determinazione di cui al punto a).

Con il primo motivo di doglianza i ricorrenti hanno fatto presente che l’impugnata determinazione del Vice Direttore Generale del 12.8.2010 deve essere considerata illegittima in quanto:

I) non contiene gli estremi del protocollo;

II) recante unicamente il timbro del 12.10.2010 non poteva in alcun modo essere considerata una deliberazione del Direttorio della BI la quale deve essere datata e numerata;

III) non indica alcun moto la tipologia di poteri esercitati;

IV) non indica in alcun modo le ragioni di urgenza che ne avrebbero giustificata l’adozione.

Relativamente al primo profilo di doglianza il Collegio intende uniformarsi all’unanime indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la mancanza del numero di protocollo su un provvedimento amministrativo, così come altre irregolarità formali di per sè non ne determina l’illegittimità (Tar Lombardia, Milano, sez.IV, n.5419/2007; Tar Umbria, n.391/2006; Tar Toscana, sez.I, n.55/2008).

Sempre con la doglianza in questione parte ricorrente ha inoltre fatto presente che la mancanza della data formale di protocollo poteva far presumere la tardività della data di adozione della gravata determinazione del Direttore Generale.

Al riguardo in punto di fatto deve essere fatto presente che:

a) la citata determinazione conteneva la data apposta mediante timbro;

b) la deliberazione assunta dal Direttorio nella seduta del 24 agosto 2010 ha testualmente affermato che " in data 12 agosto 2010 stante l’impossibilità di convocare in tempo utile una riunione collegiale e data la necessità di provvedere con urgenza, il Vice Direttore Generale dott.ssa Tarantola ha esaminato la proposta della Commissione per l’esame delle irregolarità".

In tale contesto fattuale il Collegio rileva che:

I) come già affermato dal Consiglio di Stato (sez. IV, n.1047/2000) la mancanza del numero di riferimento del protocollo non incide sulla certezza della data di emissione del provvedimento, con la conseguenza che per avvalorare la considerazione che la data di emissione non corrisponde a quella apposta sul provvedimento occorre dimostrarne la falsità senza poter ricorrere a mere presunzioni.

II) l’adozione della determinazione del Vice Direttore Generale in data 12 agosto 2010 è affermata dalla successiva deliberazione del Direttorio, la quale fa fede fino a querela di falso, che parte ricorrente non ha ritualmente e tempestivamente proposto, essendosi limitata a proporre un semplice esposto su tali fatti alla Procura della Repubblica.

Tali argomentazioni già sufficienti ai fini del rigetto delle censura in esame non esonerano, tuttavia, il Collegio dall’esaminare l’altro profilo di doglianza concernente la perentorietà del termine (240 gg decorrente dalla scadenza del termine di presentazione delle controdeduzioni da parte del soggetto che per ultimo ha ricevuto la notifica della contestazione degli addebiti) entro il quale deve intervenire il provvedimento sanzionatorio, che secondo la tesi ricorsuale ha natura perentoria.

In merito deve essere sottolineato che:

a) il richiamato termine di 240 gg è stato previsto dal Provvedimento del Governatore del 25 giugno 2008 in materia di individuazione dei termini e delle unità organizzative responsabili dei procedimenti amministrativi di vigilanza in materia bancaria e finanziaria ex art.2 e 4 della L. n.241/1990;

b) poichè il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia (ex plurimis CS, sez.VI, n.9569/2010 e n.8931/2010) ha affermato che i termini di conclusione del procedimento amministrativo di cui all’art.2 della L. n.241/1990, devono, salva espressa previsione contraria, essere considerati come ordinatori e non perentori, ne discende che anche il termine di cui sopra deve essere considerato ordinatorio, mancando una espressa previsione di perentorietà dello stesso, con la conseguenza che il suo sforamento non ne inficia la legittimità;

c) la suddetta interpretazione in base alla quale il ripetuto termine di 240 gg non ha natura perentoria in quanto autonomamente previsto dalla BI per mere esigenze organizzative e non è, quindi, finalizzato a tutelare un interesse dei soggetti potenziali destinatari delle sanzioni pecuniarie di cui all’art.145 del D.lgvo n.385/1993, risulta coerente con il consolidato orientamento della Cassazione civile in materia, il quale ha costantemente affermato che i termini di cui all’art.2 della L. n.241/1990 nonostante la generalità del testo legislativo sono incompatibili con i procedimenti regolati dalla L. n.689/1981, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto (Cass. SS.UU. n.9591/2006; n.14890/2006; sez.II, n.8763/2010).

