T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 27-06-2011, n. 1208 Amministrazione pubblicaBellezze naturali e tutela paesaggistica Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso notificato il 7 maggio 2010, e depositato il successivo 3 giugno, la società ricorrente ha impugnato i provvedimento indicato in epigrafe, eccependone l’illegittimità per i seguenti motivi:

"Illegittimità del provvedimento impugnato per erronea e falsa interpretazione ed applicazione della legge: art. 7 L.R. 16/04/2003, n. 4".

"Violazione di legge: (decreto del Presidente della Regione Siciliana del 12/04/1967); violazione di legge (art. 15 L.R. 76/1978 n. 241/90 e succ. modif. e integr.); eccesso di potere per difetto di motivazione".

"Eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta; violazione di legge ( l. n. 241/90 e succ. modif. e integr.); eccesso di potere per difetto di motivazione; disparità di trattamento; violazione art. 3 Cost.; violazione dei princìpi ex art. 97 Cost. di buon andamento ed imparizalità dell’amministrazione".

Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, l’amministrazione intimata, depositando memoria e documentazione.

Con ordinanza n. 511/2010 è stata accolta la domanda di sospensione cautelare degli effetti del provvedimento impugnato.

In prossimità dell’udienza di discussione la parte ricorrente ha prodotto una memoria.

Il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 5 maggio 2011.

Preliminarmente osserva il collegio, sull’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dall’Avvocatura dello Stato in relazione alla natura del provvedimento impugnato, che può prescindersi dall’esame di tale eccezione in ragione dell’infondatezza nel merito del gravame.

Con il ricorso in esame si contesta infatti la legittimità del provvedimento con cui l’Area Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento ha negato il nulla osta paesaggistico ex art. 146 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, recato nel D.Lgs. 22/1/2004 n. 42, in ordine alla richiesta di concessione demaniale marittima sessenale di mq. 400 in località San Leone del Comune di Agrigento allo scopo di realizzare una struttura per la balneazione e per la ristorazione.

L’amministrazione ha ritenuto non essersi formato, sull’istanza medesima, il silenzio assenso previsto dall’art. 7, comma 3, della L.R. 16 aprile 2003, n. 4 e dall’art. 46 della L.R. 28 dicembre 2004, n. 17.

L’opinione appare condivisibile, melius re perpensa rispetto alla sommaria delibazione svolta in sede cautelare.

L’art. 7, l. reg. Sicilia n. 4 del 2003, nel disciplinare il procedimento di rilascio delle concessioni demaniali marittime, prevede, infatti, che i pareri " non resi nei successivi sessanta giorni dalla richiesta dell’autorità procedente si intendono acquisiti con esito favorevole "; ne consegue la possibilità di proseguire il procedimento per il rilascio della concessione e di giungere eventualmente alla sua definizione senza attendere il parere inutilmente richiesto, anche ai sensi dell’art. 542, d.P.R. 15 febbraio 1952 n. 328 (regolamento di esecuzione del Codice della Navigazione).

In particolare l’art. 542, espressamente richiamato dal comma 3 dell’art. 7, l. reg. n. 4 del 2003, prevede un termine di trenta giorni, più breve di quello attuale, per il rilascio dei parere da parte delle Amministrazioni coinvolte nel procedimento concessorio; pur tuttavia l’effetto del decorso del termine assegnato è soltanto quello di consentire l’ulteriore corso del procedimento, e non certo quello di produrre conseguenze sostanziali ed intangibili, idonee a pregiudicare gli interessi pubblici connessi alla cura delle Amministrazioni coinvolte nel procedimento.

In tale quadro normativo va letta la disposizione del predetto comma 3 dell’art. 7, l. reg. n. 4 del 2003, con la conseguenza che, anche dopo l’infruttuoso decorso dei termine assegnato dalla legge, l’Amministrazione mantiene il potere di pronunziarsi, a maggior ragione quando non si sia ancora concluso il procedimento, che prevede comunque una definitiva determinazione assessorile, di autorizzazione all’adozione dei provvedimenti finali (art. 7 comma 5) e non si sia perciò determinato alcun ampliamento della sfera giuridica dell’istante.

