T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 27-06-2011, n. 1213

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 5.1.2011 e depositato il successivo 13.1, il ricorrente ha impugnato gli atti in epigrafe indicati deducendo la censura di: Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 comma 5 del D. Lgs. n. 151/2001.

Sostiene il ricorrente che il provvedimento con il quale sono stati revocati i benefici del congedo straordinario ex art. 42 D.Lgs. n. 151/2001 sarebbe illegittimo in quanto fondato su un accertamento dei carabinieri errato, sia nella forma che nella sostanza; che sarebbe comunque viziato da incompetenza oltre che da violazione di legge il provvedimento di recupero delle somme indebitamente erogate.

Si è costituita l’amministrazione intimata che con memoria ha replicato alle deduzioni contenute in ricorso e chiesto il suo rigetto.

Alla pubblica udienza di discussione il ricorso è stato posto in decisione.

Motivi della decisione

Il presente ricorso è privo di fondamento.

La "residenza" è un concetto di fatto ed indica il luogo di abituale dimora (art. 43 co. 2° cod. civ.).

La circostanza che esistano registri della popolazione residente, tenuti dai comuni, nonché sussista l’obbligo di comunicare i mutamenti della residenza, non modifica il dato focale del concetto di "residenza", quale descrizione di uno stato di fatto.

Da ciò deriva la conseguenza che l’esistenza di un "certificato di residenza" non è affatto risolutivo per l’individuazione dell’effettivo luogo di abituale dimora (rectius di residenza), né è vero che tale certificato faccia fede fino a querela di falso di quale sia l’effettiva residenza; tutt’al più può fare fede della circostanza che nei registri comunali risulti il dato ivi indicato.

Ciò premesso, non appare illegittimo, né illogico, che, al fine di verificare la sussistenza di una delle condizioni di fatto a cui è subordinata la concessione del beneficio del congedo straordinario ex art. 42 D.Lgs. n. 151/2001 – coabitazione con il parente invalido – l’amministrazione attivi controlli tramite le diramazioni territoriali degli organi istituzionalmente preposti al controllo del territorio, nell’ambito di un ordinario rapporto di collaborazione tra gli uffici pubblici.

Poiché da tali controlli (che risultano correttamente eseguiti e quindi attendibili) è emerso che il ricorrente non coabita con la madre ma vive con la propria famiglia (moglie e figli) in un quartiere distante diversi chilometri dalla abitazione della madre, è evidente che le dichiarazioni presentate dall’interessato – quand’anche supportate da un certificato di residenza (peraltro non prodotto in giudizio e che comunque, per quanto detto, non costituisce accertamento definitivo della condizione di coabitazione) non sono veritiere.

La distanza tra il luogo di abitazione effettiva dell’interessato e quello della madre rendono evidentemente inapplicabile l’applicazione in senso estensivo del principio di coabitazione, richiamata dal ricorrente, relativa a situazioni in cui gli interessati vivevano comunque nello stesso stabile.

E’ altresì infondata la censura articolata dal ricorrente specificatamente rivolta al disposto recupero delle somme indebitamente percepite.

Il provvedimento adottato con decreto del 4 novembre 2010 si esprime in termini di decadenza dei benefici concessi di congedo parentale ex art. 42 comma 5° D. Lgs. n. 151/2001, in considerazione dell’accertamento dell’assenza di una delle condizioni necessarie per la loro fruizione.

La circostanza che tale condizione non sia venuta meno nel tempo, ma fosse assente fin dal momento della presentazione della prima istanza del ricorrente, rende legittima la retroattività di tale provvedimento, che incide anche sui periodi di congedo già fruiti.

In definitiva non è vero che il recupero delle somme indebitamente percepite sia stato previsto solo con il provvedimento del dirigente aggiunto, che si è limitato ad esplicitare una conseguenza già derivante dal decreto di dichiarazione di decadenza; e l’incidenza anche sui periodi di congedo già fruiti risulta coerente con l’accertata insussistenza di uno dei requisiti necessari per la loro concessione, per contro dichiarato dall’interessato.

In conclusione il ricorso è infondato e deve essere respinto.

In considerazione dell’oggetto del ricorso il collegio ritiene che sussistano gli estremi per la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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