Relativamente agli altri profili di doglianza deve essere evidenziato che:

a) giusta quanto prescritto dalla Statuto della BI (art.22) nei casi di necessità ed urgenza i provvedimenti di competenza del Direttorio in composizione collegiale possono essere presi dal Governatore ovvero da uno dei membri del Direttorio secondo i criteri di surroga si cui agli artt.25 e 26. Tali provvedimenti vengono sottoposti alla ratifica del Direttorio nella prima riunione utile;

b) nella fattispecie in esame uno dei tre Vice Direttori Generali in corretta applicazione dei citati criteri di surroga – circostanza quest’ultima in alcun modo contestata – ha adottato la gravata determinazione del 12.8.2010, al fine di evitare, come precisato dalla BI in sede di memoria conclusionale, che venisse sforato il termine di 240 gg – decorrente dalla scadenza del termine di presentazione delle controdeduzioni da parte del soggetto che per ultimo ha ricevuto la notifica della contestazione degli addebiti – per la conclusione del procedimento in questione;

c) in tale contesto, quindi, non si ravvisano le illegittimità prospettate, atteso che la mancata formale indicazione delle ragioni dell’urgenza non può in alcun modo inficiarne la legittimità, avuto presente che tali ragioni attengono al normale e fisiologico modus operandi degli organi di vertice dell’istituto, e che in ogni caso la sussistenza delle stesse è stata avallata dalla successiva deliberazione del Direttorio che ha ratificato in toto l’operato del Vice Direttore Generale.

Alla luce delle argomentazioni di cui sopra la dedotta ed articolata doglianza deve essere rigettata.

Ugualmente infondato è la successiva censura con cui è stata contestata la deliberazione del Direttorio nei confronti della quale vengono reiterate le doglianze di cui sopra.

Al riguardo il Collegio sottolinea che le censure de quibus si fondano su un equivoco in cui è caduta parte ricorrente, equivoco individuabile nella circostanza che non è stato in alcun modo considerato che la determinazione del 12.8.2010 è stata adottata dal Vice Direttore Generale nell’ambito dell’esercizio – giustificato dall’urgenza – dei poteri ordinariamente riservati dallo statuto all’organo collegiale e che tale determinazione non può in alcun modo essere considerata come una sorta di proposta sottoposta al vaglio successivo del Direttorio.

Da rigettare è il terzo motivo di doglianza con cui è stata prospettata la tardività dei contestati provvedimenti sanzionatori in quanto comunicati tardivamente – oltre la scadenza del citato termine di 240 gg – agli interessati.

In merito il Collegio sottolinea che la tesi ricorsuale si fonda sulla premessa, in alcun modo confortata dalla giurisprudenza in materia, che i provvedimenti di irrogazione di sanzioni pecuniarie abbiano natura ricettizia; al riguardo è sufficiente richiamare il consolidato indirizzo giurisprudenziale in materia, evidenziato dal resistente istituto, secondo cui la notifica del provvedimento rappresenta un adempimento ulteriore, estraneo alla fase procedimentale che conduce all’adozione dello stesso e rilevante al fine della sua efficacia, come chiarito altresì, dall’art.21 bis della L. n.241/1990, in base al quale i provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati (tra cui vanno ricompresi anche quelli a carattere sanzionatorio) acquistano efficacia nei confronti dei destinatari con la comunicazione effettuata ai medesimi.

Nè la tesi ricorsuale risulta avallata dal disposto dell’art.2, comma 3, della L. n.241/1990 in quanto tale norma fa discendere unicamente l’obbligo dell’amministrazione "di risarcire il danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento".

Pure da rigettare è il successivo motivo di doglianza, con cui è stato fatto sostenuto che la contestata deliberazione del Direttorio non poteva in alcun modo ritenersi idonea a sanare la determinazione del 12.8.2010, stante la gravità dei vizi (mancanza di data e numero di protocollo; mancata indicazione dei motivi di urgenza) da cui quest’ultima risultata affetta.

A tal fine è sufficiente richiamare le argomentazioni di cui sopra in forza delle quali sono state ritenute manifestamente infondate le doglianze prospettanti l’illegittimità della citata determinazione.

Con la quinta censura è stata prospettata l’illegittimità dei gravati provvedimenti sanzionatori in quanto non sono state comunicate agli odierni ricorrenti le conclusioni degli uffici della Vigilanza e non è stato consentito agli stessi di svolgere le loro difese davanti all’organo decidente.

In merito deve essere evidenziato che il procedimento sanzionatorio è disciplinato dal Provvedimento del Governatore del 27.4.2006 il quale prevede una fase istruttoria, che si svolge davanti agli Uffici della Vigilanza della BI in contraddittorio con i soggetti cui sono stati notificati gli addebiti e che si conclude con una proposta motivata di applicazione delle sanzioni pecuniarie, ed una successiva fase decisoria di competenza del Direttorio del resistente Istituto, che assume una posizione di terzietà rispetto alle parti.

Ciò considerato, la dedotta doglianza deve essere rigettata avuto presente che:

a) nel delineato quadro normativo, peraltro non formalmente contestato, il contraddittorio deve essere assicurato unicamente nella fase istruttoria in quanto non è in alcun modo stabilito come elemento necessario che la proposta finale degli Uffici della Vigilanza debba essere portata a conoscenza degli interessati al fine di consentire a questi ultimi di confutarla davanti al Direttorio;

b) tale ulteriore incombente consistente nell’audizione degli incolpati davanti al Direttorio ovvero nella presentazione di ulteriori memorie con riferimento anche alla proposta formulata dagli uffici della Vigilanza, come correttamente rilevato dalla BI, risolvendosi in una sorta di duplicazione del contradditorio, risulta essere un inutile aggravio procedimentale, avuto presente che la proposta finale si basa sulla sussistenza delle infrazioni riscontrate e sulla gravità delle stesse, già contestate in sede di avvio del procedimento, in ordine alle quali gli interessati sono stati messi in condizione sia di conoscere tutti gli atti necessari ai fini di articolare le loro difese sia di presentare le proprie argomentazioni difensive.

Da rigettare è la censura rubricata al n.6) con cui in sostanza ricorrenti lamentano che il provvedimento con il quale sono state comminate le sanzioni de quibus è del tutto privo di motivazione in quanto il Direttorio si sarebbe acriticamente uniformato alla proposta formulata dagli Uffici della Vigilanza, violando in tal modo il principio di terzietà dell’organo decidente.

In merito è sufficiente sottolineare che la fattispecie de qua costituisce un classico esempio di motivazione per relationem pacificamente ammesso dallo sterminato orientamento giurisprudenziale in materia, la cui notorietà esime il Collegio da ogni citazione al riguardo.

Con la successiva ed articolata doglianza è stata contestata la sanzione inflitta al Direttore Generale in relazione alla contestazione " Carenza nell’organizzazione e nei controlli interni da parte del Direttore Generale" prospettando la genericità degli addebiti allo stesso imputati, nonchè le ragioni che hanno condotto all’inflizione della contestata sanzione.

In punto di fatto deve essere chiarito che:

a) la suddetta sanzione è stata irrogata al citato esponente aziendale in relazione alle seguenti contestazioni, unitariamente considerate dalla Commissione in quanto le irregolarità di cui ai successivi punti 1) e 2) sebbene autonomamente rilevanti sotto il profilo sanzionatorio, appaiono l’effetto delle più generali carenze che connotano l’impianto organizzativo;

1) Carenze nell’organizzazione e nei controlli interni;

2) Autonome iniziative del Direttore Generale nell’erogazione del credito;

3) Carenza nell’istruttoria, erogazione gestione e controllo del credito da parte del Direttore Generale;

b) relativamente alla contestazione di cui al punto 1) – comune anche ai componenti del Consiglio di amministrazione – la Commissione ne ha desunto l’esistenza alla luce delle seguenti criticità riscontrate in sede ispettiva:

b1) scarsa attenzione prestata dal Direttore Generale agli esiti delle verifiche del Risk Controler, le quali hanno evidenziato significative disfunzioni che non hanno poi formato ogetto di interventi correttivi;

b2) insufficiente monitoraggio dell’attività esternalizzata di Audit;

b3) il sistema dei controlli presenta riscontri di linea poco sistematici e rimessi all’iniziativa degli operatori

b4) insufficiente affidabilità del sistema di sicurezza informatica;

c) in ordine alla contestazione di cui al punto 2) è stato fatto presente che " il Direttore. reiterando comportamenti già contestati nei precedenti accertamenti, ha sovente consentito sconfinamenti in esubero ai poteri delegati anche a nominativi in evidenti difficoltà finanziaria, senza peraltro fornire informativa al Consiglio fino a gennaio 2009 (sofferenze G.A.; F.G.M. srl e I. srl). Inoltre non ha curato l’attuazione del regolamento sul processo creditizio, specie per quanto riguarda l’istruttoria delle pratiche e la formulazione del previsto giudizio tecnico della Direzione;

d) per quanto concerne infine la contestazione di cui al punto 3) è stato messo l’accento sulle significative anomalie che connotano il processo creditizio, anomalie individuate a pag.1 e 18 della proposta formulata dalla Commissione.

Dopo aver individuato le specifiche irregolarità contestate al Direttore Generale nonchè i fatti riscontrati in sede ispettiva in forza delle quali le stesse sono state desunte, la Commissione ha proceduto a motivare in ordine alle ragioni in forza delle quali ha ritenuto non fondate le argomentazioni presentate dal Direttore Generale; in particolare per quanto concerne la contestazione avente ad oggetto " Carenze nell’organizzazione e nei controlli interni" è stato fatto presente che " dimostrando una scarsa consapevolezza del quadro regolamentare delle responsabilità connesse con la carica ricoperta e dei fondamentali canoni a presidio di una gestione sana e prudente, il Direttore Generale ha cercato di sminuire o di negare la portata delle anomalie contestate nonostante esse da tempo rilevate dall’OdV che ne ha ripetutamente sollecitato la rimozione abbiano determinato il progressivo degrado del quadro aziendale, fino a rendere necessario lo scioglimento degli organi di amministrazione e controllo e la sottoposizione della banca alla procedura di amministrazione straordinaria".

Analogamente anche per le altre contestazione la Commissione ha esaustivamente indicato le ragioni in punto di fatto e di diritto in forza delle quali le ha ritenute sussistenti non ritenendo di contro in grado di inficiarne la fondatezza le argomentazione generiche del citato esponente aziendale.

In tale contesto, quindi, la censura in questione laddove prospetta che non sono stati individuati i presupposti fattuali nè le ragioni giuridiche che hanno giustificato l’adozione delle sanzioni in parola per il direttore generale risultano essere palesemente infondate.

Inoltre la fondatezza dei presupposti di fanno e di diritto che hanno giustificato l’irrogazione delle sanzioni de quibus trova diretta conferma nella circostanza che con riferimento a tali presupposti la Banca di Credito Cooperativo di San Vincenzo La Costa è stata sottoposta ad amministrazione straordinaria e che il giudizio attivato nei confronti di tale provvedimento si è concluso sia in primo che in secondo grado con il riconoscimento della legittimità del provvedimento.

Con l’ottavo motivo di doglianza è stata contestata la sussistenza della irregolarità concernente il mancato rispetto del requisito patrimoniale ascritta sia ai componenti del consiglio di amministrazione che al direttore generale sul presupposto che:

a) la Commissione in sede di individuazione delle sofferenze patrimoniali si sarebbe acriticamente appiattita sulle risultanze ispettive non tenendo conto di quanto evidenziato in merito nelle controdeduzioni;

b) se non fosse stato previsto il requisito patrimoniale aggiuntivo del 7% imposto nel 1996 dalla Banca d’Italia non si sarebbe verificata la contestata insufficienza patrimoniale;

c) la Banca d’Italia affrontando il problema della pretesa insufficienza patrimoniale ha ignorato la semestrale della B.C.C. di San Vincenzo la Costa dalla quale si evinceva che alla data del 30.6.2009 l’utile ammontava ad Euro 945.036,00 e che il suddetto importo sulla base della documentazione successiva alla suddetta data si sarebbe quasi raddoppiato portando il risultato reddituale positivo riferito al 2009 ad Euro 1.890.000,00.

Relativamente al primo profilo di doglianza lo stesso propone la ricorrente problematica dell’efficacia da attribuire alle valutazioni effettuate degli ispettori della Banca d’Italia in ordine alle previsioni di perdite relative ai crediti di un istituto bancario.

Il Collegio, pur tenendo conto dell’autorevolezza della valutazioni effettuate in sede ispettiva, tuttavia, ritiene, di non concordare con la tesi dell’intimato Istituto secondo la quale le suddette valutazioni dovrebbero godere a priori di una particolare attendibilità, precludendo in sostanza qualsiasi forma di sindacato giurisdizionale in ordine alla fondatezza delle stesse.

Ciò premesso, tuttavia, non può non essere rilevato che nella controversia in esame le censure ricorsuali a tal fine dedotte risultano essere assolutamente generiche, in quanto si limitano ad un generico rinvio alla controdeduzioni presentate nell’ambito del procedimento, mentre sarebbe stato necessario, al fine di dare adeguata consistenza giuridica alla censura de qua, richiamare singolarmente le valutazioni effettuate dagli ispettori ed illustrare le ragioni, formulate sulla base delle regole tecniche e normative in materia, in forza delle quali le suddette valutazioni non potevano essere considerate corrette.

Relativamente alla previsione del requisito patrimoniale aggiuntivo è da dire che lo stesso era stato previsto con un formale provvedimento del resistente istituto, peraltro mai impugnato, per cui non si vede in base a quale motivo al fine di attestare il degrado della situazione patrimoniale della banca lo stesso doveva essere considerato tamquam non esset.

Per quanto concerne l’omessa considerazione da parte della BI delle risultanze documentali successive a quelle tenute presenti dagli ispettori che sarebbero state in grado di ridimensionare il mancato rispetto del requisito patrimoniale, l’infondatezza della censura risulta palese alla luce della relazione dei commissari straordinari, cui ha fatto riferimento parte ricorrente per supportare le proprie argomentazioni.

Nella suddetta relazione sono state accertate:

– n.147 sofferenze per un totale di 9,5 mln che dovevano aggiungersi a quelle già accertate in sede ispettiva pari a Euro 30 mln, per un totale di Euro 39, 5 mln;

– previsioni di perdite pari a Euro 5,3 mln che sommate al dato ispettivo (18,6 mln) ammontavano ad Euro 23,9 mln.

– che le ottimistiche previsioni aziendali di un utile per l’anno 2009 ammontante d Euro 1,89 mln sono state successivamente ridimensionate dai suddetti commissari a soli Euro 420.000, che sarebbe in ogni caso azzerato dall’incremento delle previsioni di perdite di cui sopra.

Con la censura di cui al punto 9) è stata contestata la sanzione pecuniaria irrogata al direttore generale in relazione alle parziali comunicazioni all’OdV.