In questo senso è il precedente di questa Sezione (n. 682/2008, confermato dal C.G.A. con decisione n. 1073/2009), nonché la sentenza n. 308/2008 del T.A.R. Sicilia, sede di Catania.

Le residue censure sono inammissibili.

Con la seconda si pretende di svolgere un esame di merito della valutazione operata in sede di emanazione del provvedimento impugnato.

La giurisprudenza viceversa afferma l’impossibilità di chiedere un sindacato giurisdizionale sul potere di valutazione tecnica in sede di rilascio di provvedimento paesistico, finalizzato a sostituire la scelta dell’amministrazione con quella – apodittica, nel caso in esame – della parte interessata, in punto di ottimale inserimento dell’opera nel contesto di riferimento.

In argomento è appena il caso di rilevare, avuto riguardo alla natura del potere esercitato da tale amministrazione nel provvedimento in esame, che, come ribadito in giurisprudenza (Consiglio di Stato, VI, 3684/2003, cit.), "Il sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione deve pur sempre essere circoscritto nell’ambito di vizi di legittimità, non potendo sfociare nella pura e semplice sostituzione della scelta tecnica operata dall’amministrazione – se plausibile, corretta e tecnicamente accettabile – con la scelta tecnica del giudice (C. Stato, VI, 3 maggio 2002, n.2334; C. Stato, VI, 23 aprile 2002, n.2199; C. Stato, VI, 11 dicembre 2001, n.6217)".

Ciò non tanto perché debba ritenersi sussistente una riserva di valutazione tecnica in capo alla pubblica amministrazione, preclusiva anche del sindacato giurisdizionale (opzione ormai anacronistica, e comunque superata normativamente dalla possibilità per il giudice amministrativo di avere accesso diretto al fatto a seguito dell’introduzione della consulenza tecnica d’ufficio nel processo amministrativo); quanto, piuttosto, per la più pertinente considerazione (Consiglio di Stato, VI, 1° ottobre 2002, n. 5156) che, allorché si sia in presenza di una "valutazione complessa in funzione dell’applicazione di concetti giuridici indeterminati, (….) il sindacato del giudice amministrativo in proposito è di tipo "debole", che, cioè, non consente un potere sostitutivo del giudice tale da sovrapporre la propria valutazione tecnica opinabile od il proprio modello logico di attuazione del concetto indeterminato all’operato dell’Autorità. Nei confronti di questa, il giudice deve, invero, verificare direttamente i fatti posti a fondamento dei provvedimenti ed esercitare un sindacato di legittimità sull’individuazione del parametro normativo e sul raffronto con i fatti accertati. In tale ambito il giudice può, come è stato precisato, censurare le valutazioni tecniche, (compreso il giudizio tecnico finale) che attraverso un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza, appaiano inattendibili (Cons. Stato, Sez.VI, n.2199 del 2002, cit.)".

Il richiamato indirizzo giurisprudenziale è stato quindi successivamente ribadito (Consiglio di Stato, sezione VI, decisione 2 marzo 2004, n. 926), con l’importante precisazione che un simile modello di controllo giurisdizionale, al di là delle qualificazioni meramente lessicali (come sindacato di tipo "forte" o di tipo "debole"), è conforme ad un modello comune, di livello comunitario, tale da garantire l’effettività della tutela giurisdizionale in relazione, però, alla specificità delle singole controversie.

Infine, l’ultima censura è del pari inammissibile per genericità, perché prospetta un’affermata disparità di trattamento, senza tuttavia indicare i casi rispetto ai quali detta disparità si sarebbe manifestata..

Il ricorso dev’essere pertanto respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi euro duemila/00, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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