T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 27-06-2011, n. 1728

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’esponente, proprietario di un immobile a destinazione residenziale sito in Monza, Via L. Manara n. 65, ha presentato in data 24 marzo 2010 al Settore edilizia comunale domanda di permesso di costruire, per l’ampliamento dell’edificio esistente ai sensi della legge regionale n.13/2009.

Tale ampliamento, pur conforme agli indici e alle prescrizioni del P.G.T. vigente (pari a 40,14 mq di slp, corrispondenti a 120 mc, pari al 20% della volumetria esistente) è stato denegato dall’amministrazione, sul duplice presupposto:

a) che l’ampliamento consentito ai sensi dell’art. 3 della legge regionale n.13/2009 dovrebbe essere calcolato in riferimento alla slp esistente, con esclusione della porzione oggetto di condono (mentre, nel caso di specie, il ricorrente avrebbe calcolato l’ampliamento prendendo come base di riferimento anche una porzione di edificio a suo tempo condonata, per difformità rispetto al previgente P.R.G., con provvedimento del Comune di Monza n. 1392 del 14.11.1997);

b) che nella slp di progetto dovrebbe essere inclusa la porzione di portico eccedente i limiti previsti dall’art. 2, comma 2°, lett. d) della N.T.A. del Piano delle Regole del P.G.T. vigente (secondo cui, per superficie lorda di pavimento, si deve intendere: "…la somma delle superfici di tutti i piani…, misurate al lordo delle murature verticali esterne ed interne salvo le esclusioni di seguito indicate; dal computo della superficie lorda di pavimento sono esclusi:…d) le superfici porticate di uso comune o cedute ad uso pubblico o gravate da servitù perpetua di uso pubblico, nonché le logge e le superfici porticate annesse alle unità immobiliari fino al 20% della Slp complessiva del fabbricato, calcolata al netto delle stesse logge e superfici porticate annesse alle unità immobiliari, nonché delle altre detrazioni di cui al presente comma;…".

Di tale diniego si duole il ricorrente, assumendone la illegittimità sotto più profili.

Si è costituito il Comune di Monza, controdeducendo alle censure avversarie.

Alla Camera di Consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare il Collegio, valutata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, ha trattenuto la causa per la decisione con sentenza in forma semplificata.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, l’esponente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, co. I° e V° e 5, co. II°, lett. c) della legge regionale Lombardia n. 13/2009, assieme all’eccesso di potere per difetto di motivazione, poiché – ai sensi della citata normativa – non si evincerebbe affatto il dovere dell’amministrazione di escludere dalla volumetria di riferimento del calcolo del 20% di incremento, la porzione già oggetto di condono edilizio. Detta porzione, d’altra parte, precisa la difesa esponente, sarebbe attualmente conforme alle sopravvenute prescrizioni di P.G.T., che ha incluso l’area sulla quale insiste l’immobile di proprietà dell’istante in zona B2, con un indice edificatorio che ricomprende interamente ciò che è stato realizzato.

Il motivo è fondato.

La L.R. 1672009 n. 13, recante "Azioni straordinarie per lo sviluppo e la qualificazione del patrimonio edilizio ed urbanistico della Lombardia", ha introdotto (Art. 3) una "facoltà" di "ampliamento" degli edifici residenziali esistenti, ultimati alla data del 31 marzo 2005, anche in deroga alle previsioni quantitative degli strumenti urbanistici.

Quanto alla misura di tale ampliamento, la citata norma ha posto il limite del 20 per cento della volumetria esistente alla medesima data, indi, occupandosi dei casi esclusi dall’applicazione del cd. bonus volumetrico, la stessa legge (art. 5), ha stabilito che:

"Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 non si applicano:

c) con riferimento ad edifici realizzati in assenza di titolo abilitativo o in totale difformità, anche condonati" (terzo comma).

Ebbene, stando alla tesi del patrocinio resistente, tenuto conto che la legge regionale, pur facendo spesso riferimento alla locuzione "volume esistente", non ne introduce un’autonoma definizione, si dovrebbe fare riferimento alla definizione di natura urbanistica del volume, come ricavabile dalle N.T.A. del vigente P.R.G. che (art. 2, co.II° lett. f) individuano il "volume" nel prodotto della slp per l’altezza virtuale di ogni piano. Inoltre, sempre secondo il medesimo patrocinio, non si potrebbe utilizzare come base di calcolo il volume ottenuto a seguito della normativa sul condono, in quanto si tratta di incremento premiale, ottenuto ai sensi di una legge speciale e derogatoria, che non può dare adito ad un ulteriore incremento premiale. A tale interpretazione non osterebbe, conclude la medesima difesa, la previsione di cui all’art. 5, co. III° lett. c) cit. che esonera dai benefici del "Piano casa" soltanto gli edifici totalmente condonati, atteso che, nel caso di specie, proprio valorizzando la circostanza che l’edificio del ricorrente non è totalmente condonato l’amministrazione ha ritenuto di potere prendere in esame la sua domanda. E, tuttavia, nel calcolare il quantum dell’incremento volumetrico ammissibile, la stessa amministrazione non avrebbe potuto, nell’esercizio della sua discrezionalità, non escludere dalla base di riferimento la superifice condonata, non essendo tale opzione interpretativa esclusa dalla normativa in questione.

Il Collegio non può condividere l’impostazione seguita dall’amministrazione, poiché essa fornisce un’interpretazione della legge n.13/2009 cit. non conforme al noto canone ermeneutico di cui all’art.12, comma I°, disp.att.c.c. (riassunto nel brocardo "in claris non fit interpretatio").

In tal senso, si deve ritenere che, laddove la legge ha fatto uso della locuzione "volume esistente", ha inteso riferirsi al volume già realizzato, in modo lecito, dal richiedente.

Si potrà, semmai, ammettere l’utilizzazione delle norme tecniche per la individuazione dei parametri di misurazione del volume esistente, ma non può ammettersi che l’esercizio della discrezionalità del Comune possa giungere sino al punto da attuare una parziale disapplicazione dell’art. 3 sopra richiamato, escludendo dal concetto di volume esistente, il volume già realizzato, sanato sin dal 1997, sol perché, appunto, in parte condonato.

Ciò, giova ribadire, poiché, se il legislatore avesse voluto fare riferimento al volume "non condonato", anziché a quello semplicemente "esistente", come base di riferimento dell’incremento percentuale, lo avrebbe chiaramente detto.

Con il secondo motivo di ricorso, l’esponente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, co. 2°, lett. d) delle N.T.A., nonché, la violazione dell’art. 3, co. I°, della legge regionale n.13/2009,

poiché la tesi comunale, che vuole computata nella slp di progetto la parte di portico eccedente il 20% della slp complessiva del fabbricato, confonderebbe nuovamente, questa volta, il concetto di volume esistente con quello di slp virtuale, senza tenere conto che l’ampliamento di che trattasi è ammesso anche in deroga alle previsioni quantitative delle vigenti disposizioni urbanistiche comunali.

Il motivo è fondato.

Se da un lato, come si è visto esaminando il precedente motivo, la tesi di parte resistente porta ad un’indebita mutilazione del volume esistente, laddove mira ad estrapolare da esso la porzione di volume già condonata, dall’altro, a proposito dell’altra ragione addotta a supporto del diniego di permesso di costruire, la tesi comunale porta ad un ingiustificato decremento del cd. bonus volumetrico.

In tal senso, non può condividersi il modus operandi seguito dall’amministrazione che, da quel che emerge dalla memoria agli atti di causa (pg. 15), ha dapprima calcolato il 20% di bonus sul volume determinato senza tenere conto delle superfici condonate, indi, ottenuto il bonus, ha sottratto da esso l’eccedenza di portico di cui al progetto (rispetto al 20% che le N.T.A. escludono dal calcolo della slp), previa trasformazione della slp in volume ai sensi dell’art. 2, co. II°, lett. f) delle stesse N.T.A.

Sennonché, tale modus procedendi si traduce in una inammissibile commistione di valori calcolati secondo parametri non omogenei e, per quel che riguarda i valori virtuali, non riconducibili alle previsioni di legge.

In sostanza, il Comune giunge a sottrarre dal volume esistente, un volume virtuale, determinato facendo esclusivo riferimento ai parametri posti dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici, quegli stessi strumenti che la legge (art. 3, co. I°, L.n.13/09 cit.) autorizza a derogare.

Per le precedenti considerazioni, il ricorso in epigrafe specificato deve essere accolto, con conseguente annullamento del diniego impugnato.

Sulle spese il Collegio, tenuto conto della novità delle questioni affrontate, ritiene equo disporne l’integrale compensazione tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento con esso impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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