La contestazione afferma testualmente "Parziale, infine, l’informativa resa alla Vigilanza con nota del 3 aprile 2008 riguardante la richiesta di delucidazioni sulla E.B. s.a. beneficiaria di agevolazioni a valere sulla L. n.488/1992. in particolare, in detta comunicazione non veniva fatta menzione dei provvedimenti del 16 novembre 2007 e del 28 gennaio 2008 con i quali il Tribunale di Roma rigettava le istanze dell’ispezionata contro l’escussione di una fideiussione dalla stessa rilasciata per Euro 2,1 mln, nei quali venivano tra l’altro evidenziate le motivazioni che hanno poi condotto alla revoca dei finanziamenti"; le argomentazioni ricorsuali, sono totalmente inconferenti in quanto non investono la sussistenza sotto il profilo fattuale della irregolarità riscontrata, ma adducono una serie di elementi ritenuti in grado di avvalorare la correttezza del comportamento tenuto dal Direttore generale nella vicenda oggetto della parziale informativa, ma che risultano inidonei a dimostrare l’insussistenza della parziale informativa allo stesso imputata.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, la censura in esame deve essere rigettata.

Con il decimo motivo di doglianza gli odierni ricorrenti hanno impugnato la sanzione irrogata relativamente alla contestazione "Carenze nell’istruttoria, gestione e controllo del credito" ascritta sia ai singoli componenti del consiglio di amministrazione che al direttore generale.

E’ da rilavare subito che la suddetta contestazione si basa su una serie di autonome irregolarità riscontrate in sede ispettive e fatte proprie dalla proposta ove sono state dettagliatamente indicate a pagina 17 e 18, e che la censura de qua investe solo una delle suddette irregolarità, per cui l’eventuale accoglimento della stessa in nessun caso potrebbe inficiare la fondatezza della contestazione de qua, la quale verrebbe in ogni caso a fondarsi sulle irregolarità non impugnate, con la conseguenza che la censura in questione deve essere dichiarata inammissibile.

Nel merito, comunque, la doglianza in questione è infondata.

In punto di fatto, premesso che la suddetta doglianza investe la valutazione negativa dell’istituto resistente della gestione della posizione debitoria di Guido Annibale, deve essere evidenziato che:

a) la menzionata posizione, già classificata ad incaglio nella precedente ispezione ed a sofferenza, con cospicue previsioni di perdita, in esito all’ultimo sopralluogo ispettivo, ha beneficiato di ampliamenti del fido da Euro 225.000 del 2005 a Euro 1,3 mln a marzo 2009 e che nonostante tali ampliamenti sono stati riscontrati sconfinamenti tali da portare l’utilizzo a 1,7 mln di euro;

b) gli ampliamenti di fido sono stai concessi sulla base di istruttorie carenti, che non hanno evidenziato le anomalie nell’andamento della posizione, quali i consistenti sconfinamenti e l’elevata percentuale di assegni insoluti, pari nel biennio 20072008 a oltre il 70 per cento dei titoli versati in c/c.

Secondo la tesi ricorsuale la irregolarità contestata si basa sul presupposto, non corretto, secondo la quale " a fronte di una situazione debitoria di un cliente si debba procedere alla revoca del fido, sic e simpliciter, per passare quindi alla fase di recupero dell’esposizione", con la conseguenza che la proposta formulata dagli uffici di vigilanza non ha tenuto in alcun modo conto delle controdeduzioni fornite in merito dagli esponenti aziendali, i quali hanno giustificato al correttezza del loro operato facendo presente che " avevano avuto l’accortezza, al momento in cui avevano dato credito a Guido Annibale, di munirsi di garanzie fideiussorie e ipoteche di primo grado su immobili di proprietà del cliente del valore complessivo di oltre quattro milioni di euro, e che in ogni caso, la revoca dell’affidamento de quo sarebbe risultata in contrasto con il consolidato orientamento della Corte di Cassazione che preclude alla banca di recedere da un rapporto di conto corrente chiedendo l’immediato rientro di ingenti somme.

Al riguardo il Collegio osserva, in linea con quanto prospettato in merito dalla BI, che:

a) non corrisponde ad una prudente e sana gestione bancaria aver concesso ampliamenti di fido a fronte di una situazione debitoria che aveva palesato nel tempo criticità sempre più frequenti e rilevanti, nonchè aver tollerato gli sconfinamenti contestati;

b) il riferimento all’indirizzo della Corte di Cassazione è del tutto inconferente in quanto il richiamato orientamento giurisprudenziale fa riferimento alla situazione in cui la revoca del fido è contraria a buona fede, circostanza questa non individuabile nella fattispecie in esame la quale era caratterizzata da una situazione tale da rendere la revoca del fido doverosa.

Da rigettare è l’undicesimo motivo di doglianza con cui si ripropongono le censure già dedotte con l’ottavo motivo di doglianza e ritenute infondate.

Con la censura rubricata al n.12 è stata contestata la fondatezza dell’infrazione ascritta al Direttore generale e consistente nelle inesatte segnalazioni alla Centrale dei Rischi.

In merito nella proposta degli Uffici della Vigilanza è stato evidenziato che:

a) nonostante le rassicurazioni a suo tempo fornite dal Direttore Generale continua ad essere avvalorato in Centrale Rischi l’accordato delle sovvenzioni a rientro i c/c anche dopo la scadenza del fido;

b) tra i rischi autoliquidanti confluiscono gli anticipi su fatture in assenza dei presupposti normativi (controllo sui flussi di cassa da parte dell’intermediario).

La doglianza dedotta avverso la citata contestazione deve essere considerata inammissibile sia per genericità sia perchè non investe in alcun modo la fondatezza dei presupposti fattuali sui quali si è basata l’infrazione in discorso.

Non suscettibile di favorevole esame è, infine, l’ultima doglianza dedotta con cui:

a) è stato contestato il gravato provvedimento sanzionatorio il quale nell’irrogare una sanzione a fronte di una pluralità di infrazioni contestate, avrebbe violato il diritto di difesa, atteso che "solo l’individuazione specifica di ogni singola pretesa violazione e della correlativa sanzione avrebbero consentito all’inquisito di individuare l’entità di ciascuna sanzione irrogata".

b) per quanto concerne le sanzioni irrogate ai signori Pardino e Iantorno la Commissione non si è preoccupata di individuare il grado di colpa dei singoli nè l’efficienza causale addebitabile al singolo soggetto;

c) non sono individuati gli elementi in forza dei quali l’intimato istituto ha proceduto alla quantificazione delle singole sanzioni.

In merito deve essere osservato che:

1) il provvedimento sanzionatorio individua con chiarezza per ciascuno dei soggetti interessati sia le infrazioni agli stessi ascritte sia i fatti costitutivi delle stesse;

2) l’accorpamento di alcune infrazioni ai fini della irrogazione delle singole sanzioni oltre ad essere stata correttamente giustificata in forza del collegamento esistente tra le singole infrazioni contestate, si è poi rivelata meno lesiva della posizione giuridica degli interessati in sede di quantificazione delle singole sanzioni;

3) relativamente al profilo di doglianza di cui al punto b) come correttamente rilevato dal resistente Istituto (pag.59 della prima memoria difensiva) alla luce della giurisprudenza ivi richiamata, a fronte di una valutazione istruttoria da parte dell’autorità procedente in termini di uguale responsabilità da parte di tutti gli ex amministratori diversi dal Presidente, ha fatto riscontro l’assenza da parte dei singoli componenti del CdA di alcuna allegazione in grado di differenziare la posizione di ciascuno, per cui non poteva non trovare applicazione il principio in base al quale la responsabilità collegiale degli amministratori giustifica la irrogazione a tutti di una stessa sanzione, non potendosi graduare tale tipo di responsabilità se non a fronte di specifici fatti di esonero per singole vicende.

In ordine al terzo profilo di doglianza la proposta formulata contiene, come si evince chiaramente da un’attenta lettura della stessa, i criteri in base ai quali sono state quantificate le singole sanzioni, che sono stati riportati nei singoli paragrafi denominati "motivazione" che seguono le singole infrazioni contestate.

Ciò premesso, il proposto gravame deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 8730 del 2010, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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