T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 27-06-2011, n. 1196 Riassunzione in servizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso, notificato il 17 febbraio 2009 e depositato il 16 marzo successivo, il signor C.A. esponeva: di essere stato inserito nel ruolo degli agenti ausiliari della Polizia di Stato il 5 novembre 1993; di essere divenuto agente il 4 aprile 1996 e di avere prestato servizio presso l’autocentro di Polizia di Palermo sino alla presentazione delle proprie dimissioni nel marzo del 1999.

In data 28 gennaio 2007, ovverosia a distanza di 7 anni e 10 mesi, aveva presentato istanza di riammissione in servizio, che era stata rigettata dal Dipartimento di P.S. del Ministero dell’Interno con provvedimento del 20 ottobre 2008, nel quale si era fatto riferimento al parere negativo espresso dalla Commissione per il personale del ruolo e degli agenti, la quale, a sua volta, aveva fatto riferimento ai parametri dalla stessa fissati nella seduta del 20 dicembre 2002, come modificati il 7 ottobre 2008 e, in particolare, alla quantificazione in sette anni del periodo massimo di cessazione dal servizio ai fini della riammissione.

Il ricorrente ha chiesto l’annullamento, vinte le spese, dell’atto surrichiamato, per il seguente unico motivo:

Eccesso di potere, errata interpretazione della norma, difetto di motivazione.

Anche in considerazione del breve periodo passato dalla cessazione dal servizio (7 anni e 10 mesi) avrebbe dovuto farsi una verifica in concreto della possibilità della riammissione e non un acritico riferimento a criteri prestabiliti.

Per l’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato.

Alla pubblica udienza del 26 maggio 2011, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il gravame è stato posto in decisione.

Motivi della decisione

La controversia ha ad oggetto il provvedimento, con il quale il Dipartimento di P.S. del Ministero dell’Interno ha rigettato l’istanza di riammissione in servizio presentata dal ricorrente, facendo riferimento in motivazione al parere contrario espresso dalla Commissione per il ruolo degli agenti ed assistenti della Polizia di Stato.

Con unico motivo si deduce che era decorso un breve periodo dalla cessazione dal servizio (7 anni e 10 mesi), cosicchè avrebbe dovuto farsi una verifica in concreto della possibilità della riammissione e non un acritico riferimento a criteri prestabiliti.

La doglianza è infondata.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la riammissione in servizio costituisce il frutto di una valutazione ampiamente discrezionale della p.a. circa la rispondenza della reintegrazione del dipendente alle esigenze dell’apparato burocratico, la quale sfugge al sindacato di legittimità, purché non inficiata da vizi logici, con la conseguenza che il sindacato del giudice è ristretto entro i confini della verifica di eventuali indici di eccesso di potere per travisamento di fatti ed illogicità manifesta (ex plurimis con riferimento alla Polizia di Stato Consiglio di Stato, I, 12 luglio 2010, n. 1789; 9 febbraio 2010, n. 1746).

Nell’ambito di tale orientamento si è, in particolare, ritenuto che, poiché nel caso di personale della Polizia di Stato la riammissione è subordinata al parere della competente commissione costituita ex art. 69 del d.P.R. 335/1982, legittimamente viene respinta una istanza, facendo rinvio ai criteri di massima per l’esame delle domande fissati da tale organo (vedi Consiglio di Stato, VI, 17 luglio 2006, n. 4552).

Nella specie, il parere contrario della commissione è stato motivato con riferimento al criterio di massima, dalla stessa predeterminato, della quantificazione in sette anni del periodo massimo di cessazione dal servizio.

Ne deriva la infondatezza della censura dedotta, senza che a diversa conclusione possa giungersi sulla base del riferimento al superamento del limite suddetto per soli 10 mesi, essendo evidente che, predeterminato un criterio temporale, un superamento anche lieve dello stesso non può che comportare la formulazione di un parere negativo.

Per le stesse ragioni va ritenuta irrilevante l’erronea indicazione del periodo di cessazione dal servizio (9 anni piuttosto che 7 anni e 10 mesi).

Concludendo, per le ragioni suesposte, il ricorso è infondato e va rigettato.

Si ritiene opportuno in considerazione dell’oggetto della controversia compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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