Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-03-2011) 22-06-2011, n. 25016 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 31.3.2010, confermava la sentenza 2.12.2008 del Tribunale monocratico di Agrigento, che aveva affermato la responsabilità penale di F.S. in ordine ai reati di cui:

– al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), (per avere realizzato, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in assenza del prescritto permesso di costruire, lavori edilizi consistiti nella terza elevazione di un immobile preesistente attuata mediante una struttura in pilastri e travi in legno lamellare, per una superficie di circa 150 mq. – acc. in Agrigento, al n. (OMISSIS), il 23.11.2007);

– al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (per avere realizzato la sopraelevazione anzidetta senza l’autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., lo aveva condannato alla pena complessiva di giorni 30 di arresto ed Euro 25.000,00 di ammenda.

Confermava gli ordini di demolizione delle opere abusive e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi e la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il F., il quale ha eccepito:

a) la carenza assoluta di prova in ordine alla riconducibilità dell’attività di edificazione abusiva alla sua persona, in quanto la stessa sarebbe stata dedotta esclusivamente dalla circostanza che egli è proprietario dell’area di sedime e del manufatto su cui insiste la sopraelevazione;

b) l’insussistenza del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 avendo egli realizzato, nell’anno 2007, un semplice intervento di intonacatura esterna di un lato della sopraelevazione, che sarebbe stata eseguita invece, nell’anno 2005, durante una sua permanenza in Bosnia per missione all’estero.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè manifestamente infondato.

1. Quanto alle doglianze riferite all’affermazione della responsabilità dell’imputato, deve rilevarsi che la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte Suprema è orientata nel senso che non può essere attribuito ad un soggetto, per il solo fatto di essere proprietario di un’area, un dovere di controllo dotta cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva.

Occorre considerare, invece, la situazione concreta in cui si è svolta l’attività incriminata, tenendo conto della disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell’interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest"), nonchè di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all’esecuzione delle opere vedi Cass., Sez. 3^ 2.3.2004, n. 9536, Mancuso ed altro; 28.5.2004, n. 24319, Rizzuto ed altro; 12.1.2005, n. 216, Fucciolo; 15.7.2005, n. 26121, Rosato; 2.9.2005, n. 32856, Farzone. Vedi pure Cass., Sez. 5^, 19.12.2007, n. 47083.

Grava, comunque, sull’interessato l’onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (vedi Cass., Sez. feriale, 16.9.2003, n. 35537, Vitale ed altro).

Alla stregua di tali principi, nella fattispecie in esame, i giudici del merito hanno fondato correttamente la responsabilità dell’attuale ricorrente, per l’attività di edificazione abusiva contestata, non soltanto sulla circostanza che egli risulta essere proprietario dell’immobile illecitamente sopraelevato ma altresì sulla piena disponibilità giuridica e di fatto dello stesso e dell’originario terrazzo di copertura, in una situazione in cui l’imputato non ha mai prospettato che altro specifico soggetto abbia disposto dell’immobile senza che egli ne fosse consapevole o contro il suo volere e, in circostanze siffatte, abbia autonomamente intrapreso sullo stesso l’attività edilizia illecita in contestazione.

2. Quanto alla seconda eccezione, deve ribadirsi l’orientamento costante di questa Corte Suprema vedi, tra le molteplici pronunzie, Cass., Sez. 3^ 27.11.1997, Zauli ed altri; 7.5.1998, Vassallo;

13.1.2000, Mazzocco ed altro; 5.10.2000, Lorenzi; 29.11.2001, Zecca ed altro; 15.4.2002, P.G. in proc. Negri; 145.2002, Migliore;

4.10.2002, Debertol; 7.3.2003, Spinosa; 6.5.2003, Cassisa; 23.5.2003, P.M. in proc. Invernici; 26.5.2003, Sargentini; 5.8.2003, Mori;

7.10.2003, Fieno secondo il quale il reato di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1, (già della L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies e del D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163) è reato di pericolo e, pertanto, per la configurabilità dell’illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l’ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l’aspetto esteriore degli edifici vedi pure, in proposito, Corte Cost., sent. n. 247 del 1997 ed ord. n. 68 del 1988.

Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita – in assenza dell’autorizzazione già prevista dalla L. n. 1497 del 1939, art. 7 le cui procedure di rilascio sono state innovate dalla L. n. 431 del 1985 e sono attualmente disciplinate dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146 – ogni modificazione dell’assetto dei territorio, attuata attraverso lavori di qualsiasi genere, non soltanto edilizi (ad eccezione, tra l’altro, degli interventi consistenti nella manutenzione, ordinaria e straordinaria e nel consolidamento statico o restauro conservativo, purchè non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici).

La vicenda in esame è caratterizzata, ad evidenza, dall’esecuzione di opere oggettivamente non irrilevanti, non esclusivamente interne ed astrattamente idonee a compromettere l’ambiente, sussiste, pertanto, un’effettiva messa in pericolo del paesaggio, oggettivamente insita nella minaccia ad esso portata e valutabile come tale ex ante, nonchè una violazione dell’interesse dalla P.A. ad una corretta informazione preventiva ed all’esercizio di un efficace e sollecito controllo.

3. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alta declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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