Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-03-2011) 22-06-2011, n. 25013

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.G. è stato tratto a giudizio per avere occupato arbitrariamente suolo demaniale marittimo, mantenendo sullo stesso un fabbricato in muratura (ad un piano fuori terra e parte in sopraelevazione) ed altre opere edilizie.

A seguito dell’ammissione al rito abbreviato condizionato, il Tribunale di Larino – Sezione distaccata di Termoli, acquisiti documenti e dato corso all’esame di un teste ritenuto indispensabile per la decisione, ha pronunciato, in data 13.11.2009, sentenza di condanna alla pena di Euro 200,00 di ammenda per il reato di cui agli artt. 54 e 1161 c.n. – acc. in Termoli, nel complesso di (OMISSIS), "fino al 22.10.2005".

Con ampia motivazione il Tribunale ha illustrato le ragioni per le quali ha considerato provata la responsabilità penale dell’imputato.

Ha ritenuto accertato, infatti, che:

a) l’area su cui insistono i manufatti ha carattere demaniale e si trova "a pochi metri di distanza dal mare";

b) l’occupazione fu iniziata dal padre dall’imputato, sicchè l’immobile è pervenuto a costui per successione ed egli ha proseguito nell’occupazione dell’area demaniale senza essere in possesso di alcuna autorizzazione.

Ha ravvisato altresì la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

La natura demaniale dell’area su cui insistono i manufatti è stata affermata, in particolare, dal Tribunale sulla base: dello stato dei luoghi (come da planimetrie e fotografie in atti); delle dichiarazioni rese dal testimone escusso (sottufficiale della Capitaneria di Porto); degli accertamenti effettuati dalla Capitaneria in ordine alla ricognizione effettuata in data 14 marzo 1912 con "verbale di delimitazione fra i beni patrimoniali dello Stato e quelli di demanio marittimo situati sulla spiaggia di Termoli"; della circostanza che la particella occupata dai manufatti si colloca a valle (e cioè in direzione del mare) della linea tracciata con detto verbale di delimitazione.

A giudizio del Tribunale, le particelle interessate non sono state oggetto a nessun titolo di sdemanializzazione successiva all’entrata in vigore del Codice della navigazione, mancando un provvedimento del competente Ministro, atto avente natura costitutiva, e non potendo verificarsi una modificazione di fatto alla natura demaniale di un bene. Va escluso, infine, che una sdemanializzazione abbia avuto luogo nel periodo tra il 1912 e il 1942, in quanto:

a) ai sensi dell’art. 157 del Codice mercantile del 1887 occorreva una dichiarazione formale dell’amministrazione marittima;

b) la disciplina prevedeva che potesse aversi una modifica "tacita" soltanto in presenza di modifica fisica dei luoghi;

c) poteva aversi sdemanializzazione "implicita" solo in presenza di una chiara volontà di dismissione del bene, non risultando sufficiente la mera inerzia dell’amministrazione pubblica.

Avverso tale sentenza il M. ha proposto ricorso, articolando plurime censure alla ricostruzione dei fatti ed alle valutazioni sulla natura demaniale dell’area contenute nella motivazione, nonchè lamentando travisamento della prova ed omessa motivazione in ordine ad elementi probatori decisivi che la difesa avrebbe introdotto nel giudizio.

In estrema sintesi, il ricorso può essere ricondotto ai seguenti essenziali profili: ~ violazione di legge e vizio motivazionale per omessa valutazione di prove decisive.

In particolare, i giudici sarebbe incorsi nell’errata valutazione del citato verbale formato il 14.3.1912 (sulla base di un accordo frutto di una trattativa iniziata nel 1910), con errata applicazione della legge al fatto come ricostruito;

– l’incongruo diniego dell’esperimento di una consulenza tecnica al fine di accertare l’esatta ubicazione della linea di demarcazione originale del demanio secondo il verbale transattivo redatto nel 1912;

– vizio motivazionale per errata valutazione dell’elemento soggettivo del reato, che deve essere escluso alla luce della delimitazione effettiva dell’area, delle indicazioni catastali, dell’assenza di una "demanialità naturale".

Motivi della decisione

L’ampia e articolata motivazione della sentenza impugnata, che affronta in modo approfondito i complessi profili di applicazione della disciplina richiamata in sede di imputazione, supera – a giudizio del Collegio – le censure concernenti la natura demaniale dell’area su cui insistono le opere attualmente utilizzate dal ricorrente.

Le altrettanto pregevoli argomentazioni della difesa, allorchè richiamano il contenuto di atti amministrativi in parte assai risalenti nel tempo, investono questioni legate alla ricostruzione del fatto che non possono trovare ingresso in sede di legittimità.

Non compete, infatti, alla Corte di Cassazione esaminare e valutare il contenuto del "verbale" redatto in modo articolato negli anni 1910- 1912 oppure esaminare i mappali, la cartografia e gli altri segni che delimiterebbero le diverse aree demaniali.

Osserva, tuttavia, il Collegio che il Tribunale ha omesso di considerare e di valutare con la necessaria attenzione la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ancorchè si tratti di ipotesi contravvenzionale, e sul punto la motivazione della sentenza impugnata risulta effettivamente carente in quanto si limita apoditticamente ad affermare che "la consapevolezza da parte dell’imputato della demanialità dell’area in questione è pienamente confermata dalla esistenza in capo allo stesso di un atteggiamento quanto meno colposo nella occupazione di opere che si inseriscono in un quadro naturalistico inequivoco per le sue intrinseche caratteristiche fattuali".

La constatazione di tale carenza motivazionale imporrebbe, anche da sola, l’annullamento della sentenza con rinvio al Tribunale per un nuovo giudizio. Tuttavia – tenuto conto che il sequestro intervenuto il 22.10.2005 ha interrotto la permanenza del reato – risulta maturato, anche considerando i periodi di sospensione (che nel complesso ammontano a 2 mesi e 29 giorni), il termine massimo di prescrizione previsto per la contravvenzione contestata al ricorrente.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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