Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-11-2011, n. 23168 Assicurazioni sociali Pensione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Confermando la decisione di primo grado, la Corte d’appello di Lecce, con la sentenza indicata in epigrafe, ha affermato, nei confronti dell’INPS, il diritto di Ma.Ge., titolare dal mese di marzo 1992 di pensione sociale proveniente da invalidità civile totale, alla trasformazione della suddetta pensione in assegno sociale a decorrere dal 1 gennaio 1996, interpretando la disposizione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, nel senso della irrilevanza dell’avvenuto compimento del 65 anno di età da parte del pensionato anteriormente al mese di dicembre 1995.

Per la cassazione di questa sentenza l’INPS ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo. Resistono con controricorso M. M., Ma.An. e Ma.Ce.Gi., nella qualità di eredi di Ma.Ge..

Motivazione Semplificata.

Motivi della decisione

1. Nell’unico motivo, deducendo violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 6 e 7, della L. n. 153 del 1969, art. 26 con riferimento alla L. n. 118 del 1971, art. 19 e all’art. 11 preleggi, l’INPS censura l’interpretazione dell’art. 3 cit., osservando che l’assegno sociale può essere erogato solo nel caso in cui i requisiti per il conseguimento della prestazione sostitutiva – ivi compreso quello dell’età anagrafica – si siano perfezionati nella vigenza della L. n. 335 del 1995 e, pertanto, dal 1 gennaio 1996. 2. Il ricorso è fondato.

3. Considerato che devono ritenersi pacifiche in causa le circostanze che Ma.Ge. era titolare di pensione sociale "sostitutiva" di un trattamento di invalidità civile dal mese di marzo 1992 e che, dunque, a quell’epoca deve farsi risalire il compimento del 65^ anno di età (argomenta L. n. 118 del 1971, ex art. 19 e della L. n. 153 del 1969, art. 26), osserva la Corte che, secondo la propria giurisprudenza, la regola di irretroattività delle leggi impone di interpretare la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, in mancanza di una sua qualunque previsione concernente la "trasformazione" della pensione sociale in assegno, nel senso che la norma in questione – nella parte in cui prevede l’attribuzione dell’assegno "in luogo della pensione sociale" in favore degli ultrasessantacinquenni – ha come propri destinatari i soli soggetti per i quali il requisito dell’età anagrafica si sia perfezionato nella vigenza della stessa L. n. 335 del 1995. 4. Tuttavia, con riferimento alla particolare situazione degli invalidi civili aventi diritto, ai sensi della L. n. 118 del 1971, art. 19, comma 1, alla trasformazione automatica del loro trattamento assistenziale (pensione di inabilità o assegno di invalidità) al compimento dei 65 anni di età, si è precisato (Cass. nn. 17083 del 2004, 15329 del 2008, n. 14641 del 2010, n.l5284 del 2011), si è precisato che questi soggetti hanno diritto all’assegno non reversibile istituito dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, (in luogo della pensione sociale) anche nel caso in cui i 65 anni siano stati compiuti anteriormente al 1 gennaio 1996, purchè nel mese di dicembre 1995. E tanto in base alla considerazione che l’art. 19 citato (poi abrogato dalla L. 8 novembre 2000, n. 328, art. 30) consente l’accesso alla prestazione previdenziale "sostitutiva" del trattamento di invalidità civile dal primo giorno del mese successivo all’avveramento del presupposto costituito dal compimento del 65 anno di età da parte dell’invalido, conseguendone che questa data segna non la mera decorrenza del nuovo trattamento, bensì l’insorgenza del diritto al trattamento medesimo, che matura, quindi, nella vigenza del regime introdotto dalla L. n. 335 del 1995. 7. Ne deriva che la sentenza impugnata, avendo ritenuto irrilevante, ai fini del diritto all’attribuzione dell’assegno sociale, l’avvenuto compimento, da parte dell’odierno intimato dei 65 anni di età ben prima del mese di dicembre 1995, è incorsa nelle denunciate violazioni di legge; sicchè la detta pronuncia, in accoglimento del ricorso dell’Istituto, deve essere cassata.

8. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda originariamente proposta da Ma.Ge..

9. Si compensano tra le parti le spese dell’intero processo in ragione dell’esito complessivo della lite e del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulla questione controversa.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2011

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