T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 27-06-2011, n. 1210 Sicurezza pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso, notificato il 15 giugno 2010 e depositato il giorno 25 successivo, il signor G.C., premesso di essere allenatore di calcio e componente dello staff tecnico dell’associazione sportiva dilettantistica "Polisportiva Principe di Belmonte" con sede in Belmonte Mezzagno, ha impugnato il decreto del 5 maggio 2010, con il quale il Questore di Palermo gli ha vietato per anni 3 di accedere all’interno di tutti i campi da gioco del territorio nazionale, ove si svolgano competizioni calcistiche di qualsiasi tipo, nonché di partecipare alle competizioni ufficiali della lega calcio, agli incontri amichevoli o per finalità benefiche, con estensione del divieto anche agli spazi limitrofi ai campi sportivi ed altri luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro, che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nonché agli incontri internazionali di calcio della nazionale italiana.

Tale provvedimento è stato motivato con riferimento alla circostanza che i Carabinieri di Misilmeri avevano rilevato che il ricorrente, prima dell’incontro di calcio "Principe di Belmonte – Rangers Palermo", programmato per il 25 aprile 2010, aveva incitato i propri giocatori ad assumere comportamenti scorretti ed ingiuriosi verso quelli della squadra avversaria.

Tale condotta era stata fatta rientrare tra gli episodi di "violenza su persone avvenuto in occasione o a causa di competizioni sportive" di cui all’art. 6, comma 1, l. n. 401/1989.

Il ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, di tale atto per i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 1, della l. n. 401/1989.

Mancherebbe il presupposto della denuncia o condanna richiesto dalla norma calendata.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 1, della l. n. 401/1989. Illogicità manifesta.

L’incitamento a comportamenti scorretti e ingiuriosi non rientrerebbe tra quelli sanzionati dalla norma calendata.

3) Eccesso di potere per errore di interpretazione e travisamento dei fatti.

Non sarebbe stata provata la condotta posta alla base del provvedimento.

4) Difetto di motivazione, illogicità manifesta. Carenza di istruttoria.

5) Indeterminatezza della sanzione. Violazione del principio di proporzionalità e gradualità.

Per l’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato.

Con ordinanza n. 641 del 16 luglio 2010 l’istanza cautelare è stata accolta.

In vista della udienza, l’Avvocatura ha depositato una memoria, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso, vinte le spese.

Anche il ricorrente ha depositato una memoria, con la quale ha replicato alle deduzioni della difesa erariale, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza del 7 giugno 2011, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il gravame è stato posto in decisione.

Motivi della decisione

La controversia ha ad oggetto il decreto, con il quale il Questore di Palermo ha vietato al ricorrente (allenatore di calcio e componente dello staff tecnico di un’associazione sportiva dilettantistica) di accedere all’interno dei campi di calcio nazionali ed agli spazi limitrofi, avendo i Carabinieri di Misilmeri rilevato che lo stesso, prima di una partita, aveva incitato i propri giocatori ad assumere comportamenti scorretti ed ingiuriosi verso quelli della squadra avversaria.

Tale condotta era stata ritenuta rientrante tra gli episodi di "violenza su persone avvenuto in occasione o a causa di competizioni sportive" di cui all’art. 6, comma 1, della l. n. 401/1989.

Con il secondo motivo, avente carattere assorbente e del quale si ritiene, pertanto, opportuno anticipare l’esame, si deduce che l’incitamento a comportamenti scorretti e ingiuriosi non rientrerebbe tra quelli sanzionabili con il c.d. DASPO.

La doglianza è fondata.

L’art. 6, comma 1, della l. n. 401/1989 prevede, nella sua ultima parte, che il Questore può vietare l’accesso agli stadi a chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

L’articolo 2 bis, comma 2, del d.l. 20 agosto 2001, n. 336, convertito nella legge 19 ottobre 2001, n. 377, statuisce che la disposizione surriportata deve essere interpretata nel senso che per "incitamento, inneggiamento e induzione alla violenza" deve intendersi "la specifica istigazione alla violenza" in relazione a tutte le circostanze indicate nella prima parte della stessa norma.

Secondo un condiviso orientamento giurisprudenziale, le disposizioni surriportate non possono essere applicate a chi, in occasione di competizioni calcistiche, ha usato espressioni offensive, poiché le stesse non costituiscono di per sé incitamento alla violenza, essendo la manifestazione del pensiero oggetto di un diritto fondamentale dell’ordinamento ( art. 21 cost.), con la conseguenza che le limitazioni allo stesso sono tassative e non suscettibili di interpretazioni analogiche od estensive (in tal senso Cassazione penale, I, 17 gennaio 2002, n. 7534 e TAR Toscana, II, 19 gennaio 2011, n. 109).

Nella specie, come detto, il divieto di accesso agli stadi è stato motivato con riferimento ad un episodio di incitamento ad assumere comportamenti scorretti ed ingiuriosi verso i giocatori della squadra avversaria, cosicchè il provvedimento va ritenuto illegittimo.

Per completezza va, peraltro, rilevato che, come risulta dal comunicato ufficiale n. 458 del 6 maggio 2010, con riferimento ai fatti oggetto del ricorso, è intervenuta la decisione del giudice sportivo, il quale ha rilevato che "la mancanza di elementi chiari sulla genesi e sulla dinamica di quanto accaduto tra i tesserati delle due squadre non consente di avere alcuna certezza sulla inequivocabile attribuzione della responsabilità".

Concludendo, per le ragioni suesposte, assorbite le ulteriori doglianze, il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Si ritiene opportuno, in considerazione dei profili della controversia, compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *