Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-04-2011) 22-06-2011, n. 25120 Reato continuato e concorso formale Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 2.11.2010, il Tribunale di Lecce ha rigettato l’istanza di riesame, proposta da M.C. avverso il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 11.10.10, con il quale era stata adottata nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere, siccome indagato per i reati di cui ai capi AX) ed AW) della rubrica, entrambi concernenti episodi di illecita acquisizione e cessione di sostanza stupefacente tipo cocaina (art. 81 cpv. cod. pen. e D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1).

2. Il Tribunale di Lecce, dopo aver svolto alcune considerazioni circa la natura e le finalità del giudizio di riesame, quale previsto dall’art. 309 cod. proc. pen. ha ritenuto sussistenti gli indizi di colpevolezza a carico dell’indagato, ipotizzati dal G.I.P. e riferiti ad entrambi i reati ascrittigli.

Tali indizi sono stati ravvisati:

– nell’esito delle attività investigative, compendiate in due informative della sezione criminalità organizzata della Questura di Taranto in data 11.6.2008 e 12.1.2009, dalle quali era emersa l’esistenza di una vasta compagine criminosa, operante nella città di Taranto, facente capo a tali F.G. ed a R. V. e S.C., finalizzata, fra l’altro, all’acquisto di cospicui quantitativi di sostanza stupefacente, tipo cocaina, con la quale alimentare un capillare spaccio al dettaglio; ed in tale contesto il M. era stato individuato come uno dei giovani incaricati di distribuire la droga al minuto;

– nell’esito dell’intercettazione ambientale avvenuta l’8.2.2010 all’interno dell’auto del R., aventi ad oggetto le conversazioni svoltesi fra quest’ultimo, C.V., S. C. e l’odierno indagato, salito nell’autovettura in un secondo momento.

All’inizio il C. aveva riferito al R. la proficuità di uno spaccio in due città, risultate piazze ancora libere; poi il M. aveva fatto un chiaro riferimento all’attività di spaccio da lui svolta, asserendo di avere un giro di duecento assuntori di cocaina, ai quali forniva la droga, facendosi pagare per metà subito e per la restante metà in tre – quattro giorni;

– nell’esito dell’intercettazione ambientale del 5.2.2010 (rectius, 2008), dalla quale era emersa la cessione di un quantitativo di cocaina effettuata dal S. ad un soggetto portato dall’odierno indagato; tale episodio era stato altresì monitorato dalla p.g., con videoripresa, con la quale era stata documentata tutta la sequenza dell’episodio di spaccio, svoltasi anche all’Interno del bar (OMISSIS), sito in (OMISSIS), compreso altresì l’incasso del corrispettivo, effettuato dal S., il quale era andato poi a controllare l’importo ricevuto all’interno della sua auto;

– nell’esito di altra intercettazione ambientale del 18.2.08, concernente una conversazione svoltasi fra il R. e tale G., dalla quale era emerso con chiarezza come l’odierno indagato dovesse ancora versare al R. il corrispettivo di una fornitura di cocaina, a lui fatta per la successiva distribuzione al minuto.

3. Il Tribunale ha poi rilevato l’assoluta correttezza delle intercettazioni ambientali e telefoniche effettuate nei confronti dell’odierno indagato, ritenendo in particolare adeguatamente motivato il decreto con il quale il P.M. aveva autorizzato lo svolgimento di dette intercettazioni presso gli uffici della p.g. e non per il tramite delle apparecchiature in uso alla Procura, avendo il P.M. rilevato l’assoluta urgenza di procedere alle intercettazioni; avendo altresì il medesimo appurato che gli impianti in dotazione alla Procura non fossero in quel momento disponibili.

Il Tribunale ha poi rilevato come i reati per i quali si procedeva fossero connotati da particolare allarme sociale, si che era da ritenere insito nelle indagini da svolgere il requisito dell’assoluta urgenza.

4. In punto di esigenze cautelari, il Tribunale di Lecce ha rilevato come la condotta oggetto di addebito cautelare si inseriva in un contesto non certo occasionale, ma sistematico e continuativo, in quanto trattavasi di reiterazioni della medesima condotta criminosa, dalle quali emergeva la disinvoltura e l’abilità conseguita dall’indagato nel curare la sua capillare rete di spaccio al minuto della cocaina, si da far ritenere una sua forte ed evidente propensione allo svolgimento di detta attività criminosa, con conseguente ragionevole prognosi che l’indagato, qualora fosse tornato in libertà, avrebbe continuato a dedicarsi a detta illecita attività, nella quale aveva ormai acquisito una rilevante pratica;

inoltre il medesimo annoverava molteplici e reiterati precedenti specifici; infine i fatti ascrittigli erano stati commessi in epoca recente.

5. Avverso detto provvedimento del Tribunale del riesame di Lecce M.C. ha proposto personalmente ricorso per cassazione, deducendo:

a) – motivazione carente ed incompleto esame dei dati probatori, non essendo stato esplicitato il cd. "fumus commissi delicti" nei suoi confronti, in quanto il materiale probatorio a suo carico si era risolto in tre intercettazioni ambientali dell’8, 15 e 18 febbraio 2008, le quali non potevano costituire adeguati riscontri nei suoi confronti;

b) – inutilizzabilità dei decreti autorizzativi delle intercettazioni ambientali, disposte all’interno dell’auto Fiat Punto in uso a R.V., avendo il G.I.P. autorizzato l’espletamento di dette intercettazioni per mezzo degli impianti in uso alla p.g., stante l’indisponibilità degli impianti in dotazione alla Procura, siccome già impegnati per altre similari indagini in corso ed avendo addotto eccezionali motivi d’urgenza.

La motivazione non era conforme a quella richiesta dall’art. 268 c.p.p., comma 3, in quanto non erano state indicate le eccezionali ragioni d’urgenza, idonee a giustificare l’utilizzazione di impianti in uso alla p.g.; inoltre il P.M. non aveva dato compiutamente conto del fatto che gli impianti esistenti presso la Procura fossero impegnati in altre indagini similari; il Tribunale, ritenendo adeguata la motivazione addotta dal P.M., aveva ridotto la funzione di garanzia propria della motivazione; ed era evidente che le prescrizioni impartite dal codice di rito per le intercettazioni telefoniche erano da ritenere estese anche alle intercettazioni ambientali, atteso che l’art. 267 cod. proc. pen., nel regolare le forme con cui dovevano svolgersi le intercettazioni, aveva fatto riferimento all’intero art. 266 cod. proc. pen., il quale comprendeva sia le intercettazioni telefoniche, sia, al comma 2, le intercettazioni di comunicazioni fra presenti, si che anche queste ultime dovevano e potevano essere effettuate presso gli impianti fissi in dotazione della Procura;

c) – violazione dell’art. 273, comma 1 bis in ordine alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza posti a suo carico.

Il provvedimento impugnato si era limitato ad effettuare una disamina generica degli esiti delle investigazioni svolte, atteso che gli indizi rilevanti nella presente fase cautelare dovevano essere equiparati alle prove, quanto a qualità, forza e capacità dimostrativa; nella specie non era stato operato alcun sequestro a suo carico di sostanze stupefacenti, nè era stata rinvenuta in suo possesso alcuna strumentazione atta alla misurazione della medesima sostanza e l’ordinanza impugnata aveva fatto esclusivo rinvio alla natura delle indagini svolte ed agli esiti delle stesse, si che la stessa non aveva svolto alcuna valutazione in ordine alla gravità degli indizi a suo carico, non potendo tale gravità essere collegata unicamente agli asseriti suoi contatti con soggetti dediti all’attività di spaccio di stupefacenti;

d) – insussistenza di esigenze cautelari, tali da giustificare l’adozione della misura coercitiva adottata nei suoi confronti, in quanto non vi era pericolo per l’acquisizione delle prove; non vi era pericolo di fuga in ragione delle gravità delle imputazioni e delle pene potenzialmente irrogabili; non era ravvisa bile il pericolo di reiterazione della medesima condotta criminosa, tenuto conto che fra l’ordinanza cautelare impugnata e la commissione dei fatti erano trascorsi ben due anni; era pertanto da ritenere una sua scarsa propensione al crimine e l’occasionalità di quanto in precedenza commesso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da M.C. è inammissibile siccome manifestamente infondato.

2. Con i motivi sub a) e sub c), da trattare congiuntamente siccome strettamente correlati fra di loro, il ricorrente lamenta l’insussistenza a suo carico di gravi indizi di colpevolezza riferiti alla commissione, da parte sua, dei reati di cui ai capi AX) ed AW) della rubrica, entrambi concernenti episodi di illecita acquisizione e cessione di sostanza stupefacente tipo cocaina (art. 81 cpv. cod. pen. e D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1). Il provvedimento impugnato ha invece adeguatamente motivato circa la sussistenza a carico della ricorrente di gravi indizi di colpevolezza in ordine al contestato reato connesso all’illecita acquisizione e cessione di dosi di cocaina, tanto avendo desunto:

– dall’esito di ben due informative della sezione criminalità organizzata della Questura di Taranto dell’11.6.2008 e 12.1.2009, dalle quali era emersa l’esistenza di una vasta compagine criminosa, operante nella città di Taranto, facente capo a F.G., a R.V. e S.C., finalizzata, fra l’altro, all’acquisto di cospicui quantitativi di sostanza stupefacente, tipo cocaina, con la quale alimentare un capillare spaccio della medesima sostanza al dettaglio; ed in tale conteste il M. era stato individuato come uno dei giovani incaricati di distribuire la droga al minuto;

– dall’esito dell’intercettazione ambientale avvenuta l’8.2.2010 all’interno dell’auto del R., aventi ad oggetto le conversazioni svoltesi fra quest’ultimo, C.V., S. C. e l’odierno indagato, salito nell’autovettura in un secondo momento.

All’inizio il C. aveva riferito al R. circa la proficuità di uno spaccio che avrebbe potuto essere iniziato in due città, risultate piazze ancora libere; poi il M. aveva fatto un chiaro riferimento all’attività di spaccio da lui svolta, asserendo di avere un giro di duecento assuntori di cocaina, ai quali riforniva la droga, facendosi pagare per metà subito e per la restante metà in tre – quattro giorni;

– dall’esito dell’intercettazione ambientale del 5.2.2008, dalla quale era emersa la cessione di un quantitativo di cocaina effettuata dal S. ad un soggetto condotto dall’odierno indagato; tale episodio era stato altresì monitorato dalla p.g., con videoripresa, tramite la quale era stata documentata tutta la sequenza dell’episodio di spaccio, svoltasi anche all’interno del bar (OMISSIS), sito in (OMISSIS), compreso altresì l’incasso del corrispettivo, effettuato dal S., che era poi andato a controllare il relativo importo all’interno della sua auto;

– dall’esito di altra intercettazione ambientale del 18.2.08, concernente una conversazione svoltasi fra il R. e tale G., dalla quale era emerso con chiarezza come l’odierno indagato dovesse ancora versare al R. il corrispettivo di una fornitura di cocaina, a lui effettuata per la successiva distribuzione al minuto.

3. Il Tribunale di Lecce ha pertanto rilevato, con valutazioni di merito insindacabili nella presente sede di legittimità, siccome sorrette da motivazione rispondente ai canoni della logica e della non contraddizione, come a carico della ricorrente sussistevano gravi indizi di colpevolezza in ordine ai due delitti ascrittigli.

4. Le argomentazioni svolte dal ricorrente per contrastare il provvedimento impugnato sono da ritenere generiche ed assertive anche con riferimento alla sussistenza a suo carico di gravi esigenze cautelari, tali da giustificare la sua permanenza in carcere (motivo di ricorso sub d).

L’ordinanza impugnata risulta anche sotto tale aspetto adeguatamente motivata, avendo fatto riferimento sia alla sua personalità, essendo egli soggetto già gravato di analoghi precedenti penali, sia alla gravità dei fatti addebitati, certamente idonei a suscitare allarme sociale e tali da consentire l’individuazione di un suo specifico ruolo nella diffusione della cocaina nell’ambito della piazza di spaccio di Taranto.

Ha poi rilevato come la risalenza degli episodi di spaccio ascrittigli a due anni antecedenti l’emissione della misura impugnata non era ostativa alla sussistenza delle ritenute esigenze cautelari, trattandosi di attività di spaccio di stupefacente al minuto, che il ricorrente poteva facilmente reiterare, attesa la sua contiguità con gli ambienti criminosi locali, presso i quali egli avrebbe potuto agevolmente rifornirsi di stupefacente, si da far ritenere concreto ed attuale il pericolo di reiterazione della condotta antigiuridica;

ed in tal modo il Tribunale ha correttamente valutato il fattore temporale unitamente a tutti gli altri elementi indiziari desumibili dalla fattispecie concreta sottoposta al suo esame (cfr., in termini, Cass. sez. 1 n. 3634 del 17/12/2009, dep. 28/01/2010, Lo Vasco, Rv.

245637).

5. Il provvedimento impugnato è condivisibile anche nella parte in cui ha ritenuto adeguata la motivazione con cui il G.I.P. ha autorizzato il P.M. ad effettuare le intercettazioni ambientali mediante impianti esistenti presso la p.g. (motivo di ricorso sub b), avendo da un lato rilevato che gli impianti in uso alla Procura fossero indisponibili, siccome tutti utilizzati per l’espletamento di analoghe indagini ed avendo, inoltre, dato atto dell’eccezionale urgenza richiesta dalla natura delle indagini svolte.

Il provvedimento impugnato risulta in tal modo aver fatto corretta applicazione della giurisprudenza di legittimità, alla stregua della quale, in tema di intercettazioni di comunicazioni o conversazioni, è da ritenere legittimo il decreto del P.M., il quale dispone, a norma dell’art. 268 c.p.p., comma 3 il compimento delle operazioni mediante impianti in uso alla p.g., quando la motivazione relativa alla situazione di insufficienza od inidoneità degli impianti della Procura si fonda, come nel caso in esame, sulla sintetica indicazione che l’impianto risulta in concreto diversamente utilizzato, atteso che, in tal modo, il P.M. da conto di un fatto storico ricadente nell’ambito dei suoi poteri di cognizione, che ha dato luogo alla denunciata inutilizzabilità, in relazione al reato per il quale si procede ed al tipo di indagini in concreto richieste; d’altra parte non può ritenersi che sia richiesta l’indicazione precisa e puntuale anche delle specifiche cause che hanno reso indisponibili le apparecchiature esistenti presso la Procura (cfr. Cass. 6A, 27.5.2010 n. 25383, Rv. 247824).

Va altresì rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni, la sussistenza delle eccezionali ragioni d’urgenza richiesta per l’esecuzione delle operazioni presso apparecchiature diverse da quelle installate presso gli uffici della Procura può essere addirittura implicita, quando, come nel caso in esame, si faccia riferimento ad un’attività criminosa in corso, concernente la commissione di gravi reati di criminalità organizzata, per loro natura permanenti e che è necessario che venga contrastata dalla p.g. in modo radicale ed immediato, anche tenendo conto dello spessore criminale delle persone da sottoporre ad intercettazione (cfr. Cass. 2A, 17.12.2009 n. 5103, rv, 246435).

6. Il ricorso proposta da M.C. va pertanto dichiarato inammissibile, con sua condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

7.Dovrà provvedersi all’adempimento di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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