T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 27-06-2011, n. 942 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Azienda agricola ricorrente, all’epoca dei fatti, esercitava attività di coltivazione ed allevamento del bestiame su fondi rustici in località Brusatasso, in proprietà e in affitto.

Riferisce che nel periodo compreso tra il 2/1/1994 ed il 31/3/1994 aveva realizzato tettoie con montanti e travi in legno e metallo, tamponati stagionalmente con materiale plastico asportabile per consentire il ricovero del foraggio (circa 397 mq.). Al contempo aveva edificato un piccolo fabbricato da adibire a magazzino di 76,36 mq.

In data 26/4/1999 l’Azienda presentava domanda di concessione edilizia in sanatoria ma il Comune – con il provvedimento impugnato – opponeva un diniego fondato sul contrasto delle opere con lo strumento urbanistico allora vigente "in quanto è previsto il mantenimento di strutture abusive in zona E5 agricola di tutela e caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d’acqua, inedificabile secondo le prescrizioni dell’art. n. 17.05 delle N.T.A.".

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione l’Azienda ricorrente si duole del travisamento dei fatti, della carenza di istruttoria e del difetto di motivazione, poiché:

– per le tettoie (le uniche insistenti in zona E5 inedificabile) il progetto prevede la demolizione e la sostituzione con elementi più leggeri, ossia una palificazione da adibire a pergolato di un vigneto preesistente che si intende reimpiantare;

– gli altri manufatti insistono in parte in zona E1, e ne viene prevista la demolizione, e in parte in zona SB4 (ove il mantenimento delle strutture esistenti è legittimo) ed il progetto prevede la loro parziale demolizione ed il riassetto strutturale e sanitario.

Il Comune di Suzzara non si è costituito in giudizio.

Nella memoria finale parte ricorrente ribadisce le proprie prospettazioni, puntualizzando che l’intervento di adeguamento è conforme sia al P.R.G. vigente alla data di presentazione della domanda sia al P.R.G. attuale (la superficie coperta è inferiore a quella esistente prima dell’abuso).

Alla pubblica udienza del 27/1/2011 il ricorso veniva chiamato per la discussione e veniva acquisita la dichiarazione del difensore di parte ricorrente circa la permanenza dell’interesse alla decisione.

Con ordinanza istruttoria collegiale n. 184, depositata il 28/1/2011 presso la Segreteria della Sezione, il Collegio disponeva l’acquisizione – dal Comune di Suzzara – di una relazione circostanziata sulla vicenda controversa, che illustrasse:

o l’esito della domanda di titolo abilitativo in sanatoria per l’edificio n. 1, di cui ha dato conto l’Arch. Rabbi nella sua relazione tecnica del 13/12/2010 (pag. 6);

o le determinazioni che l’amministrazione intende adottare (anche in autotutela) in ordine agli altri manufatti, alla luce delle puntuali prospettazioni tecnico/giuridiche di parte ricorrente.

Con nota accompagnatoria depositata il 25/2/2011 l’incombente istruttorio è stato adempiuto.

Alla pubblica udienza del 18/5/2011 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione

Motivi della decisione

Il gravame è fondato e deve essere accolto, per le ragioni di seguito precisate.

1. La relazione tecnica di parte depositata il 16/12/2010 dà conto, a pagina 6, di una domanda di condono edilizio afferente al fabbricato 1 (magazzino), per la quale sarebbero stati corrisposti l’oblazione e il contributo per 10.518 Euro e sarebbe addirittura maturato il silenzioassenso. Seppur in maniera poco cristallina (non si comprende il riferimento al permesso di costruire 18/6/2009), parte ricorrente ha comunque introdotto sufficienti argomenti di prova che meritavano una confutazione o comunque una replica dell’amministrazione. Il Comune, nella sua relazione, dà conto del contrasto del manufatto con l’art. 16.02 delle N.T.A. – che peraltro classifica l’area in zona SB4 (e non E5 come erroneamente indicato nell’atto impugnato) – ma non fa alcun cenno ad una pratica di condono giacente presso gli uffici comunali.

Il Collegio deve fare applicazione dell’art. 64 del Codice del processo amministrativo – per cui il giudice deve porre a fondamento della decisione "i fatti non specificamente contestati dalle parti costituite" e "può desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo" – e valorizzare il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione: l’amministrazione è tenuta a determinarsi sul punto, con particolare riguardo alla formazione (eventuale) del silenzioassenso.

2. Per quanto concerne gli edifici n. 2 e n. 3, la questione investe tre tettoie destinate al ricovero di foraggio per 306,67 mq. (edificio n. 2) e 42,16 e 48,40 mq. (edificio n. 3), per complessivi 397,23 mq.: specifica la relazione tecnica di parte che per l’edificio n. 3 si intendono demolire il fabbricato e le tettoie e per il n. 2 una porzione delle tettoie, trasferendo il volume in un nuovo edificio posto tra i due manufatti descritti (vedi pag. 7).

Il Comune afferma che le N.T.A. del 1993 prevedevano per la zona E5 (art. 17.05 punto 3 – allegato 1) la possibilità di ampliamento delle costruzioni esistenti "secondo criteri e limiti specificati nei successivi commi". Precisa poi che il comma 6 disciplinava gli interventi ammissibili sul patrimonio edilizio rurale esistente, ed ammetteva interventi diretti di sola manutenzione, restauro e risanamento conservativo, recupero e ristrutturazione senza possibilità di ampliamento delle costruzioni esistenti (punto 1), ovvero incrementi di superfici coperte per opere distanti più di 50 metri dal limite demaniale e salva la produzione una relazione idrogeologica (punto 4). Sostiene il Comune che gli interventi abusivi ricadrebbero nella fattispecie di cui al punto 1 e non del punto 4, senza tuttavia dare conto delle ragioni sottese a tale asserzione. Detto profilo si accompagna alla scarna indicazione racchiusa nell’atto impugnato, ed entrambi introducono il vizio del difetto di motivazione, con conseguente accoglimento del ricorso anche per questa parte. Quanto alla carenza documentale sul ripristino del vigneto, è evidente che la stessa avrebbe potuto giustificare un’integrazione istruttoria.

In conclusione il gravame è fondato e deve essere accolto, salve le ulteriori determinazioni dell’autorità amministrativa.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e possono essere liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, accoglie il gravame in epigrafe per i profili indicati in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune di Suzzara a corrispondere al ricorrente la somma di 2.500 Euro a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *