T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, Sent., 27-06-2011, n. 1592 Espropriazione, Opere pubbliche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Consiglio Comunale di Piedimonte Etneo, a seguito di una nota dell’IACP di Catania con cui si invitava l’Amministrazione Comunale di detto centro ad individuare suoli non coltivati a culture specializzate al fine di allocarvi 50 alloggi di edilizia sovvenzionata, procedeva all’individuazione ed all’assegnazione delle aree occorrenti per la realizzazione degli alloggi stabilendo che i termini

Di inizio ed ultimazione degli edifici avrebbero dovuto essere quelli previsti dal contratto con l’impresa appaltatrice.

L’IACP, con nota del 29/1/1998 n.197, ritenendo inidonee le aree assegnate invitava il Comune di Piedimonte a riesaminare la scelte delle aree da assegnare,

Il Sindaco manifestava la volontà di aderire alla richiesta dell’IACP dando mandato all’UTC di segnalare le aree più idonee per la realizzazione di 12 alloggi nella frazione di Vena e 24 alloggi nella frazione di Presa.

Il Consiglio Comunale con deliberazione n. 43/1998 accoglieva la proposta dell’UTC relativa alla scelta delle aree.

Con la deliberazione n.35/1999 il Consiglio Comunale individuava le aree da assegnare all’IACP per la realizzazione degli alloggi, ed al punto g) della parte dispositiva, stabiliva che " che i termini di inizio e di ultimazione de degli edifici saranno previsti nel contrato di appalto con le imprese appaltatrici, salvo proroghe concesse per fondati motivi".

Avverso i provvedimenti assunti dal Comune ed indicati in epigrafe i ricorrenti, proprietari delle interessate alla procedura espropriativa, proponevano il ricorso, collettivo, in epigrafe depositato in data12/12/1998, chiedendo l’annullamento degli atti.

Nei confronti degli atti impugnati venivano formulate le censure di:

violazione di legge sotto il profilo dell’incompetenza del Sindaco a procedere alla scelta delle aree da assegnare all’IACP;

L’UTC non avrebbe compiuto alcuna indagine e valutazione sull’idoneità delle aree scelte dal Sindaco, prescindendo anche dall’effettuazione di un esame dell’idoneità delle aree sotto il profilo geologico ed in relazione alla sussistenza di vincoli paesaggistici:

Il Consiglio Comunale avrebbe approvato la scelta delle aree sulla base di informazioni inesatte, sicchè la deliberazione sarebbe inficiata del vizio di eccesso di potere sotto il profilo di errore sui presupposti;

Le delibere sarebbero illegittime in quanto ancorano il termine di inizio e fine dei lavori ad un punto di riferimento incerto, costituito dai termini previsti dal contratto di appalto dei lavori di realizzazione degli edifici;

Le planimetrie allegate non recherebbero le prescritte firme, ne indicherebbero i nomi di proprietari catastali.

Con atto depositato in data 18/1/2008 su costituiva in giudizio, per il sig. Gaetano L. l’Avv. Dario Sammartino.

Il predetto difensore con memoria depositata in data 22/11/ rilevava che il ricorso, originariamente collettivo, veniva proseguito esclusivamente dal sig. Gaetano L. che aveva depositato l’istanza sia ex art.9, comma 2, della Ln. 205/2000 sia quella ex art. 1, allegato 3 del c.p.a., e che gli altri ricorrenti, informati dal difensore costituito, non hanno ritenuto di promuovere il giudizio.

Con la predetta memoria il ricorrente chiedeva che il ricorso venisse deciso soltanto nei confronti del sig. L. in quanto portatore di un interesse attuale alla decisione del ricorso in quanto proprietario di un area edificabile, gravata però dagli atti impugnati con il ricorso in epigrafe che il Comune, allo stato degli atti, non avrebbe ne revocato ne annullato.

Il ricorrente ha stigmatizzato gli atti impugnati per illegittimità in quanto:

a)assunti senza il rispetto delle garanzie partecipative;

b) inficiati dal vizio della mancata indicazione di un termine finale certo dell’espropriazione nell’impugnata deliberazione consiliare n. 35/1997.

Alla pubblica udienza del 25/5/2011 il ricorso è pasto in decisione.

Motivi della decisione

Preliminarmente il Collegio ritiene meritevole rituale la richiesta del ricorrente sig. L. Gaetano di decidere il ricorso in epigrafe relativamente alla di lui posizione, con conseguente conversione dell’originale ricorso collettivo in ricorso proseguito da un unico ricorrente. Ciò in quanto solo il Ssig. L. ha presentato nei termini prescritti una nuova stanza di fissazione di udienza dopo l’avviso di pendenza ultraquinquennale del ricorso ai sensi dell’art. 9, comma 2, L. 205/2000.

Riguardo agli altri ricorrenti (.A., S.G., S.G. e M.P.), che, dopo aver ricevuto il predetto avviso di pendenza ultraquinquennale, non hanno presentato alcuna istanza di fissazione di udienza (sebben "tempestivamente informati dal difensore costituito", come si legge nella memoria depositata dal L. il 22.4.2011), il Presidente del Collegio provvederà mediante l’emissione di decreto di perenzione ex art. 85, comma 1, cod. proc. amm..

E’ pur vero che lo stesso art. 85, prevede al comma 9 che "l’estinzione e l’improcedibilità sono dichiarate con sentenza se si verificano, o vengono accertate, all’udienza di discussione", ma dovendosi fare salvo il regime dell’opponibilità davanti al collegio della dichiarazione di perenzione (come espressamente sancito dall’art. 85, comma 3, cod. proc. amm.), sembra più logico e rispondente alla sistematica dell’intero quadro normativo disporre, appunto, che la perenzione relativamente ai predetti ricorrenti sia disposta con decreto presidenziale reclamabile.

Relativamente, al sig. L., il ricorso va accolto.

Il Collegio esamina, per ragioni di economia processuale, il quarto motivo del ricorso, trasfuso nel secondo motivo della memoria presentata dal difensore del ricorrente sig L.. Con detto motivo si eccepisce l’illegittimità della delibera n. 35/1997 del Consiglio Comunale di Piedimonte Etneo per non essere stato indicato espressamente il termine finale dell’impugnata espropriazione dell’area di proprietà del ricorrente.

La doglianza si appalesa fondata e dirimente, avuto riguardo all’efficacia che riveste la delibera citata; ossia di atto dichiarativo della pubblica utilità dell’area del ricorrente.

Per giurisprudenza consolidata e pacifica il provvedimento di localizzazione di un opera di pubblica utilità dichiarativa della pubblica utilità dell’area, deve contenere una precisa indicazione del termine inizale e finale dei lavori e delle espropriazioni e tale regola si applica anche alle assegnazioni di aree per la realizzazione di piani costruttivi per l’insediamento di alloggi popolari (nella specie per la costruzione di 50 alloggi di edilizia sovvenzionata in un frazione del Comune e di 12 alloggi in diversa frazione) – cfr. Cass. sez. I, 23 giugno 2009, n° 14606; C.S., sez. IV, 18/6/2009 n° 4013).

Inoltre, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata del quinto comma dell’art. 51 della L. n. 865/1971 (coerente con i principi affermati dalla Corte Cost. con le ordinanze 3 marzo 1988, n. 257 e n. 263, e con la sentenza n. 141 del 1992), in assenza di una norma sulla durata del programma costruttivo, trova applicazione la regola residuale, espressa dall’art. 13 della legge n. 2359 del 1865, sulla fissazione del termine finale in sede amministrativa (Sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2936; 14 gennaio 1999, n. 22; 5 giugno 1995, n. 417; 20 marzo 1992, n. 319; 27 marzo 1991, n. 213; 25 settembre 1990, n. 712; 15 aprile 1987, n. 237; cfr. Cons. giust. amm., 28 settembre 1998, n. 541; A.P. n. 8 del20/12/2002, per la quale l’ art. 51, quinto comma, non si riferisce al termine legale di durata del programma costruttivo).

Ciò posto, il provvedimento impugnato risulta essere stato emesso in violazione dell’art. 13 della legge n. 2359 del 1865, in quanto:

– l’impugnata deliberazione consiliare n. 35/1997 ha fissato i termini in relazione a quelli previsti nel futuro contratto d’appalto con l’impresa esecutrice dei lavori, ossia legandoli ad un termine "incertus an, incertus quando";

– secondo la incontestata prospettazione di parte, detta delibera n. 35/1997 "… fu confermata in questa parte dalla successiva n° 43/1998";

– la "… incongruità di tale modo di fissare il termine finale…" ha fatto sì "… che questo non è ancora scaduto, a distanza di tredici anni dalla dichiarazione di pubblica utilità" ed "…il contratto non è ancora stato stipulato".

A fronte di tale confuso ed irregolare procedimento ablativo il Collegio ribadisce che è annullabile l’atto dichiarativo della pubblica utilità, quando esso eserciti il potere amministrativo senza fissare la durata massima del procedimento espropriativo, in violazione del medesimo art. 13 (Ad. Plen., 26 agosto 1991, n. 6; 25 febbraio 1975, n. 2; 8 ottobre 1965, n. 20; v. anche Sez. Un., 22 novembre 1996, n. 10327).

D’altro canto è palese che il termine finale in argomento non possa essere agganciato al un evento futuro ed incerto, rimesso all’arbitrio dell’amministrazione espropriante, come è avvenuto nel caso di specie con la deliberazione n.35/1999, con la quale il Consiglio Comunale ha individuato le aree da assegnare all’IACP per la realizzazione degli alloggi, ed al punto g) della parte dispositiva, ha stabilito che "che i termini di inizio e di ultimazione degli edifici saranno previsti nel contrato di appalto con le imprese appaltatrici, salvo proroghe concesse per fondati motivi".

Per la considerazioni che precedono il ricorso va accolto e per l’effetto va annullata, per quanto di interesse, la deliberazione n. 35/1999 del Consiglio Comunale di Piedimonte Etneo.

Le spese e gli onorari di giudizio vanno posti a carico del Comune intimato nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto annulla, nella parte di interesse, la delibera n. 35/1999 del Consiglio Comunale di Piedimonte Etneo.

Condanna il Comune intimato al pagamento in favore del ricorrente delle spese e degli onorari di giudizio nella misura di Euro mille oltre IVA,CAPA, e spese generali nella misura di Euro mille/00 (1000/00)

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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